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LA NORVEGIA VIRA A SINISRA, L’ISLANDA A DESTRA
(1 Ottobre 2021)

OSLO-REYKJAVIK. In quest’elettrizzante settembre elettorale, due Paesi nordici, a distanza di pochi giorni, sono stati chiamati al voto per rinnovare i rispettivi parlamenti.

Mentre la Norvegia, dopo otto anni di governo conservatore, vira a sinistra e si affida al Partito Laburista, l’Islanda vira nuovamente verso il Partito dell’Indipendenza, formazione di centro-destra che per decenni ha retto il Paese.

Prescindendo dalle diversità nazionali, queste due consultazioni popolari si connotano in modo simile sotto almeno due profili:

1. in entrambe le nazioni i Verdi subiscono pesanti sconfitte, dimostrando che quando i timori per i mutamenti ambientali in corso divengono patrimonio di tutte le forze politiche in campo, i sostenitori d’un ecologismo puro e duro diventano sparuta minoranza.
2. Tanto in Norvegia quanto in Islanda, nei due legislativi appena rinnovati, è forte la presenza femminile: le politiche realizzate dai governi di oslo e Reykjavik per il raggiungimento della piena parità tra uomo e donna hanno permesso alle candidate di correre ai seggi parlamentari facendosi eleggere in gran misura.

Al presente, sia in Norvegia che in Islanda, la presidenza del governo è esercitata da una donna ed è quasi sicuro che nei prossimi esecutivi vi saranno diversi portafogli affidate a signore ministro, senza per questo che sia necessario imporre delle quote rosa.

Anche se diversi partiti hanno al loro interno dei regolamenti che prevedono la parità di genere tra uomo e donna nelle candidature, nelle liste elettorali, sia a destra che a sinistra si sono fatte strada ragazze e donne: ad esempio la deputata più giovane in Islanda è una ragazza di 21 anni inserita nella lista dei Pirati.

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LA NORVEGIA VA A SINISTRA.

OSLO. Come detto, l’elettorato ha tributato un certo consenso al partito Laburista, che dal 2013 era all’opposizione: col 26,3% delle preferenze consegue 48 seggi su 169.

Insieme al Partito di Centro (13,5% e 28 seggi) ed al Partito Socialista di sinistra (7,6, 13 seggi),dovrebbe poter formare una coalizione progressista che disporrebbe allo Storting di 89 mandati, 4 in più della maggioranza assoluta.

I Conservatori della Premier uscente Erna Solberg hanno subìto una pesante sconfitta, raccogliendo solo il 20,4% e 36 seggi.

Non è andata meglio ai soci di governo del Partito del Progresso che escono dalle urne ridimensionati, conseguendo solo l’11,6% e 21 seggi, mentre il partito Liberale ottiene un modesto 4,6% e 8 seggi.

Complessivamente, la coalizione di centro-destra che governava il regno dispone alla camera di 65 mandati.

Trascurabile il risultato dei Verdi che ottengono un modesto 3,9% e 3 seggi.

Completano il quadro delle forze parlamentari:

• il Partito Rosso che ottiene il 4,7% e 8 seggi;
• il Partito Cristiano Popolare, col 3,8%, elegge solo 3 parlamentari.

La partecipazione al voto è stata del 77,2%.

Al centro della campagna elettorale le questioni ambientali e in particolare l’uso delle riserve petrolifere che si trovano nei fondali del Mar del Nord: per la destra lo sfruttamento di gas e petrolio dovrebbe continuare anche per alimentare il fondo sovrano[1] creato dallo Stato con cui viene finanziato l’oneroso welfare norvegese.

La sinistra vorrebbe invece avviare una politica di progressivo abbandono dei combustibili fossili e diversificare l’economia.

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LA NORVEGIA.

GEOGRAFIA.

Il Regno di Norvegia occupa la parte occidentale della penisola scandinava e confina con Svezia, Finlandia e Russia.

E’ bagnata dal mar di Norvegia e dal Mar Glaciale Artico.

Davanti alle sue coste si trovano numerose isole tra cui le Svalbard e le Jan Mayen.

Il territorio occupa una superficie complessiva di 385.207 kmq. ed è popolato da 5,4 milioni d’abitanti (2021).

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POPOLAZIONE, RELIGIONI, LINGUE.

La maggioranza della popolazione è d’etnia norvegese, tuttavia vi sono minoranze di Sami (Lapponi) e finlandesi.
Il 70% dei norvegesi appartiene alla chiesa nazionale di stampo luterano: vi sono esigue minoranze di musulmani e cattolici, mentre il 20% della popolazione si dichiara ateo o agnostico.

Dal 1 Gennaio 2017 la chiesa di Norvegia non è più legata allo Stato, anche se riceve cospicui finanziamenti.

La lingua ufficiale è il norvegese, che è però diviso in due differenti forme scritte: il bokmål e il nynorsk.

La prima, più diffusa, è utilizzata dall’85% della popolazione, mentre il restante 15% si serve della seconda.

Nelle scuole vengono insegnate entrambe le forme. Ai comuni norvegesi è lasciata la libertà di scegliere la forma scritta preferita.

Alcune municipalità del Finnmark e del Troms utilizzano come lingua ufficiale anche il sami o il finlandese (le minoranze linguistiche più forti).

Tutti comprendono tanto la lingua danese quanto quella svedese: i plurisecolari contatti tra queste tre nazioni limitrofe ha creato nei fatti una specie di grande comunità linguistica nordica.

L’inglese è conosciuto e praticato da quasi tutta la popolazione che lo parla fluentemente.

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ORDINAMENTO DELLO STATO.

La Norvegia è una monarchia costituzionale ereditaria: il re è Harald V di Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg è in carica, insieme alla Regina Sonia, dal 17 Giugno 1991.

Secondo la costituzione, il sovrano nomina il Primo Ministro e su sua indicazione i ministri.

il potere legislativo è esercitato dallo Storting (Grande Assemblea) che si compone di 169 membri, eletti ogni quattro anni a suffragio universale.
Fino al 2009, lo Storting si divideva in due camere, Odelsting e Lagting, anche se nella maggior parte dei casi si riuniva in seduta comune.

La legge elettorale è di tipo proporzionale: 150 deputati sono eletti in 19 circoscrizioni con candidature plurime, mentre 19 sono designati in un collegio nazionale, in modo da ssicurare la distribuzione proporzionale dei seggi tra le diverse liste in competizione: è prevista una quota di sbarramento del 4%, che però non esclude dal riparto dei seggi formazioni politiche che ottengono un buon consenso in più d’una circoscrizione.

Ad esempio, nelle elezioni generali del 13 settembre i Verdi e i Cristiano-Popolari, pur avendo raccolto in media meno voti della quota di sbarramento, hanno eletto deputati, perché hanno ottenuto localmente buone percentuali di voti.

Dal 1927 al 2017 il Partito Laburista è stato lo schieramento politico col maggior numero di seggi alla camera: tra il ’45 e il ’61 ha potuto contare addirittura sulla maggioranza assoluta. Nei decenni successivi, non avendo nessun partito superato in seggi la maggioranza richiesta per governare da solo, si sono alternate coalizioni di centro-destra e centro-sinistra.

Poiché non è previsto lo scioglimento anticipato dello Storting, come avviene in altre democrazie parlamentari, ogni volta che si apre una crisi all’interno della coalizione al governo, le forze parlamentari intavolano trattative per giungere alla formazione d’un nuovo gabinetto: conseguenza, non di rado si formano esecutivi di minoranza che possono contare sulla non belligeranza di gruppi politici minori, anche perché i disegni di legge s’intendono approvati se ottengono la maggioranza semplice dei voti in assemblea.

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STORIA.

Dopo esser stata sottomessa per secoli alla Danimarca e poi dal 1814 alla Svezia, pur godendo in questo caso d’una costituzione autonoma e dell’autogoverno interno, nel 1905 si è proclamata regno indipendente.

Neutrale durante la prima guerra mondiale, è invasa dalle truppe germaniche che vi impongono il governo fantoccio guidato da Vidkunt Quisling.

Nel 1945, è ristabilita la legalità, quisling è passato per le armi e la Norvegia torna ad esser un Paese retto da un regime democratico.

Comincia allora il periodo d’oro del laburismo al governo: per quasi vent’anni i Lab riscuotono larghi consensi tra la popolazione: i governi vi attuano la politica di un consistente intervento dello stato al fine d’assicurare ai Norvegesi uno stato sociale avanzato secondo il modello già attuato in Svezia.

Negli anni Sessanta vengono scoperte le prime riserve di gas e petrolio, ma solo più avanti esse vengono effettivamente sfruttate permettendo al Paese di beneficiare di notevoli redditi grazie all’aumento dei prezzi internazionali degli idrocarburi.

Sia i governi progressisti che quelli conservatori rafforzano lo stato sociale, anche se i primi vorrebbero portare Oslo nella CEE, mentre i secondi temono che il paese possa perdere una parte della propria sovranità: così nel 1972 e nel 1994 i cittadini respingono in due referendum la proposta d’entrare nell’UE.

Nel 2011 un gravissimo attentato sconvolge il Paese: Anders Breivik, un nazista esaltato prima fa esplodere alcune bombe nei pressi dei palazzi del parlamento e del governo di Oslo, poi si reca sull’isola di Utoya, dove è in corso un camping estivo di giovani iscritti al partito Laburista ed apre il fuoco contro i ragazzi. Ne uccide 77. Breivik successivamente sarà condannato a decenni di reclusione, ma la sua vicenda farà emergere la presenza di un sottobosco d’ultradestra che alimenta sentimeti d’odio contro la società norvegese.

In politica estera, la Norvegia fa parte della NATO e dell’OCSE e partecipa a molte missioni di pace delle Nazioni Unite in diverse aree di conflitto: lo 0,7% del proprio PIL è devoluto in aiuto ai paesi più poveri.

La sua economia è molto prospera e il suo indice di sviluppo umano è il più alto al mondo: 0,994/1.

Ogni anno ad ottobre un comitato formato da 5 deputati dello Storting assegna il premio Nobel Perl la pace.

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L’ISLANDA VIRA A DESTRA.

REYKJAVIK. Se gli elettori norvegesi hanno fatto pendere la bilancia sul versante sinistro, i loro colleghi islandesi hanno preferito di nuovo la destra ridando fiducia al Partito dell’Indipendenza e a quello del Progresso, mentre la Sinistra Verde ha perso terreno e, probabilmente perderà la Presidenza del governo.

Il partito dell’Indipendenza, col 24,4% delle preferenze, conferma lo stesso numero di eletti del 2017, ossia 16, mentre il Partito del Progresso con un sorprendente 17,3%, compie un notevole balzo in avanti e porta all’Althing 13 deputati.

Di conseguenza, il centro-destra con 29 seggi su 63, può a buon diritto porre la propria candidatura al governo del paese, relegando la Sinistra Verde col suo magro 12,6% e 8 seggi all’opposizione insieme ai Socialdemocratici (9,9% e 6 seggi), ai Pirati (8,6%, 6 seggi) ed al Partito del Popolo (8,8%, 6 seggi).

Il Partito per la Riforma Liberale e il Centro, col loro 5,3% e 3 seggi ciascuno possono agevolare la formazione d’unamaggioranza conservatrice.

Proprio il successo del Partito del progresso è la vera sorpresa di questo scrutinio: i sondaggi della vigilia non avevano previsto che lo schieramento guidato dal Ministro per i Trasporti Sigurður Ingi Jóhannsson compisse un balzo rispetto al 2017 di oltre 6 punti percentuali, ma le urne hanno premiato questo schieramento che rappresenta gl’interessi degli agricoltori e del settore peschiero, molto importante per l’economia dell’isola.

Il presidente della Repubblica, Guðni Thorlacius Jóhannesson, ha fatto sapere d’attendere delle indicazioni dai partiti sull’indirizzo da dare al nuovo esecutivo: solo dopo che i partiti maggiori gli avranno indicato quale coalizione formare, nominerà il capo del governo.

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L’ISLANDA.

GEOOGRAFIA.

L’Islanda è un’isola vulcanica situata nell’Atlantico settentrionale: occupa una superficie di 102.819 km² ed è popolata da 366.700 abitanti (2019).

La capitale è Reykjavik.

La popolazione è etnicamente omogenea e si compone soprattutto di islandesi: la sua collocazione geografica ai margini sia del continente europeo che di quello americano l’ha per lungo tempo resa inaccessibile ai flussi migratori o alle conquiste.

La religione più praticata e il luteranesimo, la lingua parlata l’islandese, un idioma di ceppo nordico: assai conosciuto e diffuso è anche l’inglese.

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ORDINAMENTO DELLO STATO.

La Repubblica d’Islanda ha una costituzione di tipo parlamentare: il Presidente, eletto ogni quattro anni a suffragio universale, di solito è una figura estranea ai partiti politici.

Egli nomina il Primo Ministro e i membri del governo che deve avere la fiducia dell’althing, il Parlamento unicamerale.

In caso di stallo politico, il capo dello Stato può sciogliere la Camera ed indìire le elezioni anticipate.

Il Presidente inoltre può opporre il veto ad un disegno di legge che non condivide e convocare un referendum popolare per chiedere ai cittadini qual è la loro opinione in merito.

Tra i poteri del Presidente vi è anche quello di nominare un governo presidenziale, un esecutivo cioè che rimane in carica per un certo periodo senza aver bisogno della fiducia parlamentare.

L’Islanda non ha un esercito, ma fa parte della NATO: la sua sicurezza interna è assicurata da un corpo di polizia, mentre quella esterna da alcune basi statunitensi.

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L’ECONOMIA.

I circa 370.000 islandesi sono impiegati principalmente nei settori dell’agricoltura, della pesca d’altura e nelle attività bancarie ed assicurative.

La natura vulcanica del terreno mette a disposizione imponenti risorse d’energia geotermica che permette di limitare l’uso di combustibili fossili.

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STORIA.

a lungo soggetta alla Danimarca, nel 1918 riceve da Copenhagen il diritto d’autogovernarsi, delegando difesa e politica estera alla madrepatria. Nel 1940 però la Danimarca è occupata dai tedeschi, di conseguenza la Gran Bretagna invia un corpo di spedizione sull’isola, offrendole l’indipendenza.

Nel 1944, dopo un referendum popolare è proclamata la repubblica.

Nel dopoguerra l’Islanda è dominata da 14 famiglie che esercitano il pieno controllo sullo stato e sul principale partito di governo, quello dell’Indipendenza che domina la scena politica, vincendo quasi sempre le elezioni generali.

Nel 1977, Reykjavik estende le proprie acque territoriali in modo da salvaguardare il proprio patrimonio ittico: è la cosiddetta “guerra del pesce”. La Gran Bretagna, i cui pescherecci operano nelle acque a nord del Regno Unito esige dall’islanda la revoca del provvedimento, minacciando d’inviare navi militari a tutela del proprio settore peschiero.

La vertenza si conclude con un accordo bilaterale che evita scontri armati tra una quasi superpotenza ed un Paese che non ha esercito, ma che ospita basi militari statunitensi sul proprio territorio.

Nel 2008 il Paese è travolto dalla crisi economica globale: in seguito al fallimento di Lehman Brothers anche le banche islandesi che hanno erogato moltissimi prestiti, saltano per aria. Il governo che ha favorito il boom bancario cade e al suo posto s’insedia un esecutivo di salvezza nazionale.

Il valore della moneta nazionale, la Corona, è polverizzato e l’Islanda sembra sul punto di fallire: poi gradualmente si riprende, ma occorrono diversi piani di salvataggio per evitare il tracollo dell’intero sistema economico. In quegli anni molti islandesi rimasti senza lavoro emigrano all’estero, sia in Scandinavia che in Nord America alla ricerca d’un futuro migliore.

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L’AREA NORDICA.

Norvegia ed Islanda fanno parte del Consiglio Nordico, l’associazione che riunisce anche Svezia, Finlandia e Danimarca.

Questi paesi hanno parecchi connotati comuni ed alcune differenze: in generale, nella seconda metà del XX secolo hanno sviluppato uno stato sociale che assicura alti livelli di benessere.

Inoltre, i rapporti tra questi paesi sono continui e costanti, sia nelle relazioni intergovernative che tra le singole persone che si spostano tranquillamente tra i diversi Stati liberamente.

Svezia e Danimarca hanno costruito, ad esempio, un ponte, quello sull’Oeresund che consente agli automobilisti, pagando un pedaggio assai caro, di viaggiare nei due sensi, senza bisogno di prendere un traghetto per attraversare lo stretto che separa le due Nazioni vicine.

Vediamo alcuni esempi delle caratteristiche comuni a questi cinque Stati, sia anche ciò che li differenzia.

In seguito alle elezioni di questo periodo 4 Paesi su cinque saranno retti da governi socialdemocratici che proseguono in una tradizione più che consolidata.

Tre paesi su cinque fan Parte della NATO: Finlandia e Svezia sono neutrali, ma a Stoccolma si sta seriemente considerando l’ipotesi d’aderire all’alleanza atlantica.

Norvegia, Svezia e Danimarca sono delle monarchie, ma Finlandia ed Islanda delle repubbliche in cui il Presidente è eletto a suffragio universale con poteri limitati.

Svezia, Danimarca e Finlandia fan parte dell’Unione europea: Helsinki ha sciolto il marco nell’euro, mentre le altre due nazioni mantengono la propria valuta nazionale, la Corona. Al presente, le Corone svedese, danese e norvegese hanno un tasso di cambio quasi equivalente l’una con l’altra: una Corona svedese equivale grosso modo a una norvegese ed una danese.

Norvegia e Islanda sono membri dell’EFTA, L’associazione europea di libero scambio.

Come si vede da questi rapidi esempi, ci si trova di fronte ad un’area sovranazionale che rappresenta una comunità sociopolitica ed economica che però talvolta teme d’esser travolta dagli effetti della globalizzazione e dalle correnti migratorie: ciò fa sorgere anche là movimenti xenofobi e fiammate di violenza che devono seriamente preoccupare, come è avvenuto in Norvegia nel 2011 o come si è verificato in Svezia e Finlandia quando partiti d’estrema destra hanno raccolto porzioni rilevanti di voti, finendo per condizionare la politica dei governi.

Così, si è visto la Danimarca irrigidire la propria linea di condotta contro i migranti facendo da battistrada anche per altri Paesi vicini.

PIER LUIGI GIACOMONI

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NOTA:

[1] Fondo sovrano: Sono denominati fondi sovrani alcuni speciali strumenti di investimento pubblico che appartengono direttamente ai governi dei relativi paesi. Tali fondi vengono utilizzati per investire in strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, immobili), o in altre attività, i surplus fiscali o le riserve valutarie in moneta estera.
I fondi sovrani sono nati soprattutto nei paesi esportatori di petrolio: Emirati Arabi Uniti, Qatar, Norvegia, ma anche Singapore, dove, grazie al rilevante surplus fiscale, il governo ha costituito il fondo Temasek Holdings, uno dei primi nati e uno dei più attivi, soprattutto nelle imprese del Sud-est asiatico.
Molto attivi sono anche i fondi sovrani di Abu Dhabi e quello di Dubai, che detiene una quota del 5% nella Ferrari.

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