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LA MACEDONIA CAMBIA NOME
(2 Febbraio 2019)

SKOPJE-ATENE.

La Macedonia cambia nome: i parlamenti di Skopje ed Atene hanno ratificato, non senza contrasti il trattato bilaterale sottoscritto nel giugno scorso dai due premier che risolve dopo venticinque anni la controversia tra i due Paesi.

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IL VERSANTE MACEDONE.

La questione era stata sottoposta lo scorso ottobre all’elettorato dell’ex Repubblica iugoslava: Il quesito a cui gli elettori dovevano rispondere era: «Sei favorevole all’adesione all’Unione europea e alla Nato accettando l’accordo tra Macedonia e Grecia?»: ad esso risposero “sì” il 91,48% dei votanti, “no” il 5,64%, ma il referendum non aveva avuto effetto legale perchè alle urne si era presentato solo il 36,87% del corpo elettorale.

Mancato il quorum, la parola è passata di conseguenza al Parlamento, dal momento che la votazione aveva solo un valore consultivo: la camera di Skopje, alla fine, ha detto sì alla modifica costituzionale che muta il nome dello Stato con 81 voti su 120 membri, ossia più della maggioranza dei due terzi.

Per ottenere questo risultato, non scontato in partenza, il Primo Ministro Zoran Zaev ha dovuto negoziare con le forze d’opposizione, inducendo alcuni deputati a sostenere la proposta di emendamento costituzionale, superando anche la contrarietà del presidente della Repubblica George Ivanov.

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IL VERSANTE GRECO.

Non meno contrastata è stata la decisione da parte del Parlamento greco che negli scorsi giorni si è riunito per decidere cosa fare degli accordi di Prespa. A favore il Primo Ministro Alexis Tsipras, la cui maggioranza va però perdendo forza, contro i partiti di centro-destra ed estrema destra. La discussione in aula è stata aspra, mentre fuori dal palazzo, in piazza Sindagma avevano luogo manifestazioni nazionaliste capeggiate dagli attivisti di alba Dorata, il partito filonazista che ha soffiato sul fuoco del nazionalismo e del risentimento.

Alla fine, seppur di misura, il consiglio dei Greci ha accettato l’accordo che ora permetterà la nascita della macedonia del Nord.

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IL CONTENZIOSO GRECO-MACEDONE.

La questione del nome per il nuovo Stato sorge dopo la dissoluzione della Iugoslavia: la Macedonia, infatti, è uno degli otto soggetti che compongono la federazione e l’8 Settembre 1991 proclama la propria indipendenza da Belgrado mediante un referendum popolare: il 17 Novembre successivo, adottando la nuova Costituzione, il Parlamento lo battezza «Repubblica di Macedonia.» La Grecia reagisce male, accusando i dirigenti di Skopje di nutrire rivendicazioni sulla regione greca di Macedonia e chiede all’Unione Europea di proibire al nuovo soggetto sovrano, non ancora riconosciuto internazionalmente,di portare un simile nome.

Successivamente, Bruxelles assumerà una posizione più sfumata, tenuto conto che la comunità internazionale ha riconosciuto la nuova entità statuale col nome di «Repubblica di macedonia». a livello comunitario si consiglia i greci d’avviare contatti bilaterali col vicino settentrionale per risolvere le loro divergenze su nome e bandiera.

Dal canto suo, il 7 aprile 1993, il Consiglio di sicurezza dell’Onu approva la risoluzione 817, con la quale ammette lo Stato balcanico nell’organizzazione delle Nazioni Unite. A causa dell’opposizione greca all’utilizzo del nome “Macedonia”, il paese viene ammesso con la denominazione temporanea di FYROM (Former Yugoslav Republic of Macedonia). Il giorno seguente, l’assemblea generale dà il benvenuto a Skopje quale 181° membro dell’Onu.

Nel febbraio ’94, la Grecia inasprisce la vertenza, sottoponendo la Macedonia ad un embargo, chiudendo completamente i confini comuni. L’embargo è determinato dalla decisione di Skopje di adottare, come bandiera nazionale, il cosiddetto “Sole di Vergina”, simbolo che si rifà ad Alessandro il Grande che nel IV secolo a.C. costruì un effimero esteso impero nel quale venivano fuse le civiltà greca, asiatica ed egizia.

La Grecia protesta anche contro un articolo della Costituzione macedone, nel quale si dichiara che la Repubblica macedone avrebbe sostenuto e protetto le minoranze macedoni presenti negli stati confinanti.

Dopo diciotto mesi d’embargo, che hanno causato alla fragile economia macedone danni stimati intorno ai due miliardi di dollari, nel settembre 1995 Atene e Skopje firmano un trattato, sotto l’egida dell’Onu, col quale si impegnano a cercare una soluzione mediata alla disputa. Nel trattato, i due paesi non sono citati con i propri nomi costituzionali, ma come “Primo Contraente” e “Secondo Contraente”.
Nell’ottobre 1995, il Parlamento macedone approva la modifica della bandiera e dell’articolo conteso all’interno della propria Costituzione. Di conseguenza, Atene riapre la frontiera tra i due Stati.

Da allora, i due paesi hanno gradualmente normalizzato i loro rapporti: ora però si tratta di fare un ulteriore passo avanti perché la Macedonia vorrebbe far parte della NATO e della UE e per ottenere questi due obiettivi il governo di Zaev vuole risolvere gli ultimi problemi con il suo vicino meridionale.

Ecco perché il 17 giugno scorso sulle rive del Lago prespa viene firmato l’accordo bilaterale ratificato in questi giorni.

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L’INTESA DI PRESPA.

L’accordo firmato a giugno 2018, insieme ad un’intesa di collaborazione economica bilaterale, prevede che la Macedonia assuma la denominazione di «Repubblica di macedonia del Nord» e rinunci a qualunque rivendicazione sull’omonima regione greca.
«Questo è un passo coraggioso, storico e necessario per i nostri popoli” – ha affermato nel suo discorso il primo ministro greco Tsipras – siamo qui per sanare le ferite del tempo, per aprire un cammino di pace, fraternizzazione e crescita per i nostri paesi, i Balcani e l’Europa». «I nostri due paesi dovrebbero uscire dal passato e guardare al futuro – ha soggiunto il suo collega macedone Zaev – «i nostri popoli vogliono la pace, saremo partner e alleati.»

Ora, con la ratifica del trattato, per Skopje si aprono le porte della NATO ed in prospettiva della UE.

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ZORAN ZAEV E ALEXIS TSIPRAS.

Economista ed ex sindaco di Strumica, Zoran Zaev, socialdemocratico, ha fatto del riavvicinamento con la Grecia una priorità per garantire l’adesione del suo Paese all’Unione europea e alla NATO, bloccata da Atene per anni.

Salito al potere nel 2017, dopo le ultime elezioni politiche, in sostituzione del nazionalista Nikola Gruelski ha cercato in questi pochi mesi di mandato di sanare i molti problemi aperti coi suoi vicini: ha stipulato intese con la Bulgaria e l’Albania ed ha tentato di superare i contrasti tra le diverse etnìe che abitano nel Paese.

Quasi coetaneo di Alexis Tsipras (sono nati entrambi nel 1974) ha fatto il possibile per giungere ad una soluzione d’un contenzioso irrisolto da oltre una generazione.

Alexis Tsipras, leader di Syriza,  una formazione politica di estrema sinistra che negli anni ha cambiato pelle, è di recente uscito dalla procedura di risanamento del bilancio ed ha conseguito dei notevoli successi in economia, permettendo alla Grecia di rifinanziarsi sui mercati internazionali a dei tassi d’interesse più ragionevoli che in passato, pur in presenza d’un debito di 330 miliardi di euro, pari al 183% del PIL.

Al potere dal 2015, quest’anno dovrà affrontare due prove elettorali dall’esito quanto mai incerto: a maggio vi saranno le elezioni europee e ad ottobre, salvo anticipo, le legislative.

Gli ultimi sondaggi demoscopici indicano che Syriza soffre d’uno svantaggio di dieci punti percentuali nelle intenzioni di voto rispetto a Nea Demokratia, formazione politica di centro-destra.

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LA MACEDONIA.

Culla della civiltà ellenistica, nel IV secolo a.C. fiorì la monarchia di filippo (359-336) ed alessandro (336-323). Il primo sottomise le Poleis, divenendo l’egemone della Grecia antica, il secondo realizzò un vasto programma di conquiste, soprattutto in Asia e in Egitto. dopo la sua precoce morte lo Stato divenne possedimento romano e ne seguì i destini.

Occupato da popolazioni slave nel VI secolo d.C. divenne un soggetto semiautonomo nell’ambito della federazione iugoslava, finché, in seguito al suo dissolvimento, acquisì piena indipendenza.

Con una superficie di 25.713 km² ed una popolazione di 2,1 milioni d’abitanti, la Repubblica di Macedonia confina con Albania, Bulgaria, Serbia, Kosovo e Grecia.

Stato multietnico e multireligioso non ha sbocco al mare: all’epoca della Iugoslavia era il più povero degli otto membri della federazione. Poche le industrie, scadenti le infrastrutture, dipendeva dagli aiuti che provenivano da Belgrado. Ottenuta l’indipendenza, precipitò in una fase recessiva, proprio perché venne a mancare quel sostegno che prima teneva in piedi la fragile economia. Dopo la crisi causata dall’embargo decretato dai Greci (1994-95) e da una ribellione della minoranza albanese che si sentiva discriminata (2000), lo stato ha fatto registrare un certo progresso del PIL che ora si vuole consolidare proprio chiudendo le antiche vertenze ed aprendo vie di partenariato coi vicini.

PIER LUIGI GIACOMONI

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