LA CINA NEL TERZO MILLENNIO
(22 novembre 2007)
PECHINO. Mastro Ye era un funzionario imperiale della dinastia Han, del primo secolo a.C., che aveva la passione del drago, simbolo millenario del potere. Aveva riempito la sua casa di disegni, quadri, arazzi, sculture, porcellane e tappeti raffiguranti il drago in ogni forma e colore.
il suo capufficio, col gusto dello scherzo, gli faceva trovare sulla scrivania ogni giorno un disegno diverso del mitico rettile, specie di serpente, con l’agilità dell’aquila, la forza del leone, la testa di grifone, la coda di serpe e le ali del pipistrello. Una mattina all’alba, andando
in ufficio, accadde però a Mastro Ye di vedere un
drago vivo che si dirigeva, forse amichevolmente, verso il suo ammiratore. Fu tale la paura che il poveretto si mise a fuggire e ad urlare contro il drago, allucinato e terrorizzato dalla visione del pericolo.
Il partito comunista cinese, che vede nella rivolta degli studenti del 4 maggio 1919 l’origine della sua rivoluzione, ha fatto come Mastro Ye: ha decorato le pareti del Comitato Centrale col segno del “drago studente”, ma quando la “bestia” in persona si è presentata per le strade di Pechino e delle altre città universitarie cinesi, ne ha avuto paura.
Tante altre volte, il PCC ha avuto timore di altri draghi, come la setta Falun Gong, i dissidenti, gli scrittori, gli internauti, gli operai, i contadini.
Deng Xiaoping, il «Piccolo Timoniere», che ha diretto il Paese dopo la morte di Mao, ha imposto, col consenso del partito-stato un doppio regime: sempre più libertà in economia, occhiuta repressione in politica. Così la richiesta di una “quinta modernizzazione”, ossia la democrazia, è caduta nel vuoto.
DOPO MAO: LE QUATTRO MODERNIZZAZIONI. Nel 1976, in pochi mesi, due decessi di rango impressero una svolta alla storia politica del gigante asiatico.
In gennaio si spense Zhou Enlai, mentre in settembre morì Mao Zedong. I due erano stati alla guida del Paese dall’ottobre ’49, quando Il Partito Comunista Cinese (PCC) fece la rivoluzione.
L’improvviso vuoto politico rese di dominio pubblico uno scontro ideologico che già da tempo dilaniava il gruppo dirigente: si doveva proseguire con la “rivoluzione culturale”, oppure si doveva imboccare la strada della modernizzazione del Paese, così come aveva fatto il vicino Giappone?
In poche settimane, i fautori del maoismo furono privati di ogni potere e condannati durante processi sommari.
Due anni dopo, approfittando di una protesta per la democratizzazione del Paese, Deng Xiaoping, (1904-97), che divenne progressivamente l’uomo forte del regime, proclamò la politica delle “Quattro modernizzazioni”: agricoltura, industria, scienza e difesa. Negli anni Ottanta ai cinesi venne detto di arricchirsi e fu spiegato che non era importante che il gatto fosse nero o bianco, decisivo era che acchiappasse i topi. Dall’ideologia si passava al pragmatismo, dalle comuni agricole, si imboccava la strada dell’impresa capitalistica. Si permetteva in certe zone del Paese, denominate “Zone economiche speciali”, (ZES) di impiantare fabbriche senza vincoli di sorta. Il tutto senza intaccare l’assetto dello Stato che rimaneva quello di un Paese comunista, guidato da un partito unico.
TIEN AN MEN e l’89 cinese. Le tensioni accumulatesi in un decennio di riforme fatte anche con metodi brutali emersero nella primavera del 1989. furono gli studenti delle università di Pechino a porre all’ordine del giorno la questione della democrazia e dei diritti della persona. Il movimento era significativo per diversi motivi: 1. i giovani che fecero lo sciopero della fame e poi un lungo Sit in nella piazza simbolo del Paese erano figli della classe dirigente. Molti di loro avevano spalancate le porte nelle aziende di stato o sarebbero diventati quadri del PCC. Eppure abbracciarono gli ideali democratici, convinti che non ci poteva essere sviluppo economico senza apertura democratica, la “Quinta Modernizzazione” di Wei Jingsheng (dissidente storico, ora esule negli USA). 2. la lotta dei ragazzi di Tien An Men si saldò con altre rivendicazioni provenienti dalla classe operaia che meno aveva ottenuto dalla politica di modernizzazione. 3. Il movimento ottenne una grande visibilità internazionale, anche perché si sviluppò in coincidenza con la visita del Presidente Gorbaciov a Pechino.
Come è noto le autorità cinesi schiacciarono senza pietà il movimento, tentando di mettere il bavaglio anche alla stampa internazionale. Qualunque tentativo di condannare la politica cinese dei diritti umani è fallita. L’Occidente ha finito per chiudere più di un occhio sulle ripetute violazioni dei diritti umani e sulle esecuzioni di massa.
Gli avvenimenti, però, del maggio cinese rappresentano in ogni caso un punto di svolta nel rapporto tra la Cina e il resto della comunità mondiale, ivi comprese le organizzazioni che si battono per la difesa dei diritti dell’uomo.
L’89 cinese servì al PCC per regolare alcuni conti al suo interno. Zhao Ziyang, che Deng aveva designato come proprio delfino, fu rimosso dalla carica di Segretario del partito, perché accusato di aver solidarizzato col movimento studentesco.
Al suo posto, fu chiamato da Shanghai Jiang Zemin che proseguì nella politica tracciata dal vecchio “Piccolo timoniere”.
Li Peng, il premier che aveva diretto la repressione di Tien An Men rimase al suo posto fino al ’98, ma il potere reale passò nelle mani di un altro uomo di shanghai, Zhou Rongji.
GLI ANNI NOVANTA. Una delle preoccupazioni di Deng Xiaoping era che la Cina facesse la fine degli altri Paesi comunisti: entrare in una fase di stallo economico, spezzettarsi in vari piccoli Stati, l’un contro l’altro armati, abbracciare un capitalismo senza regole, nel quale un ruolo rilevante avrebbe giocato la criminalità.
La Cina aveva già conosciuto un simile momento storico, nell’epoca dei “signori della guerra” (1916-28). Così, Deng operò affinchè alla sua morte ci fosse una dirigenza stabile nel partito e nello Stato. Jiang Zemin rappresentò questo passaggio e Deng potè ritirarsi già dal ’94 da ogni attività politica.
Sul piano economico gli anni Novanta videro un’ulteriore crescita dell’economia in tutti i settori e un graduale coinvolgimento della Cina sulla scena internazionale. L’obiettivo di Pechino era quello di entrare nel WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e quello di essere una primadonna nel mondo della globalizzazione.
L’economia, dunque, diviene il centro dell’attività politica: tutto il resto è secondario.
Nelle zone economiche speciali, i lavoratori erano sfruttati senza pietà, sottoposti a turni di lavoro massacranti, esposti a ogni genere di rischio per la loro salute. Quando nel ’97 l’Asia orientale fu investita da una grave crisi economica, i cinesi temettero per le loro fabbriche e le loro banche. L’effetto sul gigante di 1,3 miliardi di abitanti fu limitato. In realtà, si spopolarono le campagne e crebbero le città come Shanghai e Canton. L’incorporazione di Hong Kong e di Macao non fece che accelerare lo sviluppo del Paese.
Accanto alle attività lecite crebbero anche quelle illecite: il gioco d’azzardo, la prostituzione, la speculazione edilizia, la devastazione dell’ambiente, la corruzione a tutti i livelli.
PECHINO ED IL RESTO DEL MONDO. Isolata fino al 1971, quando ottenne un seggio all’ONU al posto di Taiwan, Pechino è diventata un attore politico internazionale di rilievo solo negli ultimi anni. Per prima cosa tutti vogliono commerciare con lei e molte imprese occidentali trasferiscono lì le loro produzioni, a motivo del basso costo della manodopera.
Ormai, il “gigante rosso” agisce come una superpotenza globale: di recente, ad esempio, si è tenuta una conferenza con alcuni Paesi africani conclusasi con accordi per investimenti da realizzare nel continente nero. E’ già in corso in Algeria la costruzione di interi quartieri residenziali progettati e costruiti da cinesi.
Pechino offre, in cambio di materie prime (petrolio, uranio e cotone), prodotti e programmi di sviluppo.
E’ poi diventata uno dei principali acquirenti di greggio e carbone. La sua fame di energia ha contribuito non poco alla crescita del prezzo dell’oro nero sui mercati internazionali registratasi negli ultimi anni.
Si è consolidato il legame tra i cinesi dell’interno e quelli d’oltremare: questi ultimi ora investono nella madrepatria convinti che non correranno rischi di espropri e nazionalizzazioni.
UN GIGANTE COI PIEDI D’ARGILLA? Lo sviluppo economico della Cina si fonda, però, su una scommessa: il Paese non subirà scossoni fino a quando il modello reggerà e sarà comunque in grado di arrecare ad un numero ragguardevole di cittadini un vantaggio. Tuttavia pericoli non ne mancano. Anzitutto si paventa il rischio che il sistema bancario possa non reggere a lungo e che l’esplosione delle esportazioni possa un giorno o l’altro fermarsi. Il modello economico cinese, infatti, si basa sullo schema prestiti bancari-creazione di imprese-esportazioni-profitti da esse determinati. Non sono in pochi a temere che il meccanismo possa prima o poi incepparsi. Ad esempio, si teme che molte banche prestino denaro con troppa disinvoltura e non siano in grado di recuperare il credito.
Lo stesso regime dei cambi, ora vantaggioso alla Cina, è destinato a mutare: da tempo gli Stati Uniti chiedono a Pechino di rivalutare lo Yuan in modo da rendere più care le esportazioni cinesi. Peraltro, la banca centrale sta valutando l’opportunità di diversificare le proprie riserve valutarie, inserendo l’Euro.
La Cina è uno dei maggiori sottoscrittori di buoni del tesoro americano. Se Pechino comprasse meno di questi Bond, scoppierebbe il bubbone del debito pubblico USA.
Gli stessi lavoratori chiedono con sempre maggiore insistenza salari più alti e condizioni di lavoro meno onerose, oltre che una maggiore tutela della salute sui luoghi di lavoro. La Cina è poi accusata su scala internazionale di essere uno dei maggiori produttori di CO2 (Pechino non ha firmato il protocollo di Kyoto) e di inquina il proprio ambiente naturale senza scrupoli.
LA QUINTA MODERNIZZAZIONE. Dopo gli eventi di piazza Tien An Men, da parecchie parti si è imputato alla Cina di non rispettare i diritti umani fondamentali: libertà di parola, tutela del detenuto, libertà religiosa, rispetto delle minoranze etniche.
Il web è stato anch’esso al centro di frequenti incursioni della polizia: sono almeno 40.000 gli agenti sguinzagliati per stroncare qualunque attività antiregime. Gli internauti cinesi non possono visitare gli spazi web che diffondono informazioni, non devono occuparsi di politica: di recente, un giornalista che aveva ricordato le vittime del “maggio cinese” è stato arrestato grazie alla spiata di Yahoo.
La stessa entusiastica adesione di Pechino alla lotta contro il terrorismo lanciata dagli USA dopo l’11 settembre 2001 si giustifica con la necessità di comprimere le rivendicazioni delle minoranze etniche e religiose degli Huigur del sinkiang (musulmani turcofoni) e dei tibetani. Amnesty International, tra gli altri, protesta incessantemente contro l’uso indiscriminato della pena di morte: sono ben 69 i reati passibili di esecuzione capitale.
IL DUEMILA E OTTO. Tra il 2000 e il 2001 Jiang Zemin conseguì due importanti successi di prestigio: 1. nel luglio 2000 Pechino ottenne l’assegnazione del XXIX Giochi Olimpici del 2008; 2. nel novembre 2001 il WTO ammise la RPC.
Col secondo evento si concludeva una “lunga marcia” intrapresa dai dirigenti cinesi per inserirsi a pieno titolo, accettandone le regole, nel mercato mondiale; col primo, si creava una nuova opportunità per nuovi investimenti destinati a cambiare il volto della capitale.
come ai tempi della “diplomazia del ping-pong, la Cina gioca la carta sportiva per guadagnare un posto al sole nella comunità mondiale.
Presto o tardi ai dirigenti cinesi, amanti del potere, si presenterà un nuovo drago: quello della democrazia. Ne avranno paura come Mastro Ye?
PIER LUIGI GIACOMONI
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SCHEDE
1. LA CINA IN CIFRE
Lo stato.
Nome ufficiale: Repubblica Popolare Cinese
Capitale: Pechino
superficie: 9.571.300 kmq.
Demografia.
popolazione totale: 1.284.303.700 (2002 stima)
Tasso di crescita: 0,87% (2002 stima)
Densità di popolazione: 134 abitanti per kmq. (2002 stima)
Popolazione urbana e rurale.
Popolazione urbana: 32% (2000 stima)
Popolazione rurale: 68% (2000 stima)
Speranza di vita alla nascita.
Totale: 71,9 anni (2002 stima)
Femmine: 73,9 anni (2002 stima)
Maschi: 70 anni (2002 stima)
Tasso di mortalità infantile: 27 morti per 1000 nati vivi (2002 stima)
Tasso di alfabetizzazione.
Totale: 98% (2001 stima)
Femmine: 96,7% (2001 stima)
Maschi: 99,2% (2001 stima)
GRUPPI ETNICI:
HAN : 92%
Altri: 8%
RELIGIONI:
Taoismo, buddismo, Islam Cristianesimo.
Nota. La Cina si proclama ufficialmente come stato ateo.
Ordinamento dello stato.
Forma di governo: Repubblica Popolare
Capo di Stato: Hu Jintao (2003)
capo del governo: Wen Jiabao (2003).
Costituzione: 4 dicembre 1982
Diritto al voto
Suffragio universale (età minima: 18 anni)
Economia
Prodotto interno lordo (PIL)
1.079.948 milioni di $ USA (2000)
PIL pro capite: 860 $ USA (2000)
PIL per settore economico
agricoltura: 15,9% (2000)
industria: 50,9% (2000)
servizi: 33,2% (2000)
Bilancio statale
Entrate: 71.264 milioni di $ USA (1999)
Spese: 107.617 milioni di $ USA (1999)
Moneta
1 yuan (CNY)= 10 jiao
tasso di cambio per un $usa
8.11 Yuan
Esportazioni
Tessuti, abbigliamento, calzature, giocattoli, macchinari e attrezzature, armamenti, combustibili minerali, prodotti chimici
Importazioni
Acciaio, motoveicoli, macchinari tessili, derivati del petrolio, aerei
Partner commerciali: esportazioni
Hong Kong, Stati Uniti d’America, Giappone, Corea del Sud, Germania, Singapore, Paesi Bassi, Regno Unito
Partner commerciali: importazioni
Giappone, Taiwan, Stati Uniti d’America, Corea del Sud, Hong Kong, Germania, Singapore
Industria e servizi
Ferro e acciaio, carbone, macchinari, armamenti, tessuti, petrolio, cemento, fertilizzanti chimici, beni di consumo durevoli, lavorazione di generi alimentari, montaggio autoveicoli, apparecchi elettronici e per telecomunicazioni
Agricoltura e allevamento
Riso, patate, sorgo, arachidi, tè, miglio, orzo, carne di maiale; cotone, altre fibre, semi oleosi; suini, bovini, pollame
Risorse naturali
Carbone, minerale ferroso, petrolio, mercurio, piombo, tungsteno, antimonio, manganese, molibdeno, vanadio, magnetite, alluminio, stagno, zinco, uranio,
energia idroelettrica
Fonti:
Stato e popolazione I dati relativi al territorio provengono dagli istituti statistici nazionali. I dati riguardanti il tasso di crescita demografica, la speranza di vita alla nascita e la mortalità infantile sono stati ricavati dallo United States Census Bureau, International Programs Center, International Database (www.census.gov). Dallo stesso ente e dagli istituti statistici nazionali provengono i dati sulla densità di popolazione.
I dati relativi al tasso di alfabetizzazione derivano dal database dell’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, www.unesco.org); quelli sulla popolazione urbana e rurale dal database FAOSTAT della FAO (Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, www.fao.org). Ordinamento dello statoLe informazioni relative alla forma di governo, alla costituzione e al diritto di voto provengono dai siti Web governativi e dalle edizioni più recenti dell’Europe World Yearbook e del World Factbook della CIA. EconomiaI dati relativi al prodotto interno lordo (PIL), al PIL pro capite, al PIL per settori e al bilancio dello stato sono tratti dal database della Banca Mondiale (www.worldbank.org). Le informazioni sulle attività produttive, sulle risorse naturali, sugli scambi commerciali e sull’unità monetaria provengono dall’edizione più recente del World Factbook della CIA e dalle pubblicazioni del FMI (Fondo monetario internazionale).
Nota: Per esigenze di sintesi, nel presente quadro sono riportati i dati economici e demografici più significativi; pertanto i totali non corrispondono sempre al 100%.