LA BOLIVIA NON RIAVRA’ SBOCCO AL MARE
(5 Ottobre 2018)
L’AIA. La Bolivia non riavrà lo sbocco al mare che richiedeva da tempo: dopo cinque anni di dibattito, la Corte
Internazionale di Giustizia dell’Aia dà infatti ragione al Cile: con 12 voti contro 3, la Corte, che ha il compito
in base alla carta delle Nazioni Unite, di disciplinare con appositi verdetti le controversie che sorgono tra i
Paesi membri su questioni confinarie, ha sentenziato che il Cile non ha alcun obbligo, come richiesto dalla
Bolivia, di trattare sull’accesso all’Oceano Pacifico, sulla base di presunte “promesse incompiute”.
Tuttavia, la Corte ha sottolineato che la sentenza non impedisce ai due Paesi di
continuare il negoziato per risolvere la vertenza territoriale. Quest’invito è stato ben accolto dalle autorità di
La Paz, che considerano la questione della riacquisizione d’uno sbocco sull’oceano Pacifico una priorità assoluta.
Il Capo dello Stato Evo Morales era talmente sicuro che i giudici gli avrebbero dato ragione per questo era volato
nella capitale dei Paesi Bassi portandosi dietro diversi ex presidenti ed ha La Paz era già pronta la festa: per
celebrare il momento del verdetto erano stati collocati nella capitale diversi maxischermi.
Le attese di Morales sono state clamorosamente deluse, mentre il suo collega cileno Sebastián Piñera ha tirato un
sospiro di sollievo: tuttavia, il leader di La Paz, accettando implicitamente il verdetto della corte
Internazionale ha chiesto d’aprire un dialogo a Santiago in vista della soluzione diplomatica della querelle.
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Il contenzioso. Il braccio di ferro tra i due paesi va avanti dal 1904, quando, dopo esser uscita sconfitta nella
Guerra del Pacifico col Cile, la Bolivia perse 400 chilometri di costa.
In realtà, il trattato di pace garantisce a quest’ultima il libero transito di persone e merci da e per il
Pacifico, ma per La Paz non è sufficiente e periodicamente tutti i Presidenti boliviani hanno risollevato il
problema, soprattutto per alimentare il nazionalismo e distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai guai
locali.
Evo Morales non ha fatto eccezione in questi anni: nei suoi discorsi, per esempio in occasione della festa
dell’indipendenza del 6 agosto, ha più volte minacciato il Cile di riprendersi quanto perso all’inizio del XX
secolo: l’argomento della “riconquista del Pacifico” è divenuto col tempo, con l’indebolirsi della popolarità di
Morales, un leit motiv della sua retorica.
La “Guerra del Pacifico” è uno dei tanti conflitti che insanguinarono l’America Meridionale nel XIX secolo: si
combatté tra il 1879 ed il 1884 tra Cile, Bolivia e Perù, legati da un’alleanza.
Gli storici la chiamano anche “guerra del salnitro”: a metà del XIX secolo il deserto di Atacama acquistò un grande
valore economico dovuto alla scoperta di grandi giacimenti di guano e salnitro, materie prime che all’epoca
fornivano a chi le possedeva buone entrate. Il territorio era controllato dalla Bolivia, ma imprese cilene vi
avevano notevoli interessi. Inoltre La Paz aveva stipulato un trattato segreto d’alleanza col Perù. Quando il
conflitto scoppiò, in un primo tempo parve che Lima volesse rimanerne fuori, poi però decise di scendere incampo a
fianco dell’alleato.
La Bolivia, il cui esercito era piuttosto debole, si ritirò dalla guerra nel 1880, mentre il Perù continuò i
combattimenti, finché nel 1883 l’esercito cileno ne occupò la capitale, Lima. Ciò determinò la fine delle lotte
armate e la firma d’un armistizio che imponeva gravi amputazioni territoriali per i due alleati. Solo nel 1925 gli
stati Uniti convinsero il cile a restituire una parte del territorio peruano guadagnato, mentre col trattato di
pace del 1904 la Bolivia perse il deserto di Atacama e le città di Arica ed Antofagasta ed il cile acquisì il
controllo di vaste miniere di guano, salnitro e rame.
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Piñera e Morales. Protagonisti dell’odierna vicenda confinaria sono i Presidenti di Cile e Bolivia, Sebastián
Piñera Echenique e Juan Evo Morales Ayma.
Evo Morales, 59 anni, è alla guida della Bolivia dal 22 Gennaio 2006. Leader del MAS (Movimiento al Socialismo) è
il primo capo di Stato boliviano d’origine india.
Dopo essersi fatto un nome come leader dei “cocaleros”, ossia dei coltivatori di coca, principalmente d’etnìa
Quechua e Aymara, ottenne la presidenza democraticamente su una piattaforma politica che prevedeva il controllo da
parte dello Stato delle risorse del Paese: per questo, divenuto Presidente, nazionalizzò i giacimenti di gas
naturale che, esportato, forniva consistenti entrate alle multinazionali del settore.
Esponente di quella sinistra che ha guidato l’America Latina nel primo decennio di questo secolo, insieme
all’ecuadoriano Rafael Correa ed al venezuelano Hugo Chávez, ha dato vita all’ALBA, alternativa all’ALCA, promossa
dagli Stati Uniti.
«Bisogna pensare – ha scritto – a modelli diversi di società rispetto al capitalismo. Non è accettabile che nel XXI
secolo alcuni Paesi e multinazionali continuino a provocare l’umanità e cerchino di conquistare l’egemonia sul
pianeta. Sono arrivato alla conclusione che il capitalismo è il peggior nemico dell’umanità perché crea egoismo,
individualismo, guerre, mentre è interesse dell’umanità lottare per cambiare la situazione sociale ed ecologica del
mondo.»
Candidatosi alla presidenza per la prima volta nel 2002, ottenendo il 20% dei voti, si ripresentò nel 2005,
conquistando la massima carica dello Stato. Ricandidato nel 2009 e nel 2014, perse però il referendum popolare
indetto per emendare la Costituzione: la proposta di modifica prevedeva che il Presidente della Repubblica potesse
ripresentarsi indefinitamente alle elezioni.
Il 57% dei votanti si oppose, per cui è verosimile che Morales lasci ilpotere nel 2019, salvo nuove modifiche alla
legge fondamentale.
Miguel Juan Sebastián Piñera Echenique, 69 anni, è sotto molti aspetti l’esatto opposto del suo collega boliviano:
uomo politico di destra, imprenditore, ex proprietario del canale televisivo Chilevisión e del 27% della compagnia
aerea LAN Airlines, è uno degli uomini più ricchi del Cile: secondo la rivista Forbes il suo patrimonio
ammonterebbe ad oltre 1,2 miliardi di dollari.
Già capo di Stato cileno fra il 2010 ed il 2014, è tornato alla Moneda lo scorso 11 marzo per un secondo mandato
che si concluderà nel 2022.
Dopo aver fatto studi di economia in patria e negli Stati Uniti, Piñera fu un sostenitore del regime di Pinochet
(1973-1990), salvo poi prenderne le distanze. Senatore di centro-destra, si candidò alla Presidenza della
Repubblica nel 2005, ma fu sconfitto da Michelle Bachelet, socialista,che guidò il Paese due volte (2006-2010 e
2014-2018). Si è ripresentato nel 2009 e nel 2017 ottenendo la carica.
Fautore d’un accentuato liberismo e di un ridimensionamento della presenza dello Stato in economia, Piñera ha
dimostrato tuttavia notevole pragmatismo nella gestione delle questioni ordinarie.
Questo, forse, è il tratto comune dei due presidenti che potrebbe portare presto o tardi all’appianamento della
vertenza con reciproca soddisfazione.
PIER LUIGI GIACOMONI