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KENYA. PRIMA LA SICCITA’, POI ALLUVIONI!
(11 Maggio 2024)

NAIROBI. In Kenya, prima mesi di siccità, poi inondazioni provocate da piogge eccezionali cui si devono esondazioni di fiumi, crollo di dighe e ponti, devastazioni nelle innumerevoli baraccopoli che circondano la capitale e le altre principali città.

Secondo un bilancio provvisorio, diffuso nei giorni scorsi dalle autorità, almeno 550 persone han perso la vita, 2 milioni son sfollate dalle loro abitazioni.

Il presidente della Repubblica William Ruto ha decretato lo stato d’emergenza in 18 contee su 47 e la chiusura delle scuole a tempo indeterminato: peraltro, diversi istituti d’istruzione sono invasi dalle acque e non sono agibili.

Problemi analoghi si registrano anche in Tanzania (155 morti), Uganda, Burundi e Ruanda: i meteorologi temono che la situazione non tornerà alla normalità prima di diverse settimane, col risultato che danni e vittime non faranno che aumentare.

Quando poi cesseranno le piogge, ci sarà il rischio che scoppino epidemie, causate, ad esempio, dalla decomposizione delle carcasse degli animali morti.

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COLPEVOLE, EL NIÑO!

Secondo alcuni esperti, il colpevole, sia della siccità, che delle piogge torrenziali, è El Niño, cui fatalmente seguirà La Niña.

Questo fenomeno meteorologico, riscaldando l’acqua dell’Oceano Pacifico, influisce sul clima dell’intero pianeta: qua provoca piogge eccezionali, là siccità interminabili, come nell’Africa meridionale.

Reena Ghelani, assistente del segretario generale dell’ONU, delegata per le crisi climatiche, dice che attualmente circa 40-50 milioni di persone sono colpite da questa emergenza in almeno 16 Paesi.

Per l’IMO (Organizzazione Meteorologica Internazionale) El Niño 2023-2024 è uno dei cinque più potenti degli ultimi decenni.

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IMPREPARAZIONE

Detto che in Africa orientale il periodo che va da marzo a giugno è quello delle “grandi piogge”, mentre da ottobre a dicembre hanno luogo le “piccole piogge”, eventi attesi dalle popolazioni che sperano che l’acqua rivitalizzi l’agricoltura e favorisca i raccolti, ciò che sta accadendo ha però dei risvolti drammatici sotto diversi aspetti:

• in primo luogo, come già detto, si teme l’esplodere di epidemie: «In molte parti del Kenya – dice a linkiesta.it il dott. Antonio Melotto di World Friends – non esistono impianti di fognatura. Con le inondazioni è facile che l’acqua si mescoli ai liquami e trasmetta i batteri che provocano malattie come il tifo e il colera».

• In secondo, l’assetto urbanistico, ad esempio di Nairobi, fa sì che chi paga il prezzo più alto di queste inondazioni sono i poveri più poveri: la capitale kenyana, infatti, è costruita su dei colli, come Roma, e le baraccopoli sorgono nelle vallate tra una collina e l’altra. di conseguenza, l’acqua si riversa sulle povere casupole fatte di lamiera e cartoni.

Il governo ha ordinato alla popolazione delle bidonville d’abbandonare le proprie case e per far udire meglio la propria voce, ha mandato la polizia, munita di gas lacrimogeni, per indurre gli abitanti a spostarsi, ma questi non sanno letteralmente dove andare, tenuto conto che ovviamente temon di perder tutto, anche quelle poche cose che son riusciti a salvare.

• in terzo, le piogge torrenziali di queste settimane han messo in evidenza l’impreparazione dei governi della regione di fronte ai fenomeni climatici estremi.

Human Rights Watch (HRW), ad esempio, definisce inadeguate le misure prese dall’esecutivo che non ha saputo prevenire gli eventi estremi, malgrado gli avvertimenti emessi dal Dipartimento meteorologico kenyano.

Il Presidente Ruto ha promesso che per combattere il riscaldamento globale saranno piantati nuovi alberi.

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IL DIBATTITO

Tra gli esperti è in corso il dibattito se le inondazioni, provocate dalle piogge catastrofiche, siano causate dalla crisi climatica conseguenza dell’emissione nell’atmosfera dei gas serra o se dipenda da fattori locali come lo IOD (Indian Ocean Dipole), ossia una circolazione delle acque di quel mare che porta quelle più calde verso le coste orientali dell’Africa.

Secondo il World Weather Attribution (WWA)che ha pubblicato uno studio sulle “piccole piogge” del 2023, queste hanno avuto un’intensità doppia, causata dall’aumento di 1,2 gradi centigradi delle temperature medie, conseguenti all’uso dei combustibili fossili.

Inoltre, questi fenomeni estremi son sempre più frequenti e gravi, circostanza che mette a rischio la capacità dei governi e delle organizzazioni umanitarie di far fronte alle continue emergenze.

Dal canto suo, l’IPCC, l’istituzione delle Nazioni unite che studia la scienza del clima, afferma che il riscaldamento globale riduce il volume complessivo delle piogge in Africa orientale, ma l’intensità e la frequenza degli eventi estremi aumenta, perché un’atmosfera più calda trattiene più umidità e accumula più energia: in sostanza, cade meno acqua, ma quella che vien giù è più violenta e devastante.

Per questo, a Nairobi, il 29 aprile, i capi di governo africani, riuniti in un vertice, hanno chiesto all’IDA (International development Agency) della Banca mondiale, di stanziare almeno 120 miliardi di dollari per proteggere le proprie economie dal cambiamento climatico.

PIER LUIGI GIACOMONI

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