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ITALIA. 75 ANNI FA NASCE LA REPUBBLICA
(4 Giugno 2021)

ROMA. «La repubblica d’Italia si può dire sia nata con le prime luci dell’alba
di oggi. Fino a tarda notte infatti il distacco tra le parti in lotta era
di poche centinaia di migliaia di voti, tanto che si delineava vivissima
la preoccupazione per lo stato di disagio che avrebbe determinato nella
corrente soccombente la stretta misura della sconfitta.
Ma dopo la mezzanotte, sono giunti i dati relativi ad altri milioni di
votanti e la tesi repubblicana si avvantaggiava. Benché il Ministero dell’interno
tentasse di mantenere segreta la cosa, come sempre accade ben presto essa
trapelava in alcuni ambienti politici. Solo oggi apprendiamo che di tali
dati veniva data, nella notte stessa, privata comunicazione al Quirinale.
Ivi si prendeva atto che la partita era ormai perduta per la causa monarchica
in quanto il distacco non avrebbe potuto essere colmato dagli scrutini
non ancora conosciuti. I dati pervenuti facevano poi scomparire un’altra
grande preoccupazione, quella cioè che il Nord fosse tutto orientato verso
la repubblica mentre il mezzogiorno lo era tutto verso la monarchia. In
realtà monarchici e repubblicani erano distribuiti in tutte le regioni.
Poco prima che l’alba spuntasse sono cominciate a circolare una ridda di
voci e di false informazioni che sono poi continuate con un crescendo impressionante
fino a stasera, malgrado una serie di diffide da parte dell’on. Romita (Ministro dell’Interno [NDR]).
[…] Il Ministro [dopo aver comunicato i risultati, NDR] ha detto che in questo momento non c’è né monarchia né repubblica,
ma soltanto l’Italia.»
(da La Nuova Stampa, 6 giugno 1946)

Il 2 giugno 1946, dunque, nasce la Repubblica: quel giorno al popolo spetta prendere una grave decisione: confermare la fiducia alla monarchia dei Savoia o negargliela, mutando la forma dello Stato: è il referendum istituzionale che prelude alla scrittura d’una nuova Costituzione.

Per questo, tutti i cittadini adulti, uomini e donne, vanno alle urne per tracciare una croce o sul simbolo della monarchia o su quello della repubblica: 12.717.923, cioè il 54,26% scelgono questa, mentre 10.719.285, pari al 45,74%, optano per quella.

Le posizioni dei partiti sono variegate: Pci, Psi, Partito d’Azione, Pri sono per la Repubblica,
Pli, Fronte dell’Uomo Qualunque (diretto da Guglielmo Giannini) e Partito democratico italiano (monarchico) sono per la Monarchia; la
Dc lascia libertà di coscienza ai suoi elettori; pochi giorni prima dei comizi elettorali, Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, dichiara la sua personale preferenza per la Repubblica.

il 13 giugno seguente, nel suo messaggio di congedo prima di recarsi in esilio in Portogallo dove trascorrerà il resto della vita, Re Umberto II rivolge alla nazione parole solo in parte di pace:

«Mentre il paese da poco uscito da una tragica guerra, vede le
sue frontiere minacciate e la sua stessa unità in pericolo,[1] io credo mio
dovere – dichiara – fare quanto sta ancora in me perché altro dolore ed altre lacrime
siano risparmiate al popolo che ha già tanto sofferto.
Confido che la magistratura, le cui tradizioni di indipendenza e di libertà
sono una delle glorie d’Italia, potrà dire la sua libera parola; ma, non
volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice dell’illegalità
che il governo ha commesso, io lascio il suolo del mio paese, nella speranza
di scongiurare agli italiani nuovi lutti e nuovi dolori.
Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della patria, sento il
dovere, come italiano e come re, di elevare la mia protesta contro la violenza
che si è compiuta: protesta nel nome della corona e di tutto il popolo,
entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino
deciso nel rispetto della legge e in modo che venisse dissipato ogni dubbio
e ogni sospetto.
A tutti coloro che ancora conservano la fedeltà alla monarchia, a tutti
coloro il cui animo si ribella all’ingiustizia, io ricordo il mio esempio,
e rivolgo l’esortazione a voler evitare l’acuirsi di dissensi che minaccerebbero
l’unità del paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri
e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace.
Con l’animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto
ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia patria.
Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al re, non da quello verso
la patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso
tante durissime prove.
Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d’Italia ed il mio
saluto a tutti gli italiani. Qualunque sorte attenda il nostro paese, esso
potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli.

Le parole del sovrano uscente, al di là delle intenzioni, avrebbero potuto provocare nuovi disordini o anche una guerra civile, ma la strada tracciata dal voto di 75 anni si definisce in poche settimane: il 18 la Corte di Cassazione proclama l’esito ufficiale del plebiscito ed il 28 la nuova assemblea costituente elegge Enrico De Nicola come primo Presidente della Repubblica.

L’Art. 139 della Costituzione, emanata il 27 dicembre 1947 proclama: «La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione
costituzionale.» Malgrado ciò un partito monarchico continuerà a presentarsi alle elezioni almeno fino agli anni 70 ed alcuni gruppi di nostalgici del vecchio regime alimenteranno dubbi sulla trasparenza del voto di 75 anni fa.

***

MONARCHIE E REPUBBLICHE.

Il 900 del resto è il secolo in cui la forma repubblicana dello Stato si afferma quasi dovunque: sui quasi 200 Stati oggi indipendenti la maggioranza si definisce repubblica, mentre le monarchie sono in netta minoranza.

I modelli di stato adottati sono molto diversi ed articolati.

Tra le repubbliche:

1. Abbiamo ad esempio, degli Stati che pur autodefinendosi Repubblica, sono in realtà dei regni: sono quelle situazioni dove il Presidente passa da una riconferma all’altra ed aspira a lasciar il potere al figlio primogenito: è accaduto già in togo, Gabon e Ciad e vent’anni fa in Siria;

2. Negli Stati Uniti e in quasi tutta l’America latina il Presidente è anche capo dell’esecutivo: il legislativo ha il compito d’esaminarne le proposte normative, ma il Capo dello stato può emanare decreti immediatamente operativi.

3. In Francia e in altri paesi europei il Presidente è eletto a suffragio universale e dispone di ampi poteri, ma coesiste con un Primo Ministro ed un gabinetto da questi scelto.

L’esecutivo è responsabile dinanzi al parlamento e può esser sfiduciato.

Normalmente, il Capo dello Stato francese dirige in prima persona la politica estera e di sicurezza, mentre il Premier e i ministri si occupano d’affari interni.

4. Infine, in Italia ed altrove il Presidente è eletto dal Parlamento ed ha poteri limitati, ma quando ve n’è necessità interviene nella scelta del Presidente del Consiglio dei Ministri e può decretare la dissoluzione delle Camere.

Poi ci sono alcuni esempi curiosi che meritano d’esser segnalati.

A. Nella Repubblica di San Marino ogni sei mesi sono eletti due Capitani Reggenti che presiedono governo e parlamento, come nei comuni medievali;

B. In Svizzera, il Presidente della Confederazione è uno dei sette membri dell’esecutivo (Consiglio Federale): il mandato presidenziale dura un anno ed alla fine generalmente gli succede il vice Presidente;

C. Nel Principato di Andorra vi sono due capi di Stato: il Presidente francese ed un vescovo residente in Spagna.

Le monarchie di oggi, dal canto loro, sono anch’esse assai diversificate:

1. In Arabia Saudita o nel Golfo persico, ma anche in Lesotho ed Eswatini (Africa meridionale) sopravvive l’istituzione della monarchia assoluta o semifeudale;

2. ci sono monarchie costituzionali dove il sovrano ha una funzione puramente rappresentativa e cerimoniale, come in Svezia, Norvegia e Danimarca, mentre in spagna e Belgio lo Stato da centralizzato, sul modello francese, è diventato quasi federale;

3. ci sono monarchie repubblicane, come quelle in cui il monarca delega le sue funzioni ad un governatore, come nel caso di Canada, Australia e Nuova Zelanda, dove Elisabetta II Windsor, Regina di Gran Bretagna, è virtualmente capo dello Stato, ma le leggi son firmate appunto da un suo rappresentante.

In Malaysia, infine, il re, eletto da un collegio di 9 sultani per un mandato di cinque anni, svolge le funzioni di Capo di Stato.

da ultimo, sussistono alcune situazioni curiose:

A. Il Papa cumula in sé due ruoli: quello di capo religioso per 1,3 miliardi di cattolici e di capo di un minuscolo Stato, il Vaticano.

Egli deve la sua carica ad un collegio di grandi elettori, circa 120 Cardinali, da lui stesso nominati che si riuniscono, quando o per morte o per rinuncia, la sede è vacante.

Nel Rinascimento tale procedura dava luogo a molta corruzione, mentre per secoli l’imperatore d’Austria poteva opporre il veto ad un nominativo non gradito.

Forse solo negli ultimi 150 anni il conclave è stato veramente libero d’eleggere il Pontefice.

B. In Africa, all’interno degli Stati postcoloniali, sussistono ancora monarchie tradizionali, retaggio dell’epoca precoloniale, come quella degli Zulu in sud Africa o degli Ashanti in Ghana. Esse sono dei potentati che condizionano le fragili costruzioni nate dopo la fine del predominio europeo nel continente.

C. Qua e là sussistono popolazioni che sembrano non avere alcuna forma di governo, come certe tribù dell’interno del Brasile o della Papua-Nuova Guinea, nell’oceano Pacifico.

Così come esistono popolazioni nomadi che si spostano in continuazione, per le quali lo Stato territoriale non ha nessun senso: per loro è importante raggiungere un luogo fornito di acqua e cibo per alimentare le mandrie di animali che allevano.

***

L’ANTICO E IL NUOVO.

Gli esseri umani, nei secoli, hanno scelto varie forme di governo: la città-Stato, l’impero centralizzato, la monarchia feudale, quella assoluta, la parlamentare, le federazioni, le confederazioni…

In alcuni momenti, magari anche molto brevi, è prevalsa una specie d’anarchia o di democrazia diretta, in specie in piccole comunità.

Per i Romani, dopo l’abbattimento dell’ultimo re, Tarquinio il superbo, è una bestemmia farsi incoronare sovrano, perciò Augusto si fa chiamare “principe” ed assume il titolo d’imperatore che appartiene alla gerarchia militare.

Le repubbliche medievali, i Comuni ad esempio, quando resistono alle forti tensioni provocate dalle continue lotte tra fazioni, prevedono un continuo ricambio ai vertici, mentre a Venezia l’oligarchia elegge un Doge (duca) che governa assistito da una molteplicità di organismi che ne controllano l’operato.

Quando qualcuno sembra travalicare gli spazi a lui consentiti, lo si depone o addirittura lo si decapita, come avviene nel 1355 a Marin Falier.

Nei secoli successivi il governo di uno solo è la forma di governo che almeno in Europa va per la maggiore: anzi i re, talvolta le regine, aspirano al titolo imperiale: così, nel 1914 la maggior parte delle potenze europee che si dichiarano guerra, l’una con l’altra, dopo il delitto di Sarajevo, sono degli imperi, connessi l’uno all’altro da legami di parentela: nel 1918, a guerra finita, il quadro è completamente mutato.

Gl’imperi son scomparsi, sono nate nuove forme di Stato, alcune effimere, altre più solide. Negli anni Trenta verrà l’epoca dei totalitarismi, una forma di dispotismo assolutamente nuova rispetto al modello tradizionale di dittatura personale.

Finita la seconda guerra mondiale, il mondo si divide in blocchi: da una parte ci sono le democrazie popolari, caratterizzate dal predominio d’un partito solo e da un modello economico basato sulla pianificazione e sulla collettivizzazione, dall’altra vi sono le democrazie pluraliste, fondate sulla libera concorrenza di diversi partiti, rappresentativi di ideologie ed opzioni socioeconomiche diverse, che concorrono aTtraverso il voto al governo.

In questi Paesi vige l’economia di mercato, ma anche uno stato sociale che assicura alcuni servizi essenziali come la sanità e l’istruzione, pagandoli mediante le imposte.

Il III millennio che stiamo vivendo e che si trova ad affrontare sfide assolutamente inedite, quali forme di Stato sceglierà?

Riuscirà la democrazia a resistere alle forti tensioni causate dalla galoppante trasformazione tecnologica in atto? Oppure si preferirà una forma di dittatura tecnocratica che per un certo lasso di tempo saprà dare risposte soddisfacenti ad una massa decisiva di popolazione?

Quali saranno gli effetti sugli assetti statuali generati dalla crisi pandemica e dal disastro socioeconomico da essa provocato?

Di più: per qualche anno si è pensato che la globalizzazione avrebbe cancellato gli Stati, creando delle entità sovranazionali che avrebbero concentrato nelle proprie mani le decisioni più importanti: oggi sembrano rinascere le patrie e pare che si voglia valorizzare le singole specificità locali contro la standardizzazione universale e ‘uniformità dei modi di mangiare e vestire.

Inoltre, le preoccupazioni per la salvaguardia dell’ambiente pone al primo posto dell’ordine del giorno il concetto di sostenibilità che alcuni decenni fa era completamente ignorato.

Quali forme di governo sapranno dar risposte a queste nuove esigenze che guadagnano sempre più terreno?

PIER LUIGI GIACOMONI

***

NOTA:

[1] Il Re fa qui riferimento sicuramente al movimento separatista siciliano, ancora attivo nel ’46, ma anche alla condizione di Trieste e dell’Istria. entrambi i territori sono all’epoca zone libere: la Iugoslavia le vorrebbe entrambe, così come l’Italia.

Alla fine, Trieste diverrà italiana, mentre l’Istria passerà sotto la sovranità di Belgrado.

Quando la Iugoslavia si dissolverà, la penisola istriana sarà suddivisa tra Slovenia e Croazia.

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