IL VANGELO DI OGGI
La vite
(28 aprile 2024)
VANGELO
Giovanni, cap. 15, Vv. 1-8
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
***
COMMENTO
Nel mondo antico, fin quasi alle soglie del XX secolo, quando l’agricoltura era l’attività prevalente dell’uomo, eran tre i momenti topici dell’anno: la mietitura, la vendemmia e la raccolta delle olive.
Se il raccolto era abbondante non vi era il rischio di fame; se invece le intemperie o le malattie delle piante ne pregiudicavano gli esiti, ecco comparire lo spettro della carestia.
Nei tempi antichi, poi, nessuno beveva acqua perché spesso era infetta e portatrice di malattie. Si beveva vino, almeno nei Paesi caldi: i romani l’avevano portato ovunque eran arrivati ed assieme all’olio e al pane eran cibi fondamentali per l’alimentazione.
Infatti quando mancava il pane scoppiavan le ribellioni: gl’imperatori romani lo sapevan bene. Due volte a settimana a Roma c’eran le distribuzioni gratuite alla plebe d’olio e di farina.
Quando qualcuno di questi cibi mancava nei magazzini dell’annona tirava brutta aria e i governi mobilitavan la polizia.
Anche Gesù, come tutti in Medio Oriente, beveva vino quando mangiava e in questo episodio, narrato da Giovanni, dimostra di sapere cosa facevan i coltivatori per produrne di più e di migliore.
A un certo punto dell’anno ne potavano i rami secchi per favorire la produzione d’uva.
I rami secchi diventavan legna da ardere sempre utile perché di notte faceva freddo e c’era bisogno di scaldar le povere case.
Questo lo spinge a dire appunto che i rami secchi finiscon nel fuoco, cioè vengon eliminati, mentre i buoni dan sempre più frutto.
E’ quanto accadrà quando dalla piccola comunità dei discepoli si passerà a gruppi sempre più ampi di fedeli: i rami buoni allora daran tanto frutto, tuttavia discepoli ed apostoli dovran lottare molto per potare i molti rami secchi o le erbacce che inquineranno il movimento cristiano.
PIER LUIGI GIACOMONI