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Il Pilastro di Bologna: la «citofonata» e chi ha fatto e chi no
(9 Febbraio 2021)

BOLOGNA. Pubblico qui di seguito la lettera che nei giorni scorsi ho inviato al quotidiano “Avvenire” e che è apparsa nell’edizione di oggi.

(DA AVVENIRE.IT – Martedì 9 febbraio 2021)

Scripta manent

Il Pilastro di Bologna: la «citofonata» e chi ha fatto e chi no

Gentile direttore,

da residente al Pilastro dal 1990 ho molto apprezzato il suo intervento di domenica 31 gennaio perché secondo me ha centrato alcuni aspetti della questione: niente processi in piazza a beneficio delle telecamere o colpire nel mucchio coinvolgendo persone che non c’entrano o che semplicemente sono imparentate coi presunti imputati, riaffermazione dei princìpi dello stato di diritto che è garanzia per tutti. Mi permetta qui di richiamare sinteticamente tre punti che mi paiono importanti:

1. nei quindici mesi in cui il senatore Salvini è stato ministro dell’Interno, nella città di Bologna non è arrivato nemmeno un agente di pubblica sicurezza in più rispetto al passato. Qualcosa è accaduto con l’avvento alla guida del Viminale del prefetto Luciana Lamorgese;

2. Il governo gialloverde ha bloccato per motivi misteriosi il “progetto periferie” che prevedeva investimenti per 18 milioni di euro: tale intervento è stato sbloccato col governo giallorosso. Tra gl’interventi previsti, la costruzione d’una caserma dei carabinieri al Pilastro che a questo punto avrebbe potuto essere già pronta e in esercizio, mentre è ancora in fase di costruzione;

3. c’è poi un problema più volte denunciato dal procuratore capo di Bologna, e da Walter Giovannini, ex procuratore aggiunto: la legge nazionale non consente di tener in custodia cautelare coloro che vengono arrestati per spaccio di stupefacenti. Spesso dopo pochi giorni di detenzione devono esser rilasciati. Occorre assolutamente che il Parlamento metta mano a questa normativa per dar credibilità all’intervento repressivo delle forze dell’ordine.
Vorrei concludere sottolineando che le indagini sui giri di spaccio richiedono molta discrezione e molto lavoro quotidiano che si svolge anche se non si vede: le scampanellate o le smargiassate possono mandar all’aria un lungo lavoro investigativo che si stava conducendo con discrezione. Per il resto, mi dico tutti i giorni che son felice d’esser un abbonato al quotidiano che lei dirige perché evita l’informazione urlata e prova a calarsi nelle realtà quotidiane che vive la gente in Italia e all’estero. È anche questo un modo per esser “fratelli tutti”.

Pier Luigi Giacomoni

Bologna

***

STORIA DI UNA LETTERINA.

Fin qui il mio testo, ma com’è nata questa letterina?

Nell’ultima decade di gennaio avviene un fatto importante: una coppia, padre e madre, che abita al Pilastro vien arrestata sotto l’accusa di spacciare stupefacenti. Sono le stesse persone cui aveva citofonato il Sen. Salvini, dietro suggerimento di qualcuno, durante la campagna per le elezioni regionali del 2020. quella scampanellata aveva fatto scalpore in tutta Italia e suscitato diverse prese di posizione e non poca satira.

Un anno dopo, le forze dell’ordine riescono ad assicurare alla giustizia la coppia che ora dovrà difendersi da accuse infamanti, ma l’operazione condotta dalla questura ha avuto degli strascichi perché sulla stampa locale e non solo sono scorsi gli abituali fimicelli di inchiostro.

I sostenitori di Salvini hanno detto che la polizia ha dato ragione al loro leader, gli avversari hanno rilevato che quella bravata non ha spostato d’una virgola il problema dello spaccio, ma ha solo ulteriormente infangato l’immagine del Pilastro, un rione dove vivono 10.000 persone che spesso vengon dipinte da una stampa troppo superficiale come residenti in un luogo infestato da malfattori e delinquenti.

Naturalmente non è questa la realtà per cui conviene tutte le volte che il giornalismo cade in queste banalizzazioni, intervenire affinché corregga il tiro.

Sull’onda del dibattito suscitato, Avvenire, il 31 gennaio, pubblica un bell’intervento del direttore marco Tarquinio a commento d’una lettera inviata da Federico Andreis, un lettore che chiede:

a un anno dalla citofonata di Salvini, sono stati arrestati per spaccio e detenzione di droga proprio gli inquilini a cui Salvini aveva fatto la fatidica domanda: «Scusi, lei spaccia?». Non crede che ‘Avvenire’ debba delle scuse alla madre a cui è morto il figlio per droga e che aveva indicato dove suonare? O il politicamente corretto prevede che non si possano scomodare stranieri che spacciano?

La risposta è precisa e pungente:

Gentile signor Andreis,

mi pare che lei conosca molto poco l’informazione rigorosa e le battaglie di opinione a viso aperto che ‘Avvenire’ conduce contro la droga, civilmente al fianco di coloro che su questo fronte si impegnano da sempre e di tante madri e tanti padri che non si rassegnano non solo alla morte fisica dei loro figli, ma prima ancora allo scempio della libertà e della bellezza nelle loro vite. Da quel che scrive sembra, poi, che lei non sappia che il segretario della Lega ed ex ministro dell’Interno Salvini con la famosa e famigerata ‘citofonata’ in uno stabile del quartiere bolognese del Pilastro non accusò di spaccio di droga «gli inquilini» di un appartamento, ma se la prese con un ragazzo allora minorenne. Nel recente sviluppo dei fatti grazie a un’operazione anti-droga dei Carabinieri, però, quel giovane non è coinvolto. Le persone colte in flagrante e arrestate sono infatti due adulti: i genitori del ragazzo allora accusato. Non si tratta di una versione in qualche modo addomesticata o edulcorata dell’accaduto, si tratta di fatti. Assai duri per i due arrestati.
Ma mi faccia capire: ha forse scritto la sua lettera per sostenere che le colpe dei padri e delle madri ricadono sui figli? O magari ritiene che la ‘colpa familiare’ sia concepibile almeno in casi come questi, per il solo fatto che toccherebbe persone di origine straniera? E mi faccia capire ancora: sarebbe un coraggioso atto ‘politicamente scorretto’ quello di intentare una sorta di processo di piazza a qualcuno – chiunque egli sia qualunque cosa abbia fatto – sulla porta di casa e in spettacolare favore di telecamere usando del proprio potere politico? Lei, ovviamente, è libero di rispondere ‘sì’ a queste domande, ma è tenuto anche a sapere che la sua posizione non sarebbe sostenibile né moralmente né legalmente. Se, poi, ci pensa appena un po’, potrebbe anche rendersi conto che è semplicemente da brividi l’idea di vivere in un Paese dove sia considerato accettabile, e venga da qualcuno accettato, che un uomo potente – chiunque egli sia, qualsiasi fede politica abbia – si presenti all’uscio di casa tua con codazzo di telecamere per farti il processo e, come si diceva un tempo, esporti al pubblico ludibrio. Posso sbagliarmi, ma mi sono fatto l’idea che il senatore Salvini, sebbene non abbia rinunciato a commentare (senza toni forti) la vicenda, oggi non ripeterebbe quel gesto.
Una piccola nota vorrei anche dedicarla a questo vezzo di cercare di giustificare mistificazioni, negazionismi, complottismi, teorizzazioni della giustizia-fai-date e bullismi vari (parolai e non solo) come espressioni di resistenza al ‘politicamente corretto’. Credo che sia il modo purtroppo più efficace per svilire e svuotare una locuzione nata per definire attitudini, intenzioni e concrete opzioni che sono in sé sane, addirittura benedette e spesso necessarie, ovvero quelle che portano a pagare un prezzo anche salato per rifuggire stereotipi e rompere la cappa dei cosiddetti ‘pensieri dominanti’ in società omologate e in sistemi oppressivi di diverso colore. Questa nobile ‘scorrettezza’ non ha nulla a che fare con operazioni propagandistiche, rischiosi semplicismi e mediocri calcoli.
I lettori sanno, infine, che sono uno di quei giornalisti che ritengono giusto chiedere scusa, se e quando sbagliano, ma stavolta non ho alcun motivo per scusarmi a nome mio e dei miei colleghi, anzi… Credo piuttosto che lei abbia buone ragioni per riflettere. E penso anche che dovrebbe informarsi meglio: la droga, grazie a Dio, non ha affatto ucciso un figlio alla signora bolognese che accompagnò Salvini davanti a quel citofono.

Da questo minidibattito è nato il mio intervento: son felice che Avvenire l’abbia pubblicato anche perché contiene dati di fatto che son sotto gli occhi di tutti.

PIER LUIGI GIACOMONI

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