I DESTINI DELLA SINISTRA
(21 Agosto 2018)
ROMA. Stamani, durante la trasmissione “Prima Pagina” di RAI Radio 3 un’ascoltatrice invocava la cacciata di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi dal PD, perché, secondo lei, finché loro due rimarranno in circolazione, non sarà possibile ricostruire la sinistra.
A parte il fatto che nessuno sa cosa sia la sinistra né in Italia né altrove, perché è da decenni che tutti parlano di quest’oscuro soggetto, ma nessuno in realtà saprebbe definirlo, sottomettere i destini d’un’ipotetica sinistra alle sorti personali di due personalità politiche è un ulteriore segno di debolezza.
Tra l’altro, anche in coloro che sostengono Renzi e Boschi, alberga diffusamente il sentimento che se venissero allontanate dal PD certe persone che negli anni del governo Renzi non han fatto altro che screditarne l’opera, il futuro della sinistra sarebbe migliore.
così, di espulsione in espulsione, si arriverebbe senz’altro ad un’atomizzazione della sinistra tale da renderla irrilevante per i prossimi secoli.
eppure, c’è stato un tempo in cui si voleva unire le diverse anime progressiste: cattolici, socialisti, comunisti, radicali, ambientalisti… per formare una grande coalizione capace di vincere e governare il Paese. Oggi, di fronte al governo grillo-leghista che sfrutta parole d’ordine care alla sinistra, salvo poi stravolgerne il senso, pare prevalere l’idea che sia meglio dividersi, in modo che ciascuno ritrovi almeno i suoi amici fidati con cui scaldarsi l’anima, curando il proprio orticello.
In questo senso non mancano esempi: qualcuno ha calcolato che in Italia ci sono 22 partiti comunisti, per non parlar delle centinaia di micromovimenti che su scala locale si interessano di diverse realtà, che, però faticano a collaborare fra di loro ed a coalizzarsi.
forse, aveva ragione la mia vecchia professoressa di filosofia che sosteneva che la sinistra non riesce a mettersi insieme, perché ha bisogno continuamente di sollevar dei problemi, mettere i puntini sulle I, tracciare dei distinguo. Alla destra, tutto questo, non interessa: essa ha il mito del capo, dell’uomo solo al comando e quindi appare più forte e coesa. Al momento sembra che anche questa sia la realtà del populismo stellato che pare marciar compatto come una falange macedone dietro i suoi capi visibili ed invisibili.
PIER LUIGI GIACOMONI