I BRICS CRESCONO
(25 Agosto 2023)
JOHANNESBURG. I BRICS crescono: dal 1° gennaio 2024 da cinque (Brasile, Cina, India, Russia, sud Africa) diverranno undici con l’ingresso nel club di Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran.
In realtà la fila per entrare tra gli emergenti dell’economia mondiale è lunga: prima del meeting di Johannesburg gli aspiranti eran 23. Sull’allargamento del gruppo c’era la contrarietà dell’India che teme l’espansionismo cinese. Probabilmente si è raggiunto un compromesso: si apre la porta a qualcuno, ma non a tutti coloro che vorrebbero.
BRICS, lo ricordiamo, è una sigla che racchiude in sé le iniziali dei cinque paesi emergenti che all’inizio del millennio parevano realizzare le migliori performance in campo economico.
Anche se nel frattempo qualche meccanismo si è inceppato, complessivamente le cifre sono importanti: i cinque attuali membri del gruppo rappresentano il 41% della popolazione mondiale, il 31,5% del PIL globale e il 16% del commercio planetario. coi sei di prossimo arrivo si passerà al 47% della popolazione planetaria ed al 36% del PIL globale, parola di Lula.
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GIGANTE COI PIEDI D’ARGILLA
I BRICS tuttavia son un gigante coi piedi d’argilla, sia perché tra loro esistono rivalità più o meno evidenti, sia perché le disparità sociali all’interno dei singoli membri sono dirompenti.
L’India, che in queste ore celebra l’atterraggio d’una propria sonda sulla superficie lunare, è un paese con almeno 800 milioni di poveri; la Cina è in recessione mentre non sono ancora chiari i contorni del crack di Evergrande che nei giorni scorsi ha dichiarato default.
In Sud Africa permangono le disuguaglianze del tempo dell’apartheid, mentre la Russia è un paria della comunità internazionale.
Anche il Brasile non se la passa bene: masse di poveri vivono ai margini della società mentre pochi ricchi spadroneggiano: si calcola che il 60% della popolazione viva al di sotto della soglia di povertà.
Vi è poi un gap democratico che l’ammissione dei sei nuovi membri approfondisce ulteriormente:molti dei BRICS son regimi totalitari (come Cina e Russia) e in futuro vi saranno monarchie semifeudali o regimi teocratici in cui si può morire perché non ci si copre il volto come vuol il clero.
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LA DEDOLLARIZZAZIONE
Una delle ossessioni dei BRICS attuali è la dedollarizzazione dell’economia mondiale. L’intento dei cinque è quello di ridurre la propria dipendenza dal dollaro statunitense come moneta internazionale di scambio nei commerci internazionali.
Attualmente tutte le commodities sono quotate in dollari e molti dirigenti dei BRICS temono che Washington utilizzi la propria valuta come mezzo di pressione sui governi del gruppo: «Ciò ha portato – SCRIVE al Jazeera – i Paesi Brics a cercare individualmente e collettivamente di ridurre la loro dipendenza dalla valuta statunitense, aumentando al tempo stesso il commercio bilaterale nelle proprie valute. Concordare sul fatto che qualcosa deve cambiare è una cosa, concordare su come lavorare insieme è un’altra. India e Cina sono bloccate in una situazione di stallo al confine dal maggio 2020. Nel frattempo, India, Sud Africa e Brasile desiderano relazioni cordiali con l’Occidente tanto quanto con Cina e Russia».
Peraltro, l’Argentina sembra alla vigilia d’una nuova dollarizzazione della propria economia, come già avvenuto negli anni Novanta, per fronteggiare l’iperinflazione che sta impoverendo la popolazione.
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DAI NON ALLINEATI AI BRICS
E’ dal 1955 che i paesi emergenti cercano una via per emanciparsi dalle grandi potenze: quell’anno, con la conferenza di Bandung, venne formato il movimento dei non allineati, che comprendeva quei paesi che non facevano parte né del blocco occidentale né di quello orientale.
Quell’associazione, che arrivò a comprendere più d’un centinaio di paesi di Africa, Asia ed America Latina, perse completamente credibilità quando fu chiaro che al suo interno vi si muovevano più o meno esplicitamente alleati di Washington o di Mosca.
Ora si cerca di ricreare qualcosa di simile giocando sul campo dell’economia e degli scambi internazionali, piuttosto che in quello dell’ideologia terzomondista. Però è difficile che paesi fragili economicamente e politicamente possano con una qualche efficacia opporsi ed imporsi su potenze come il G7, che starà attraversando anche momenti di difficoltà, ma che è pur sempre un agglomerato socioeconomico fin ad oggi dominante. Senza contare l’ambiguità della posizione cinese che da un lato è un’economia decisamente in ascesa, anche se poco trasparente, e dall’altro si atteggia a paese in via di sviluppo e non nasconde la propria ambizione d’esser l’egemone dei BRICS, così come in passato l’URSS s’atteggiava ad egemone dei non allineati.
Si vedrà nei prossimi anni se la retorica spesa in queste ore dai leader BRICS produrrà qualcosa o se alla fine farà la stessa fine di quella del movimento fondato circa settant’anni fa da Tito, Nasser e Nehru.
PIER LUIGI GIACOMONI