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HAITI. IL KENYA GUIDERA’ UNA MISSIONE DI PACE
(11 Ottobre 2023)

NEW YORK. Alla fine le Nazioni Unite ce l’han fatta: il Consiglio di sicurezza, approvando la risoluzione 2699, ha dato il via al Kenya affinché guidi una missione di pace che ristabilisca la sicurezza ad Haiti e prepari la strada a nuove elezioni a tutti i livelli.

Com’è noto dal 2021 a Port-au-Prince non c’è più un presidente, un parlamento, una magistratura. La capitale è in mano a decine di bande armate che fan il bello e il cattivo tempo, l’economia è al collasso e la gente, se può, scappa.

Il presidente kenyano William Ruto ha mosso mari e monti per convincer gli altri paesi, in particolare gli Stati Uniti, a dar il proprio consenso ad una nuova missione internazionale di peace keeping nel paese caraibico: infatti la risoluzione è stata accolta con 13 sì, nessun no e 2 astensioni, Russia e Cina.

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LA RISOLUZIONE 2699

In base al testo approvato, l’ONU affida al Kenya il compito di guidare una missione di sostegno e di sicurezza che avrà una durata d’un anno, ma che potrà esser prolungata.

La missione avrà lo scopo di sostenere la polizia haitiana nella sua lotta contro le bande criminali che infestano soprattutto la capitale del paese, Port-au-Prince, e spianare la strada ad elezioni di ogni ordine e grado appena le condizioni generali di Haiti lo permetteranno.

Dopo nove mesi dall’inizio dell’operazione dovrà esser presentata al Consiglio di Sicurezza una relazione che spieghi ciò che s’è fatto e quanto rimane da realizzare.

Tra i compiti della MSS vi sarà anche il controllo delle acque reflue affinché non si diffonda nuovamente ad Haiti il colera, causato dalla missione delle Nazioni Unite che tra il 2004 e il 2017 operò nel Paese.

Inoltre dovranno essere vietate le violenze sessuali che sarebbero avvenute sempre in quegli anni ad opera dei caschi blu.

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LE REAZIONI

Mentre il governo haitiano ha reagito facendo sfoggio di retorica, altri han manifestato preoccupazione per l’arrivo della MSS: Amnesty International ad esempio ha ricordato appunto le malefatte della precedente missione di peace keepers, rilevando tra l’altro che i caschi blu non fecero praticamente nulla per bloccare la diffusione delle gangs criminali, promosse da alcuni politici e finanziate col traffico di stupefacenti.

Inoltre c’è chi ritiene che il Kenya non abbia la preparazione giusta per affrontare la situazione haitiana e che possano avvenire scontri ancor più violenti tra criminali e soldati stranieri con la possibilità che a far le spese dei probabili conflitti sia ancor una volta la popolazione civile.

Anche i capi delle bande armate non han gradito la decisione presa dalle Nazioni Unite: il più potente fra loro
Jimmy Chérizier, detto Barbecue, ha avvertito i paesi che dovrebbero far parte di questa missione: «Combatteremo fino alla morte. Sarà una lotta del popolo haitiano per la dignità del paese», aggiungendo poi che le dimissioni del premier Ariel Henry,considerato da molti un fantoccio degli Stati Uniti, sistemeranno ogni cosa.

«La storia di Chérizier – scrive Nyaboga Kiage[1] – è emblematica del caos di Haiti. Ex ufficiale di polizia, ha acquisito una profonda conoscenza del territorio lavorando in varie parti del paese. Anche se i gruppi criminali, le forze di sicurezza locali e quelle straniere violano spesso i diritti umani, Chérizier ha fatto leva sul nazionalismo per consolidare la sua immagine di difensore della sovranità haitiana. Ha usato strategie di rivolta popolare, come bloccare un importante terminal di stoccaggio dei carburanti nella capitale Port-au-Prince. I costi legati a quell’attacco stanno compromettendo la capacità operativa del governo.»

Nel 2020 gli Stati Uniti han adottato sanzioni contro Chérizier, accusato d’esser il responsabile di un massacro avvenuto a Port-au-Prince due anni prima. Nell’assalto al quartiere di La Saline furon uccise almeno 71 persone, più di 400 case distrutte e almeno sette donne violate. Gli aggressori portaron via gli ostaggi dalle loro abitazioni, anche bambini molto piccoli, per poi sopprimerli ed abbandonar i loro corpi per strada.

Washington sostiene che “le bande reprimon il dissenso nelle zone della capitale dove è più forte l’opposizione al governo: l’obiettivo è crear instabilità e far tacer le crescenti richieste per un miglioramento delle condizioni di vita generali.

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KENYA. UN TRIBUNALE BLOCCA TUTTO

Comunque, quando sembrava che la spedizione kenyana stesse per prender il via un tribunale ha temporaneamente impedito al governo di dispiegare centinaia di agenti di polizia ad Haiti in una missione approvata dalle Nazioni Unite.

L’ordinanza emessa dalla corte vieta ai funzionari governativi keniani, tra cui il presidente e il suo ministro degli Interni, “di schierare agenti di polizia ad Haiti o in qualsiasi altro paese fino al 24 ottobre 2023”.

Secondo coloro che han presentato l’esposto, l’impiego degli agenti di polizia è “non solo insensato e irrazionale ma anche incostituzionale” perché solo l’esercito del Kenya può essere schierato fuori dal paese.

Nairobi si era detta disponibile ad inviare mille persone ad Haiti: alla missione han promesso di partecipare diversi Stati caraibici ed alcuni europei.

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RIAPRE LA FRONTIERA

Intanto, sul fronte dei rapporti tra Haiti e Repubblica Dominicana, dopo quasi un mese di chiusura, alle 8 del mattino (ora locale) dell’11 ottobre riapre la frontiera tra i due paesi e riprendono i traffici commerciali in andata e ritorno.

Il provvedimento di chiusura era stato adottato l’11 settembre dal Presidente di S. Domingo Luis Abinader che in un discorso aveva accusato gli haitiani d’infiltrarsi nel territorio del suo paese, soprattutto notte tempo.

Nel dettaglio, S. Domingo dispone nuove misure per accompagnare lo sblocco della frontiera con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza sulla linea di demarcazione, nella quale verranno creati corridoi commerciali provvisori che consentiranno l’esportazione di prodotti dalla Repubblica Dominicana ad Haiti.

Questi corridoi funzioneranno con rigorose misure di controllo militare e registrazione biometrica obbligatoria nelle province (confinanti) di Dajabón, Elías Piña, Independencia e Pedernales per facilitare il commercio di prodotti dominicani essenziali come cibo e medicine, soprattutto per i neonati.

L’esportazione di prodotti elettronici, cemento, barre e altri materiali da costruzione non sarà consentita per impedire la costruzione di strutture che minaccino il patrimonio ambientale dominicano.

E’ in ogni caso vietata l’immigrazione di haitiani nel paese vicino: a tempo indeterminato è sospeso il rilascio dei visti in ingresso.

Il governo dominicano ha attivato un fondo per finanziare un programma di meccanizzazione agricola per ridurre l’assunzione di lavoratori immigrati privi di documenti attraverso la Banca per lo sviluppo e l’esportazione (Bandex).

I consulenti legali han l’incarico d’elaborare un regolamento urgente sul funzionamento della Legge sui mercati di frontiera, per garantire elevati livelli di sicurezza.

Inoltre, verrà rafforzata la militarizzazione della frontiera per rendere ancora più difficile l’accesso al territorio dominicano per i membri delle bande che fuggono dalla forza multinazionale che sarà schierata nel paese quanto prima.

Queste decisioni arrivano pochi giorni dopo la riattivazione del canale La Vigía, sulla sponda dominicana del fiume, a monte della presa d’acqua sul versante haitiano che ha scatenato il conflitto idrico.
Col ripristino di tale infrastruttura “salviamo il corso del fiume Dajabón (conosciuto come Massacre ad Haiti), garantiamo acqua ai nostri produttori agricoli e preserviamo la biodiversità delle zone umide della laguna di Saladillo”, ha affermato un portavoce governativo.

La stampa haitiana ha criticato la mancata completa riapertura della frontiera affermando che in questo modo non si aiuta il paese ad uscire dalla sua molteplice crisi.

D’altra parte il presidente dominicano è in corsa per la rielezione e teme perciò di perder consensi se non si mostra abbastanza duro con gli haitiani.

PIER LUIGI GIACOMONI

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NOTA:

[1] N. Kiage, The Nation, Kenya, I poliziotti keniani contro le gang di Haiti, in Internazionale N. 1532, 6 Ottobre 2023.

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