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GIAPPONE. ABE SHINZO ASSASSINATO, TROPPO INFLUENTE IN POLITICA LA CHIESA DEL REVERENDO MOON
(3 Gennaio 2023)

TOKYO. L’8 Luglio 2022, pochi giorni prima che si tengano le elezioni per il rinnovo di metà della Camera dei Consiglieri, uno dei rami del Parlamento giapponese, cade vittima d’un attentato l’ex premier liberaldemocratico Abe Shinzo.

Il suo assassino? Un uomo la cui madre aveva sperperato tutte le sue sostanze, versandole nelle casse della Chiesa dell’Unificazione fondata dal reverendo coreano Moon.

Se in un primo momento sulla stampa giapponese si leggono articoli nei quali si manifesta dolore per l’accaduto, successivamente l’immagine stessa del politico ucciso vien ofuscata dai possibili legami tra Abe e la congregazione religiosa che, grazie alla connivenza di molti politici giapponesi, ha diffuso i suoi tentacoli nei gangli del potere a Tokyo.


IL DELITTO

Le cronache raccontano che mentre Abe sta tenendo un comizio preelettorale, un tizio, Yamagami Tetsuya, ex militare di 41 anni, spara due colpi con un’arma da lui stesso fabbricata: il primo proiettile va a vuoto, il secondo è letale.

Abe muore sei ore più tardi in ospedale: ha 67 anni e da due è un semplice deputato, però molto influente all’interno del Partito Liberaldemocratico (LDP), lo schieramento politico che dal 1955 governa quasi ininterrottamente in Giappone.


ABE SHINZO

BIOGRAFIA

Discendente da una dinastia che ha dato al sol Levante premier e ministri, da giovane non è interessato alla politica: nelle sue memorie racconta che, da bambino sognava di far il regista.

Considerato uno studente non particolarmente dotato, decide di non tentare l’esame d’ammissione alla prestigiosa Università di Tokyo, ateneo frequentato dal padre e da entrambi i nonni. Dopo aver trascorso un breve periodo in California (dove s’iscrive all’università senza mai conseguire la laurea), rientra in Giappone per lavorare da Kobe Steel, importante produttore d’acciaio.

Il nuovo impiego lo conduce a trasferirsi a New York per circa un anno, poi finalmente torna nella capitale giapponese. Qui si dimette da Kobe Steel, convinto dal suo stesso datore di lavoro nel 1982, per diventare segretario personale del padre, Shintaro, nominato Ministro degli Esteri nel gabinetto Nakasone.

Nell’87, sposa Matsuzaki Akie, ex DJ radiofonica di Shimonoseki: costei sarà una leale compagna fin alla fine, ma dimostrerà d’avere opinioni diverse rispetto a quelle del consorte soprattutto in materia di diritti della comunità LGBT+ e su quelli delle minoranze in genere.

Nel ’93, è eletto alla Camera dei rappresentanti, vincendo il seggio nel distretto di Yamaguchi, un tempo occupato dal padre; nel 2001, diventa vice-segretario di gabinetto del Premier Koizumi Junichiro (2001-06). Accompagnandolo spesso in diversi viaggi all’estero, si fa notare come uno dei giovani LDP più brillanti e preparati.

Eletto Presidente del LDP, è Primo Ministro (2006-07), ma è presto costretto a rassegnar le dimissioni, ufficialmente per ragioni di salute: fin da ragazzo soffre d’una colite ulcerosa che lo fa molto soffrire.

In realtà, il suo primo gabinetto è travolto da numerosi scandali: seguono gli anni del cosiddetto “ulivo giapponese”, quelli cioè in cui una coalizione di centro-sinistra sembra aver il consenso popolare per mandar all’opposizione i liberaldemocratici.

Dopo il fallimento però di quei governi, sommersi da scandali di mazzette, oltre che dall’incerta condotta di Tokyo dopo il terremoto e il susseguente incidente alla centrale di Fukushima (11 Marzo 2011), Abe torna in auge: vince le elezioni del 2012 e s’impadronisce del potere fin al Settembre 2020.

E’ uno dei periodi di governo più lunghi nella moderna storia giapponese, caratterizzata da frequenti cambi di premier anche se non di coalizione di maggioranza.

Il 26 Agosto 2020, infine, annuncia il suo ritiro definitivo, motivandolo col riacutizzarsi della colite ulcerosa che l’aveva indotto a farsi momentaneamente da parte nel 2007.

Anche in questo caso, tra i motivi reali della sua relativa uscita di scena, ci sono sia l’insoddisfazione per la condotta ondivaga seguita dall’esecutivo durante la fase acuta della pandemia, sia la crescente impopolarità delle imminenti olimpiadi, rinviate, causa Covid d’un anno, temute dalla popolazione per il possibile ulteriore diffondersi del morbo provocato dall’afflusso di atleti e pubblico nelle settimane delle gare.


LA POLITICA DI ABE

L’ABENOMICS

L’obiettivo centrale della politica di Abe qquando torna premier nel ’12 è il rilancio dell’economia giapponese dopo vent’anni e più di stagnazione. Lo schema è apparentemente semplice: l’Abenomics si basa su un criterio neokeynesiano: lo Stato mette in circolazione grandi quantità di denaro pubblico, finanzia opere infrastrutturali di cui il Paese ha bisogno, riduce la pressione fiscale alle imprese sperando che queste aumentino i salari, permettendo ai lavoratori d’aver maggior disponibilità di Yen.

Questo, da un lato avrebbe dovuto indurre i consumatori a spendere di più in beni di consumo e fatto crescere il PIL.

A tal fine, la banca centrale di Tokyo acquista titoli di stato fermi nei caveaux degli istituti di credito privati per un valore di 13 mila miliardi di Yen; il governo diminuisce le imposte alle imprese, vara piani per un rinnovamento delle infrastrutture nazionali, ma le aziende non incrementano i salari E molti impieghi rimangon precari.

Così non si realizza un altro obiettivo della politica di Abe: far ringiovanire la popolazione nipponica. Le coppie in grado d’avere figli infatti non sono indotte a procreare perché il lavoro è insicuro.

Tokyo dovrebbe aprire le porte all’immigrazione, per fronteggiare la mancanza di manodopera in diversi settori, ma è nota la riluttanza del governo imperiale a facilitare l’afflusso di Gastarbeiter dai vicini asiatici, anche se negli ultimi anni è stato relativamente facilitato l’ingresso nel Paese di stranieri.

«La vera lezione – scrive Bill Hemmott[1] – è che un’aggressiva espansione monetaria non basta: alza il prezzo delle azioni e rende più sostenibile un ingente debito pubblico ma non rende più produttiva l’economia né innalza il livello di vita. Quello che sarebbe servito, oltre all’espansione monetaria, sarebbe stato l’intervento diretto per aumentare i salari, riforme per ridurre il precariato, pubblici investimenti mirati ad aumentare la produttività  e forti incentivi per gli investimenti della grande industria.

Nulla di tutto ciò è accaduto.»

Tobias Harris[2] è meno critico:

«Abe e i suoi giovani compagni conservatori negli anni ’90 videro l’opportunità di “rompere col regime del dopoguerra”. I nuovi conservatori volevano imporre profondi cambiamenti nell’apparato statale, rafforzare il ruolo del Primo Ministro che fin a quel momento era poco più d’un “primus inter pares” tra i ministri; […] Volevano, inoltre, limitare il potere della burocrazia e dei backbenchers, parlamentari spesso interessati solo a strappar finanziamenti pubblici a beneficio dei propri collegi elettorali.

Solo dopo la prima esperienza governativa conclusasi con delle dimissioni che sembravano avviare verso i titoli di coda la carriera politica di Abe, questi comprese che al suo progetto politico mancava un tassello importante: una politica economica che facesse uscire il Giappone dalla lunga stagnazione in cui si trovava dalla fine degli anni Ottanta.

Così, consigliato da un gruppo di economisti non ortodossi varò la cosiddetta “Abenomics”. […] Questo complesso programma è stato un tentativo serio, sostenibile e flessibile per far uscire il Giappone dalla recessione: un programma espansivo, purtroppo, non privo di contraddizioni e non sempre coronato da successo, ma che comunque segnala una maturazione del pensiero di Abe.

Grazie ad Abenomics, che per lo meno ha ribaltato anni di salari stagnanti, son aumentati i profitti aziendali, le entrate fiscali e i flussi turistici a livelli record e si è ridotta la disoccupazione ai minimi storici.

Purtroppo – conclude Harris – i risultati da essa raggiunti son stati oscurati dalla pandemia, che ha fatto crollare i profitti e messo in evidenza i limiti delle riforme attuate.»


NAZIONALISMO ED ESPANSIONISMO

Un altro aspetto non secondario degli otto anni di governo di Abe Shinzo è un accentuato nazionalismo e il desiderio di ridare al giappone un ruolo di preminenza nell’area indopacifica.

Abe vorrebbe modificare l’art. 9 della costituzione imposta dagli americani, ma non riuscendovi, a causa delle forti opposizioni emerse sia in parlamento che presso l’opinione pubblica, ottiene dalle Camere l’adozione d’una serie di leggi che permettono la creazione del Ministero della Difesa, al posto dell’Agenzia nazionale che sovraintendeva in precedenza all’apparato militare ed invia le truppe nipponiche in diverse missioni all’estero, anche in zone di combattimento, a fianco degli alleati del Sol Levante.

Inoltre, in diverse occasioni, sia il Premier che i suoi ministri si recano nel santuario di Yasukumi dove sono tumulate le salme di criminali di guerra giudicati colpevoli dopo la guerra del 1937-45: in occasione del 70o anniversario della fine dell’ultima guerra (Agosto 2015), per esempio, Abe nel suo discorso, da un lato, utilizza tutte le quattro parole fondamentali della “dichiarazione Murayama” (1995): aggressione, profondo rimorso, scuse e dominio coloniale; sottolinea che mai più si deve ricorrere alla guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, assicurando che il Giappone resterà ancorato ai valori fondamentali di democrazia, libertà e diritti umani, anche con la nuova politica di «contributo pro-attivo alla pace». Dall’altro però non affronta direttamente la questione delle “donne-conforto” (costrette a prostituirsi in favore dei soldati imperiali), rilevando solo in generale le grandi sofferenze delle donne a causa della guerra, anche nel loro onore e dignità ed aggiunge: «le future generazioni, che nulla hanno a che fare con quanto successo ormai molti decenni fa, non dovrebbero continuare a doversi scusare per ciò che non han commesso.»

In un altro intervento dichiara che non è giusto che il Giappone sia costretto a provare rimorso in eterno per quanto accaduto negli anni di guerra.

Una serie di prese di posizione che ovviamente inquietano fortemente i vicini del sol Levante in cui è ancora viva la memoria per le molte atrocità perpetrate dall’esercito di Tokyo tra gli anni 30 e 40 del Novecento.

Del resto, il defunto ex premier è un fervente nazionalista, anzi per Jake Adelstein[3] da tempo ha adottato un’agenda politica simile a quella di Donald Trump. «Era un populista – scrive – che sfruttava il razzismo e la paura del cambiamento per consolidare il suo potere personale in seno all’LDP. Per questo aveva aderito a Nippon Kaigi, una setta shintoista molto conservatrice che si è rapidamente trasformata in una fazione interna al partito. Abe in questo modo ha condotto un’operazione politica simile a quella realizzata da Trump che ha creato una forte coalizione di destra in seno al Partito Repubblicano, includendovi il Tea Party ed altri gruppi d’estrema destra.»

Se ciò è vero, la linea adottata negli anni dell’amministrazione Abe è coerente con le rivendicazioni della destra giapponese che mira a ricollocare Tokyo in una posizione di supremazia nell’area indopacifica in chiave anticinese.


IL DOPO ABE

Se in un primo momento l’assassinio dell’ex premier provoca un moto di ripulsa nell’opinione pubblica giapponese di cui si fanno interpreti i media, l’emergere di una realtà rimasta per decenni sottaciuta, muta il quadro generale. In Giappone, si scopre, fin dagli anni 50 la chiesa dell’Unificazione guidata dal coreano Moon ha acquisito una grande influenza che ne ha condizionato le scelte in politica interna ed estera.

A un mese dalla sua morte, incassato il successo nelle elezioni senatoriali, il premier Kishida Fumio licenzia dal governo i ministri compromessi con questa sètta.

«L’uomo indagato per l’omicidio dell’ex primo ministro giapponese Abe Shinzo – scrive Asahi Shinbun[4] – ha detto di aver agito spinto dall’odio per la Chiesa dell’unificazione. Da allora i rapporti tra questa organizzazione, fondata in Corea del Sud negli anni cinquanta dal reverendo Sun Myung Moon, e il Partito liberaldemocratico giapponese (LDP), di cui Abe era un esponente ancora molto potente, stanno diventando più chiari.

Le interviste a parlamentari ed ex parlamentari del LDP e a persone vicine alla Chiesa dell’Unificazione, oggi chiamata Federazione delle famiglie per l’unità e la pace nel mondo, rivelano che le relazioni tra il partito e l’organizzazione vanno avanti da più di mezzo secolo. Tra le persone coinvolte ci sono alcuni dei principali leader del partito che governa il Giappone quasi ininterrottamente dal dopoguerra, tra cui Kishi Nobusuke, primo ministro tra il 1957 e il 1960; Abe Shintaro, ministro degli esteri negli anni ottanta; e Abe Shinzo, il primo ministro giapponese rimasto in carica più a lungo. Kishi e Abe Shintaro erano rispettivamente il nonno e il padre dell’ex premier ucciso a luglio.
Secondo le fonti intervistate, la Chiesa dell’unificazione, anticomunista, è particolarmente vicina a una corrente di destra del LDP, nota come Seiwakai, guidata alla fine degli anni ottanta da Abe Shintaro e, per un breve periodo fino alla sua morte, anche dal figlio Shinzo. Sembra che organizzazioni affiliate alla Chiesa dell’unificazione abbiano sostenuto i candidati del LDP nelle campagne elettorali, ricambiate dai leader del partito.»


LA CHIESA DELL’UNIFICAZIONE

La Chiesa dell’unificazione (o Associazione Spirituale per l’Unificazione del Mondo Cristiano) è un movimento religioso coreano fondato dal Reverendo Sun Myung Moon nel 1954: conosce una certa notorietà mondiale soprattutto negli anni 70 e 80 del 900 quando fonda diverse sedi in tutto il mondo, in particolare la sua presenza diviene significativa negli Stati Uniti dove Moon ha anche diversi interessi economici: a un certo punto si compra il giornale the Washington Times che diviene un punto di riferimento dell’opinione pubblica di destra.

Nel ’96 Moon cambia il nome dell’organizzazione da lui guidata in Federazione delle Famiglie per l’Unità e la Pace nel Mondo, mantenendo tuttavia inalterati i connotati religiosi che la caratterizzano fin dal suo sorgere.


LA DOTTRINA

La Chiesa dell’Unificazione si presenta come un movimento vagamente cristiano, ecumenico, missionario, di redenzione dell’umanità (“restaurazionista”) attraverso la realizzazione della “famiglia ideale”, centrata su Dio.

La sua teologia, pur presentando riferimenti biblici, richiama in modo ampio il confucianesimo coreano e il Ceondoismo (una fede autoctona sorta nell’Ottocento in Corea, il cui nome significa religione della via celeste).

Base di tutto il sistema di credi su cui si fonda la chiesa del Rev. Moon è contenuta nel testo composto da lui stesso intitolato Esposizione del Principio Divino, pubblicato nel 1957, considerato testo sacro dagli adepti di questa fede.

Nel volume si delinea il concetto di Principio Divino: Dio ha creato per amore gli uomini e l’universo; la sua natura è duale: in lui c’è l’elemento maschile ed anche quello femminile; questi due elementi sono presenti in tutto l’Universo, per questo, per i fedeli dell’Unificazione è fondamentale unirsi in matrimonio.
(celebri sono gli sposalizi di massa celebrati in Corea ed altrove dal rev. Moon).

L’essere umano (maschio e femmina) è creato “per portare gioia a Dio, realizzando le ‘tre benedizioni che Egli diede loro in Genesi 1,28”: «Dio li benedisse [uomo e donna] e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra».[5]

Tuttavia, sia l’uomo che la donna peccarono e si ruppe con ciò l’armonia creata da Dio: questi allora mandò sulla Terra Gesù Cristo per ristabilire l’equilibrio infranto, ma la sua crocifissione creò ulteriori sofferenze anche allo stesso Dio.

Occorre perciò ristabilire l’armonia creando coppie perfette che costruiscano comunità perfette.


IL REVERENDO MOON

Sun Myung Moon, nato col nome di Mun Yong-myeong, il 25 febbraio 1920 e morto il 3 settembre 2012, oltre che fondatore della Chiesa dell’Unificazione ha ricoperto anche la carica di Presidente dell’Universal Peace Federation.

Per espandere l’influenza del suo credo,ha preso contatto con molti leader politici soprattutto di destra. Da questa scelta di campo deriverebbe la forte influenza che la Chiesa dell’Unificazione ha avuto in giappone prevalentemente nel Partito Liberaldemocratico.

Oggi, la Chiesa dell’Unificazione è presente in tutto il mondo, ma la sovraesposizione raggiunta negli anni Ottanta del XX secolo è ormai un ricordo del passato: i dirigenti dell’organizzazione han scelto un profilo più basso, rispetto a quando Moon era vivo e attivo.

PIER LUIGI GIACOMONI


NOTE:

[1] B. Emmott, Abe, il Giappone e il tramonto di un modello, La Stampa, 29 Agosto 2020;
[2] T. Harris, How Shinzo Abe Changed Japan, foreignpolicy.com, 8 Luglio 2022)
[3] J. Adelstein, ONE PARTY MAN, www.thedailybeast.com, 8 Luglio 2022;
[4] Asahi Shinbun, GIAPPONE Legami imbarazzanti per il partito di governo, Internazionale N. 1475, 26 AGOSTO 2022;
[5] Genesi, cap. 1, v. 28, in La bibbia CEI.

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