IL GABON HA RIELETTO PRESIDENTE ALI BONGO ONDIMBA
(3 Settembre 2016).
LIBREVILLE. Ali Bongo Ondimba, 60 anni, è stato rieletto alla presidenza della Repubblica gabonese per un altro
mandato di sette anni.
Con questo risultato, il clan dei Bongo prolunga un potere “monarchico” che dura da quasi cinquant’anni, da quando
il padre del Capo dello Stato uscente, Omar Bongo divenne leader nel 1967.
I risultati. La proclamazione dei risultati è avvenuta dopo molte incertezze ed un black out informativo durato
giorni: mercoledì 31 agosto il ministro dell’Interno Pacome Moubelet Boubeya ha reso note le cifre definitive:
Ali Bongo ha conquistato la Presidenza della Repubblica col 49,80% dei voti contro il 48,23% andato allo sfidante
Jean Ping. Complessivamente il divario fra i due contendenti è stato di sole 5.594 schede.
Da parte sua, Jean Ping, leader dell’Unione delle forze per il cambiamento e già capo della Commissione dell’Unione
Africana,ha contestato l’esito del voto, proclamandosi vero vincitore della consultazione ed ha annunciato che farà
ricorso affinché vengano riesaminate le schede elettorali, sostenendo che in diverse parti del Paese vi sono stati
brogli.
Ad esempio, nella provincia dell’Haut-Ogooue, territorio dei Batéké, l’etnia da cui proviene Ali Bongo Ondimba, il
presidente ha ottenuto il 95,5% dei voti con un’affluenza alle urne pari al 99,9%.
Anche l’Unione Europea, tramite Lady Pesc Federica Mogherini ha chiesto al Gabon risultati credibili e il
riconteggio dei voti per ciascuno dei seggi elettorali.
Libreville ha replicato che una simile eventualità non è prevista dalle leggi vigenti nel Paese.
I disordini. Alla pubblicazione dei risultati, hanno fatto seguito scontri in tutto il Paese, con due morti a
Libreville, dove i manifestanti hanno incendiato la sede dell’Assemblea nazionale.
Le forze di sicurezza hanno reagito brutalmente, prendendo d’assalto
il quartier generale di Jean Ping, causando numerosi feriti e la situazione rimane tesa perché all’interno
dell’edificio vi sono detenute illegalmente ventisette persone che sono state sequestrate dalla gendarmeria.
I 27 chiedono a Barack Obama, François Hollande, Ban Ki-moon e Federica Mogherini di esercitare pressioni sulle
autorità gabonesi affinché mettano fine al loro sequestro arbitrario.
In un appello scritto denunciano le condizioni della loro detenzione:
siamo «trattati come bestie» in «una promisquità totale ed umiliante,
nutriti in modo sommario».
Una situazione difficile anche perché all’interno dell’edificio vi sono persone malate.
Fuori, all’indomani della rielezione di Ali Bongo Ondimba alla testa dello Stato, Libreville porta le stigmate
d’una notte assai movimentata: case incendiate, negozi svaligiati, vetrine infrante.
Al fine di riportare la calma, il governo ha disposto la chiusura dei pubblici uffici fino a lunedì, decretando
quindi tre giorni di vacanza.
Ancora una volta un Paese dell’Africa rischia di precipitare in un post elezioni sanguinoso; ancora una volta, un
uomo politico vuol vincere una consultazione elettorale a tutti i costi anche in modo fraudolento.
Del resto, la reputazione della famiglia Bongo è nota in tutta l’Africa.
Albert Bernard Bongo, che cambiò nome nel 1973, in seguito alla conversione all’Islam, sotto la protezione
francese, ha fatto per quarant’anni in Gabon, e non solo, il bello ed il cattivo tempo.
Regolarmente rieletto alla Presidenza, resse il Paese col pugno di ferro non permettendo all’opposizione
d’esprimersi.
Molti dei suoi colleghi africani son stati rovesciati con colpi di Stato e rivoluzioni più o meno sanguinose: lui è
rimasto al potere fino alla morte, avvenuta nel 2009.
A quella data, suo figlio prese il suo posto, vincendo in modo dubbioso le elezioni di quell’anno, spegnendo sul
nascere le speranze di cambiamento di una parte della popolazione.
Tali speranze sono rinate quando Jean Ping ha annunciato che si sarebbe candidato alle presidenziali del 27 agosto
scorso, sapendo bene che sarebbe stato molto difficile vincere.
La gente, dopo il voto, ha protestato, si è scontrata con la polizia, ma la reazione delle forze dell’ordine è
stata durissima, data l’enorme posta in palio.
Il Gabon, infatti, pur essendo un Paese relativamente di piccole dimensioni, abitato da solo 1,5 milioni
d’abitanti, è situato nel Golfo di Guinea nei pressi dei due Congo (Brazzaville e Kinshasa) e di Camerun e Nigeria.
Si trova, quindi nei pressi di quella “faglia” che separa l’Africa islamizzata da quella cristianizzata:
area nevralgica, dove possono svilupparsi inquietanti conflitti (si pensi per un attimo alle continue ingerenze di
Boko Haram che opera indifferentemente tra Nigeria, Camerun, Ciad e Niger).
I Bongo sono da sempre degli alleati di Parigi e di certo la Francia non permetterà che questo Paese scivoli nelle
mani di qualcun altro, tanto più che da lì provengono petrolio e legname pregiato, fonte di reddito per chi domina,
dannazione per chi subisce le sue prepotenze.
PIER LUIGI GIACOMONI