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FRANCIA. NASCE LA SESTA REPUBBLICA
(24 APRILE 2017)

PARIGI. Col primo turno delle elezioni presidenziali è nata la Sesta Repubblica francese.

Come avevano previsto i sondaggi della vigilia ieri l’elettorato dell’Esagono ha fatto fuori sia il candidato
ufficiale dei neogollisti, sia quello dei socialisti, promuovendo al ballottaggio del 7 maggio due candidati
provenienti da forze “antisistema”, anche se molto divergenti tra loro.

I dati definitivi diffusi in mattinata dal Ministero dell’Interno di Parigi indicano che i due candidati più votati
sono stati Emanuel Macron, 39 anni, proposto da “en Marche” e Marine Le Pen, leader storica del Front Nationale.

al primo è andato il 23,8% dei voti, alla seconda il 21,4%.

Dietro tutti gli altri: François Fillon (LR), 19,9%, Jean Luc Melenchon (La France en soummise), 19,6, Benoit Hamon
PS), 6,3%.

Il resto è andato a sei candidati minori che non avevano nessuna speranza d’elezione.

Salta, in questo modo, il modello bipolare che ha tenuto in piedi la Quinta Repubblica, che prevedeva che, di volta
in volta, si alternassero al potere la destra costituzionale e la sinistra: ora in campo vi sono due personalità
che in un modo o nell’altro vogliono creare coalizioni nuove.
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Marine Le Pen. Secondo le prime analisi, la leader del FN ha vinto nelle campagne, nelle regioni marginali del
paese, nelle zone operaie. Gli elettori del FN sono soprattutto, dicono gli analisti, persone poco istruite,
impaurite per gli effetti della mondializzazione, operai che temono di perdere il posto di lavoro a causa della
delocalizzazione delle imprese in posti dove il costo del lavoro è inferiore.

elettori della Le Pen sono anche coloro che ce l’hanno con l’establlishment, con Parigi, col mondo degli affari.
Non è un caso che la leader dell’FN abbia già iniziato la seconda fase della campagna elettorale sostenendo che
Macron è stato ministro di Hollande e che, se eletto, condurrà in avanti la stessa politica dell’attuale inquilino
dell’Eliseo.

Si ripropone così lo schema che ha portato in Gran Bretagna alla Brexit e negli Stati Uniti all’elezione di Donald
Trump.
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Emanuel Macron. Il giovane leader di “en Marche” è un tecnocrate che è stato ministro dell’economia di Manuel vals
dal 2014. Il suo programma tende a superare le divisioni ideologiche ossificatesi negli anni tra destra
costituzionale e sinistra riformista. Secondo le prime analisi è stato votato soprattutto nelle città, nelle
regioni maggioritariamente socialiste. A suo favore si sono schierati gli elettori dai 30 ai 60 anni, coinvolti nel
ciclo produttivo.

Macron sa che per giungere all’Eliseo dovrà metter insieme una coalizione composita in cui conviveranno forze
politiche diverse con programmi anche contrastanti.
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L’astensionismo. I dati definitivi indicano che ieri si astenuto un quinto dell’elettorato: meno di quanto si
pensasse alla vigilia dello scrutinio. Evidentemente la grande mobilizzazione promossa dalle forze politiche ha
ridotto al fisiologico 21,1% il fenomeno della fuga dalle urne .
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Il posizionamento delle forze in campo. Sulla base delle prime prese di posizione dei politici di grido, a favore
di Macron si sono schierati i socialisti, i repubblicani e la galassia delle forze centriste; Le Pen è sostenuta
solo dal FN, anche se potrebbero venirle degli appoggi a livello locale da singoli “baroni” territoriali della
destra costituzionale. Incerta è la posizione di Jean Luc Melenchon che ieri sera non ha dato indicazioni di voto
per il secondo turno, rimettendosi al parere degli organi direttivi della sua coalizione.

L’atteggiamento di Melenchon si può comprendere se si pensa che in certa misura il suo programma economico coincide
con quello di Le Pen ed al secondo turno qualcuno dei suoi voti potrebbe finire nel campo nazionalista.

La battaglia per l’Eliseo è ancora assai faticosa e due settimane possono essere veramente lunghe: stanno saltando
gli equilibri tradizionali della scena politica francese e sta nascendo sotto i nostri occhi un modello politico ed
istituzionale decisamente nuovo. Sotto i colpi della crisi è finita la quinta Repubblica e sta nascendo la Sesta.

PIER LUIGI GIACOMONI

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