FRANCIA. MACRON DI NUOVO ALL’ELISEO
(2 Maggio 2022)
PARIGI. COL 58,54% dei voti Emmanuel macron, 44 anni, è divenuto il quarto presidente ad esser confermato in carica da quando, nel 1965 sono i francesi col loro voto a designare l’inquilino dell’Eliseo: in precedenza riuscirono nell’impresa Charles De Gaulle, (1965), François Mitterrand (1988) e Jacques Chirac (2002).
Rispetto alle elezioni del 2017, quando Macron era una novità sulla scena politica francese, però, c’è stata una considerevole flessione del consenso sia in voti che in percentuale: cinque anni fa batté Marine Le Pen, la sua rivale anche nel 2022, col 66,1% e quasi 22 milioni di voti. La distanza tra i due era di 11 milioni di schede, il 24 aprile di 5,5 milioni.
Per Macron questo è il secondo mandato consecutivo: la costituzione non prevede la possibilità d’una terza ricandidatura immediata, perciò nel 2027 toccherà ad altri battersi contro la leader del Rassemblement National che quasi sicuramente scenderà in campo.
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I RISULTATI.
Nel dettaglio, il Presidente ha raccolto 18,7 milioni di voti: ha prevalso in 77 dipartimenti (province) su 107, nelle città e presso le fasce della popolazione più istruita e meno marginalizzata; Le Pen, 53 anni, figlia di Jean Marie, fondatore del Front National, ha raccolto 13,2 milioni di voti, si è aggiudicata 30 dipartimenti ed è risultata la preferita tra quanti si sentono scartati dalle scelte del governo.
così, secondo diversi politologi si spiegano le nette vittorie riportate dalla candidata di RN nelle Antille, Guiana, Mayotte e La Réunion, oltre che nel Pays de Calais (nord), la Gironda (Sud ovest), la Provenza (sud est) e l’Alta Corsica, dove nelle scorse settimane si son avute manifestazioni popolari contro il governo francese.
Macron, al ballottaggio, ha potuto beneficiare anche dell’appoggio della sinistra che al primo turno si era riconosciuta in Jean-Luc Mélenchon (22%) che, pur detestando il Presidente, non intendeva regalare la Francia alla rappresentante dell’ultradestra.
Di questa realtà, s’è dichiarato consapevole lo stesso Capo dell’eliseo nel discorso della vittoria pronunciato alla tour Eiffel la sera del 24 aprile a risultato ormai acquisito.
Ha promesso che il secondo mandato sarà diverso dal primo e che il governo che si costituirà avrà un profilo “sociale ed ambientalista”: l’obiettivo è quello di sedurre una parte della sinistra che gli rimprovera di aver avuta scarsa sensibilità per le questioni sociali nel primo quinquennato.
Le Pen, dal canto suo, pur riconoscendo la sconfitta ha fatto osservare che mai una candidata di destra aveva raccolto alle presidenziali tanti voti e che questo rilancia le fortune del suo schieramento in vista delle prossime legislative.
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DOPO LE PRESIDENZIALI, LE LEGISLATIVE.
e’ appunto verso questo appuntamento che rivolgono le loro attenzioni le diverse forze politiche.
Macron e chi l’appoggia dovrà creare una coalizione che possa ottenere il 12-19 giugno la maggioranza in parlamento; destra e sinistra dovranno tentare d’imporgli un governo di coabitazione.
Il sistema istituzionale della V Repubblica prevede infatti che accanto ad un Presidente eletto a suffragio universale vi sia un Primo ministro espressione della maggioranza parlamentare. Normalmente questa coincide con la linea politica del Capo dello Stato, il quale è comunque gestore delle relazioni internazionali e della difesa nazionale, ma può accadere che capo dell’Eliseo e premier provengano da famiglie politiche differenti.
La circostanza si è già verificata tre volte: Nel 1986 François Mitterrand coabitò per due anni col neogollista Jacques Chirac; l’esperienza si ripeté nel ’93 con édouard Balladur, sempre di centrodestra; Chirac, eletto per la prima volta all’Eliseo nel ’95 coabitò per cinque anni (1997-2002) col socialista Lionel Jospin.
Non è una situazione comoda per il Presidente della Repubblica, ma è prevista dalla costituzione del 1958.
Per evitare la coabitazione che limiterebbe fortemente l’agibilità politica del Presidente appena rieletto, emmanuel Macron sta cercando un nuovo primo ministro che possa costituire già in questi giorni un esecutivo che possa attrarre i consensi tanto della destra moderata, quanto della sinistra riformista in modo da emarginare gli estremisti dell’uno e dell’altro orientamento.
Si tratta d’una partita delicata: infatti Macron si sta muovendo con molta cautela per evitare passi falsi.
Gli altri stanno cercando di preparare delle liste che possano imporgli la coabitazione: Jean Luc Mélenchon ha posto la sua candidatura a Palais Matignon, sede della presidenza del consiglio: per questo la sua formazione politica La France Insoummise (LFI) sta trattando con comunisti, socialisti e verdi, usciti con le ossa rotte dalle presidenziali. Mélenchon vorrebbe creare l’Unione Popolare per promuovere un governo spostato a sinistra.
Meno chiara si presenta la situazione a destra: Marine Le Pen ha detto di non voler creare un cartello delle destre,ma di voler presentare una lista RN aperta al contributo di altri sia come singoli che come forze organizzate.
E’ probabile che alla fine confluiscano sul suo simbolo anche la Reconquete di éric Zemmour ed altre correnti minoritarie. Incerta la posizione dei repubblicani: LR è uscita duramente sconfitta dalle presidenziali ed è dilaniata da conflitti tra chi vorrebbe unirsi con Le Pen e chi crede ancora che esista uno spazio per una destra repubblicana.
Il tempo per le trattative per la formazione delle liste è poco e deve tener conto del sistema con cui si elegge l’Assemblea Nazionale: ognuno dei 577 deputati è il rappresentante d’una circoscrizione. Al primo turno sono eletti solo i candidati che conquistano la maggioranza assoluta dei voti sull’insieme degli elettori della circoscrizione; al secondo conquista il mandato chi raccoglie un voto più degli altri concorrenti.
di conseguenza, chi oggi spera d’imporre al Presidente la coabitazione potrebbe trovarsi il 20 giugno con in mano un pugno di mosche se gli accordi stipulati a tavolino non dessero alla prova delle urne i frutti sperati.
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ASTENSIONISMO E MALCONTENTO.
Tra le incognite del voto legislativo c’è anche l’astensionismo che sembra diventato di moda in Francia: se alle presidenziali che i politologi considerano l'”elezione regina” ha partecipato al primo turno il 74,8% dell’elettorato ed al secondo solo il 72%, c’è da temere che a giugno gli astenuti saranno ancora di più.
(fra l’altro, va notato che complessivamente al ballottaggio ben 8 milioni di francesi han depositato nell’urna la scheda bianca o nulla).
La protesta dei gilet gialli, la pandemia col suo strascico di polemiche sul green pass e le misure limitative della libertà personale, nonché il notevole incremento dei prezzi sul mercato dei beni di prima necessità, conseguenti all’aumento dei corsi di gas, petrolio, materie prime e derrate alimentari, contribuiscono a far crescere il malcontento che si manifesta nella società alle urne e nelle piazze.
Nei territori d’oltremare, poi, quest’insoddisfazione si è palesata col voto dato a Marine Le Pen che a Guadalupa ha conquistato al secondo turno il 70%, dopo che al primo scrutinio Mélenchon aveva raccolto il 56%. gli abitanti dei DOM TOM si sentono particolarmente trascurati da Parigi e da Macron in particolare. Nel primo quinquennato il Presidente non ha mai visitato questi territori e non l’ha fatto nemmeno durante la campagna elettorale:la gente protesta per la scarsa qualità dei servizi come scuola e sanità e per la povertà diffusa. Anche di queste realtà, decisamente lontane dall’Esagono dovranno occuparsi le nuove istituzioni che emergeranno al termine del calendario elettorale del 2022.
PIER LUIGI GIACOMONI