FALSI INVALIDI E INDENNITA’ DI ACCOMPAGNAMENTO
(2 aprile 2016).
ROMA. Ieri avevamo riferito, per sommi capi, l’articolo del Corriere della Sera del 30 marzo scorso che puntava il dito contro le indennità d’accompagnamento, senza citare,nemmeno di striscio, il problema dei “falsi invalidi”.
Oggi, notiamo che sulla stampa compaiono delle reazioni che confermano i nostri sospetti: siamo di fronte ad una campagna di stampa contro questo strumento d’assistenza e di sostegno alle persone disabili.
Così, sotto il titolo “Falsi ciechi, Uici: “Far emergere i dati reali, non i polveroni mediatici”, Redattore Sociale del 1ª Aprile 2016 ci informa che il presidente nazionale dell’UICI, Mario Barbuto ha preso posizione contro l’articolo firmato da sergio Rizzo.
«L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – afferma Barbuto – è in prima linea per combattere il ‘fenomeno’ dei falsi invalidi. Da sempre l’Unione si batte per far emergere i reali dati del problema e non i polveroni mediatici. Dietro a ogni falso cieco c’è una Commissione medica che ne ha certificato l’invalidità e ogni tot anni la verifica.» Sono parole sue!
«Chiediamo – prosegue – un’azione condivisa da tutte le parti coinvolte affinché si metta mano una volta per tutte a questa situazione che, gestita solo giornalisticamente, danneggia i veri disabili senza incidere sul problema.»
Appunto, i veri disabili. Sono i primi ad esser danneggiati dal fenomeno dei falsi invalidi, ma anche da una campagna unidirezionata contro le indennità d’accompagnamento che non racconta tutta la storia.
A cosa serve quest’indennità? A sostenere il disabile nel momento in cui ha bisogno di muoversi dal suo luogo di residenza ed andare altrove: al lavoro, ad una visita medica, in chiesa… forse non tutti sanno che uno degli ostacoli più grandi che un disabile deve superare in questa società caotica sono gli spostamenti. Qui a Bologna, per esempio, per diversi anni abbiamo avuto dei buoni taxi: ogni due mesi il disabile riceveva dei “buoni” che poteva spendere per muoversi coi tassì all’interno della città. Non compensavano tutto il costo del viaggio, anche perché se ne potevano usare solo due per ogni corsa, ma erano un contributo alla mobilità. Poiché si son verificati degli abusi, l’amministrazione comunale li ha soppressi. E’ la solita politica: all’inizio si offre un servizio a larghe mani, poi ci si accorge che ci sono degli abusi e, quindi si finisce con l’eliminare il servizio, colpendo nel mucchio, senza distinguere i buoni coi cattivi.
Ma il problema della mobilità per i disabili veri sussiste, anzi si aggrava di tempo in tempo ed, a parte le buone parole spesso pronunciate gratis, non si vedono seri segnali di città più a misura d’uomo-donna, di bambino, di disabile, di anziano.
Non vogliamo dire, in realtà, che proprio in questa città non si è fatto nulla: poche settimane fa segnalavamo che son aumentati in quest’ultimo lustro i semafori acustici e gli avvisatori di fermata sui mezzi), ma le barriere architettoniche e gli ostacoli al movimento si sono accresciuti.
Allora, invece di sollevare inutili polveroni, si metta mano al problema dei falsi invalidi, si avvii una seria politica ad ampio respiro per rendere la vita di chi ha una disabilità meno difficile, ricordandosi che handicappati, talvolta, si nasce, ma vi si può anche diventare nel corso dell’esistenza: nessuno sfugge a questa inquietante regola che sovente segna drammaticamente la vita delle persone, soprattutto in tarda età.
PIERLUIGI GIACOMONI