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ESPORRE IL CROCEFISSO

(9 dicembre 2015).

Crucifix 1268-71 Tempera on wood, San Domenico, ArezzoRendo pubblico l’intervento che ho pronunciato davanti al Consiglio del quartiere San Donato a proposito del botta e risposta che c’è stato in novembre tra la presidente del quartiere S. Stefano ed il sindaco.

La presidente Giorgetti, in seguito agli attentati di Parigi, aveva chiesto con una propria lettera ai plessi scolastici d’esporre il crocifisso.

Il sindaco le ha risposto.

I consiglieri di centro-destra han presentato un odg che è stato respinto con cui intendevano condannare le parole del primo cittadino.

Ecco come ho trattato io la questione.

intervento: presidente, consiglieri,

sono ormai molti anni che ciclicamente qualcuno solleva la questione del “crocifisso”, o per riaffermarne il ruolo identitario nella coscienza degl’Italiani o per chiederne la rimozione dai luoghi pubblici, sottolineando la natura laica dello Stato repubblicano.

Questa volta la questione posta è lievemente diversa rispetto al recente passato: nei giorni scorsi il sindaco ha pubblicamente criticato la  lettera inviata dalla Presidente del quartiere S. Stefano ai plessi scolastici, all’indomani degli attentati di Parigi del 13 novembre, affinché espongano il crocifisso.

Assumendo che sia «messa in crisi tutta la società occidentale»,

Giorgetti, in nome della «nostra tradizione» e della nostra «identità che non è fatta solo di libertà di pensiero o di parola», Auspica che le scuole «possano deliberare di esporre il Crocifisso come forte espressione della nostra tradizione e del nostro sistema di valori».

Il sindaco ha giustamente replicato sottolineando che «Non è il momento di contrapporre ad un simbolo religioso l’altro, ma di prendere e ricordare il meglio della nostra istituzione comunale e della rivoluzione francese». ed ha aggiunto: «Identificare un popolo con una religione «è una cosa che appartiene al Medioevo ed é ancora molto forte in tutta l’area mediorientale. La nostra civiltà ha fatto un grande passo avanti grazie alla rivoluzione francese che, appunto, ha instaurato lo Stato laico, la libertà d’opinione, la convivenza tra diverse religioni senza identificare lo Stato con una di queste».

L’osservazione di Merola appare convincente perché da un lato sottolinea come nel Medio Evo, sia in Europa che nel Medio Oriente lo stato si identificava spesso con una specifica religione, mentre dall’età moderna in poi si è assistito ad una graduale separazione tra Stato e chiesa, fino al punto di separarne definitivamente i percorsi.

Anche se nel Cinquecento si introdusse il principio di “cuius regio, eius religio” che non lasciava scampo al dissenso religioso.

Il sindaco, molto correttamente, richiama alla nostra memoria i prìncipi di fondo della rivoluzione Francese.

Ricordo, a parziale integrazione del pensiero del primo cittadino, che già nel Trecento Dante alighieri, di cui quest’anno abbiam celebrato l’anniversario della nascita, si è battuto contro le ingerenze dei Papi nella vita politica dei comuni italiani e di firenze in particolare, pur essendo rigorosamente cristiano.

non credo inutile richiamare qui i tre prìincipi fondamentali che la costituzione del 1947

formula a proposito delle relazioni tra stato, inteso anche come collettività umana fatta di persone diverse, e le religioni.

Questi prìncipi ci permettono di dire che anche da noi è stata data una definizione complessiva della laicità.

Essi sono:

  1. La separazione e la rispettiva autonomia della Chiesa Cattolica e dello Stato (art. 7.1):

«Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.»

  1. la piena uguaglianza dinanzi alla legge di tutte le confessioni religiose (art. 8.1):

«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.»

  1. Il pieno diritto dei singoli di praticare la religione che preferiscono sia in privato che in pubblico (art. 19):

«Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.»

Per quale motivo, ad esempio, i costituenti non hanno stabilito che un certo simbolo religioso è segno delle nostre tradizioni e dei nostri valori?

Perché una decisione del genere avrebbe reintrodotto di fatto il concetto di religione di Stato che è l’esatto opposto di quanto indicato nei predetti articoli.

In più, e questo è concetto importante,non ancora pienamente assimilato da qualcuno, nessuno ha il diritto d’appropriarsi, o meglio, di strumentalizzare a propri fini politici ed ideologici qualcosa che può essere patrimonio di tutti.

Lo ha notato più volte lo stesso Papa Francesco I, ma prima di lui anche altri pontefici, nessuno si può impossessare di Dio e di ciò che rappresenta.

***

interpretazione laica della croce e del crocifisso. E’ possibile dare della croce e del crocifisso un’interpretazione che non sia divisiva, ma che anzi unisca le persone, indipendentemente dal loro essere o meno credenti?

Sono molti anni che rifletto su questo punto e desidero qui dire alcune cose, senz’ aver la pretesa d’esaurire l’argomento.

Da un pezzo penso che la croce sia, non solo uno dei simboli iconici che rappresentano storicamente il Cristianesimo, ma sia anche il paradigma dell’ingiustizia e della disumanità.

Nell’antichità, si usava la croce per colpire con una pena infamante i ribelli e gli schiavi. Il condannato era esposto al pubblico ludibrio, era vittima degli animali che se lo mangiavano vivo e veniva esposto come monito verso tutti coloro che potevano ribellarsi al potere e mettere in discussione lo status quo.

La morte avveniva dopo molte ore di sofferenza ed accadeva soprattutto per soffocamento, più che per le ferite inflitte dai carnefici.

Spesso, per accelerare il decesso, si spezzava le gambe ai condannati.

Nel 70 a.C. furono crocifissi circa 6 mila schiavi e le croci, dicono le fonti, si potevano incontrare, come fossero pietre miliari, percorrendo la via appia tra Napoli e roma; altre crocifissioni di massa avvennero in Palestina nel 70 d.C. per reprimere la rivolta di Gerusalemme.

E si potrebbe andare avanti con gli esempi.

La croce, per me, è il simbolo della negazione dei diritti umani di cui domani, 10 dicembre, celebreremo la giornata mondiale.

Assumendo che «il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, i loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo»

e che «il disconoscimento ed il disprezzo dei diritti dell’uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo»

la predetta dichiarazione sottolinea:

  1. Pieno diritto dell’individuo alla vita, alla libertà ed alla sicurezza (art. 3):

«Ogni individuo ha diritto alla vita, alle libertà ed alla sicurezza della propria persona.»

  1. Divieto assoluto della tortura e dei trattamenti disumani e degradanti (art. 5):

«Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudele, inumani o degradanti.»

(come appunto esser crocifissi).

  1. diritto all’habeas corpus (art. 8):

«Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.»

La croce e la crocifissione perciò, se interpretata nel senso che ho appena indicato può divenire un simbolo di riferimento anche per il non credente ed il non cristiano.

Proporlo, però, come simbolo identitario di una civiltà o addirittura come radice ideologica di essa diviene di nuovo elemento di divisione, di scontro non solo verso chi non è cristiano, ma anche verso chi è ateo e non si riconosce in alcuna opzione religiosa.

Ridiventa, come ai tempi delle Crociate, un simbolo di guerra contro tutti gli altri.

A questo fosco scenario del nostro passato si riferisce il sindaco quando ricorda che, appunto nel Medio Evo, dopo l’anno Mille, i cristiani invasero il Medio Oriente per combattere e sterminare Musulmani, Ortodossi ed Ebrei e riaffermare la supremazia del Cattolicesimo su ogni altro credo.

A questo proposito è importante sottolineare che l’attuale Pontefice, all’indomani delle stragi di Parigi, ha richiamato alla nostra mente i valori della Rivoluzione francese del 1789 che ha ridimensionato il potere temporale della Chiesa Cattolica, permettendole d’occuparsi di più delle cose di Dio rispetto a quelle degli uomini.

***

La religione non è un’ideologia.

c’è un aspetto della lettera di Giorgetti che mi preoccupa profondamente perché lo ritengo ideologico.

«La Croce – scrive la presidente di S. Stefano – è un patrimonio civile di tutti gli Italiani che rappresenta le radici storiche e culturali del nostro Paese e l’identità cristiana è la radice dell’Europa.»

Dove sta scritto ciò? Lo stato unitario italiano, di cui qualcuno in passato voleva lo smembramento, è sorto in antitesi col potere temporale della Chiesa Cattolica. Per secoli i Papi si sono opposti alla creazione di una monarchia nazionale, simile a quelle formatesi in Francia, Spagna ed Inghilterra.

Costantemente, Roma si oppose strenuamente all’unificazione italiana, preferendo che la penisola fosse suddivisa in stati e staterelli in continua lotta fra loro.

Dopo il 1861, e soprattutto dopo la presa di Porta Pia, i papi condannarono il nuovo Stato italiano e se ne proclamarono prigionieri fino ai Patti Lateranensi del 1929.

Nel 1873, Papa Pio IX, con il celebre Non Expedit,  ordinò ai cattolici di non partecipare alla vita politica del Paese per reazione ai fatti del 20 settembre 1870.

L’approccio di Giorgetti, quindi, è ideologico, oltre che non rispettoso del ruolo specifico delle religioni e della confessione cattolica in particolare.

Il Cattolicesimo non è una delle tante ideologie create per opprimere l’uomo e contrapporlo ad un altro, ma è messaggio d’amore, di pace e di misericordia, come non si stanca di ripetere papa Francesco I che proprio ieri, 8 dicembre, ha dato il via al Giubileo straordinario della misericordia.

Per tutte queste considerazioni e per molte altre che potrei aggiungere, dichiaro il mio voto contrario all’odg in parola.

PIER LUIGI GIACOMONI

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