ERITREA: REPRESSA NEL SANGUE RARA PROTESTA POPOLARE
(10 Novembre 2017)
ASMARA. In Eritrea è stata repressa nel sangue una rara protesta popolare contro il regime totalitario ed
isolazionista di Isaias Afewerki .
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I fatti. Circa tremila persone, studenti, genitori e semplici cittadini, il 30 ottobre scorso hanno sfilato
per Harnet Avenue, la principale arteria di Asmara, la capitale, provenienti dai quartieri più periferici e
popolari di Hadaga Hamus, dove si trova la scuola, ed Acria, dove abitano molti degli studenti.,
In un primo momento, la polizia ha usato sfollagente per disperdere la manifestazione, poi però ha fatto uso delle
armi da fuoco, mentre iniziava l’inseguimento dei dimostranti fin nelle loro aree di residenza.
A sera sarebbero stati messi in atto dei veri e propri rastrellamenti casa per casa con conseguenti arresti.
«Le forze di sicurezza hanno sparato per tentare di disperdere centinaia di manifestanti – ha confermato alla
stampa internazionale Nasredin Ali, membro della Red sea afar democratic organization (Rsado), il più grande gruppo
oppositore di base nella vicina Etiopia -.
Bilancio della giornata di protesta: ventotto morti e centinaia di arresti.
«L’atmosfera continua a rimanere molto tesa: durante i funerali delle persone uccise c’era una massiccia presenza
di militari per tutta la città» ha ulteriormente precisato il portavoce.
I disordini sono stati confermati dall’ambasciata americana, che ha diffuso un comunicato in cui chiede ai suoi
cittadini di evitare il centro della città perché pattugliato da militari armati, in quanto teatro di
dimostrazioni.»
La manifestazione è stata segnalata anche da un tweet del ministero eritreo per l’informazione, che ha il controllo
dei media locali: non potendo negare l’accaduto, ne minimizza la portata. Parla di un centinaio di studenti presto
dispersi.
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Le ragioni della protesta. «La protesta – scrive Nigrizia – sarebbe stata scatenata da una recente disposizione
governativa che chiede di passare l’amministrazione di tutte le scuole private alle comunità, cioè alle
amministrazioni locali, sostenute, a quanto sembra di capire, da tasse appositamente imposte. Le famiglie degli
studenti si sarebbero opposte. La scuola, che funziona dagli anni sessanta, è rinomata nel paese per la qualità
dell’educazione impartita, che non potrebbe essere mantenuta da una gestione pubblica che graverebbe, per di più,
dal punto di vista finanziario sulle già esauste tasche dei cittadini eritrei.»
Il malcontento comincia ad emergere a metà ottobre: durante un’assemblea Haji Musa Mohamed Nur, un uomo molto
anziano, ma assai rispettato nella comunità musulmana, prende la parola attaccando duramente la disposizione
annunciata dalle autorità e le politiche governative in genere.
Per questo, successivamente viene arrestato, malgrado l’età molto avanzata.
I cittadini, scesi in piazza il 30 ottobre scorso, ne chiedono, in primo luogo, il rilascio, in secondo esigono il
ritiro del decreto governativo.
«Le disposizioni governative in materia di educazione, e della fornitura dei servizi sociali più in generale, –
prosegue Nigrizia – riguardano anche le altre confessioni religiose. Nel mirino sarebbero in particolare le opere
sociali della chiesa cattolica che il governo ha cercato di nazionalizzare per ben tre volte nel passato, e
precisamente nel 1998, 2007 e 2011, in forza di una disposizione di legge del 1995, che afferma che tutti i servizi
sociali alla popolazione devono essere forniti unicamente dal governo.»
Profittando della momentanea assenza dei quattro vescovi eritrei, in viaggio a Roma per incontrarsi col Papa, Le
autorità sono tornate alla carica lo scorso 18 settembre, con una lettera in cui si chiedeva di chiudere la scuola
superiore Medhanie Alem Secondary School di Asmara e di passare tutte le competenze e i documenti
all’amministrazione regionale.
Il regime, che malgrado il suo autoritarismo, finora non si era azzardato a toccare le scuole private gestite dalle
congregazioni religiose, si rende conto che per mantenersi ancora a lungo al potere deve controllare tutto in modo
da reprimere qualunque spazio di libertà.
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L’Eritrea oggi. A ventiquattro anni dalla nascita del Paese, l’eritrea è una nazione isolata dal contesto mondiale.
La repressione del dissenso è durissima, con ampio uso della tortura, i giovani sono costretti ad un servizio
militare di durata indefinita, l’economia è in sfacelo.
Per questo moltissimi eritrei emigrano, affrontando viaggi faticosi ed affidandosi ai trafficanti di esseri umani.
Ora, forse, la misura è colma e malgrado la feroce repressione messa in atto dalle forze di sicurezza, la gente,non
avendo più nulla da perdere, sfida le autorità: che stia per suonare l’ora della fine del regime?
PIER LUIGI GIACOMONI