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ERITREA. NAZIONALIZZATI GLI OSPEDALI CATTOLICI
(9 Agosto 2019)

ASMARA. L’Eritrea nazionalizza gli ospedali cattolici trasferendone la gestione allo Stato, dopo che nei mesi scorsi la Conferenza Episcopale aveva chiesto al Presidente della Repubblica Isaias Afewerki d’avviare una fase di riforme e riconciliazione a seguito del raggiungimento della pace con l’Etiopia.

Tra giugno e luglio, nel quasi totale disinteresse della stampa internazionale, i soldati sono stati inviati nelle strutture ospedaliere gestite dalla Chiesa cattolica, complessivamente 22 in tutto il Paese, per notificare il provvedimento di nazionalizzazione e firmare un documento per il passaggio di proprietà.

Di fronte al rifiuto, opposto dai gestori, il governo ha chiuso i centri sanitari, sgomberando il personale, spiegando che le chiusure sono in linea con le norme introdotte nel 1995, che limitano le attività delle istituzioni religiose dalle scuole ai progetti agricoli, dagli ospedali all’assistenza degli anziani.

«Sembra di essere tornati al 1982 quando il regime del terrore di Menghistu Hailemariam confiscava molti beni della Chiesa cattolica, compreso conventi, scuole, centri medici, con l’uso della forza bruta – sottolinea padre Mussie Zerai, sacerdote eritreo, presidente dell’Agenzia Habeshia –. Anche l’attuale regime si è presentato nei conventi di suore, dove si trovavano molti di questi centri medici, ha messo sigilli, buttando fuori il personale, pazienti e terrorizzando religiosi e religiose che cercavano di difendere il loro servizio offerto al popolo».

Una legge del 1995, mai applicata, prevedeva che tutte le strutture sociali (scuole, centri medici) fossero gestiti dall’autorità pubblica. Poi tra il 2017 e il ’18 sono state chiuse otto cliniche cattoliche. Ad essere colpiti sono i più poveri, come gli afar, popolazione nomade della Dancalia. Lo scorso anno sono stati privati dell’unico centro medico della regione gestito con coraggio e determinazione da alcune Suore Orsoline.

A Pasqua, l’episcopato cattolico eritreo, con una lettera pastorale aveva chiesto «un processo di riconciliazione nazionale che garantisse giustizia sociale per tutti, dopo anni di rigida autarchìa.».
I vescovi suggerivano, a seguito della pace conclusa con l’Etiopia il 9 luglio 2018 anche l’avvio d’una fase di democratizzazione, dopo decenni di tirannia.

Queste parole, però, non son piaciute al regime che non intende cambiare il proprio modo d’operare: anzi Afewerki ed i suoi hanno accentuato in questi mesi la loro intolleranza verso chiunque abbia idee diverse rispetto a quelle del regime.

La Chiesa cattolica gestisce in Eritrea circa 40 tra ospedali e centri sanitari, tutti a servizio della popolazione, senza alcuna distinzione d’etnìa o religione, che forniscono cure quasi sempre gratuite. «Nel manifestare la nostra profonda amarezza per quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi in questi giorni, dichiariamo che non consegneremo di nostra volontà e disponibilità le nostre istituzioni e quanto fa parte della loro dotazione – hanno scritto i vescovi eritrei – Privare la Chiesa di queste e simili istituzioni vuol dire intaccare la sua stessa esistenza ed esporre alla persecuzione i suoi servitori, i religiosi, le religiose, i laici».

Finora le autorità avevano sempre definito un’eccellenza il livello delle cure prestate da cliniche ed ambulatori cattolici: prima della chiusura curavano 200mila persone all’anno, il 6%della popolazione.

La situazione è particolarmente grave nelle aree rurali, dove, venendo meno i centri sanitari della Chiesa, scompare ogni tutela sanitaria.

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DOPO GLI OSPEDALI, LE SCUOLE.

Il pugno di ferro del regime, però, non si ferma qui: dopo le cliniche oratocca agli istituti scolastici, dalla materna  in poi: nel mirino del governo ci sono ora in tutto 150 istituzioni: 100 scuole materne e 50 istituti, dalle elementari alle medie superiori.

Alcune istituzioni hanno già ricevuto visite intimidatorie dei militari che hanno preteso la consegna dei registri degli alunni e, di fronte al diniego dei responsabili, hanno “consigliato” di non accettare iscrizioni per il prossimo anno, perché sarebbe scattata la nazionalizzazione.

La Chiesa cattolica, pur minoritaria e perseguitata, è l’unica realtà indipendente del Paese, anche se dal 2001 non può stampare giornali. Il regime, con la scusa della laicità, mira a garantirle solo la libertà di culto e alza il tiro. Le materne, ad esempio, si trovano nei conventi, chiuderle vorrebbe dire sfrattare le suore. Le rette delle scuole cattoliche vengono pagate con adozioni a distanza internazionali, quindi la nazionalizzazione isolerebbe ancor più la popolazione in un Paese rimasto fermo a 30 anni fa. Senza contare che queste scuole sono un’eccellenza. Come ad esempio la grande scuola alberghiera dei padri cappuccini a Massaua, strategica in un Paese che vuole sviluppare il turismo. Ma l’obiettivo principale – l’ossessione – pare sia il controllo del clero cattolico come avviene con quello ortodosso.

L’amministrazione economica della Chiesa ortodossa è sottomessa al partito unico al potere, che requisisce le offerte raccolte, pagando un salario ai preti. Chi si ribella va in galera. Cinque monaci ortodossi ultrasettantenni sono stati arrestati di recente e il patriarca di Asmara Antonios è agli arresti domiciliari dal 2006: è stato sostituito nell’incarico da un religioso fedele al regime.

Nonostante la pace nulla cambia, l’unica novità è l’insofferenza della popolazione per l’immobilismo del regime: in questo piccolo Paese del Corno d’Africa, retto da un regime ditatoriale che non applica la costituzione del 1993, dove non si sono mai tenute elezioni di nessun tipo, chiuso al resto del mondo, dove i ragazzi, quando giungono a 16 anni, sono costretti a servire nell’esercito a tempo indeterminato, la situazione va incancrenendosi sempre più e finisce per spingere molte persone a cercarsi un futuro, per quanto incerto, all’estero.

I vescovi, che hanno rifiutato qualsiasi patto con il governo militare, che ha sequestrato i loro passaporti, in una lettera pubblica, hanno chiesto cambiamenti: l’entrata in vigore della Costituzione del ’93, la fine del servizio militare a tempo indeterminato obbligatorio per tutti, strumento con cui la dittatura ha piegato un’intera nazione, la liberazione dei prigionieri politici, dei giornalisti e dei leader religiosi.

Incontrando il 4 luglio scorso il Ministro eritreo per gli Affari Esteri in visita in Italia, il titolare della Farnesina Enzo Moavero Milanesi ha chiesto che Asmara muti politica nei confronti delle istituzioni cattoliche per garantire i servizi sociali alla popolazione.

PIER LUIGI GIACOMONI

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