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EDITORIALE: PERCHE’ VOTO SI’
(7 Novembre 2016)

Il prossimo 4 dicembre saremo chiamati ad esprimerci sul progetto di riforma costituzionale approvato in aprile dal Parlamento italiano su proposta del Governo. Nella recente storia italiana questo è il terzo grande referendum costituzionale.

Se ne fece uno il 7 Ottobre 2001 per esprimersi sulla revisione totale del titolo V, fatto apporvare dal governo di centro-sinistra nella legislatura 1996-2001, se ne fece un altro il 25 Giugno 2006 per pronunciarsi a proposito della riforma costituzionale proposta dal governo di centro-destra ed ora vi è questo.

Ho deciso da un pezzo come votare e mi esprimerò con un “sì” perché sono convinto che queste modifiche alla seconda parte della Costituzione, ossia all’Ordinamento della repubblica, dovrebbero garantire al nostro Paese una maggiore stabilità politica e permetterle di voltare pagina, rispetto al sistema del bicameralismo paritario che tanti guasti ha provocato.

Voterò “sì”, anche perché in queste settimane è apparso chiaro che siamo di fronte ad un confronto, direi quasi un conflitto, tra un’Italia conservatrice, direi quasi reazionaria, composta da una serie di vecchi baroni della politica, della cultura… che vogliono che nulla cambi perché sentono che i loro privilegi stanno venendo meno ed un’Italia che vuole agganciare finalmente il treno del rinnovamento.

Accanto a questi baroni ci sono anche i cosiddetti nuovi: gente di cui fino a pochi anni fa nessuno conosceva l’esistenza, che si sono proposti come i veri innovatori, i veri moralizzatori, coloro che avrebbero dovuto cambiare questo Paese e che ora si schierano per il “no”.

Chi avrebbe mai pensato che il Movimento cinque stelle fosse per lo status quo, per la proporzionale, per il mantenimento delle province, del CNEL, di un Senato fatto di 315 membri, più i senatori a vita?

Dove sono finite tutte quelle chiacchiere sul rinnovamento, il cambiamento, l’aprire il Parlamento come una scatola di tonno ed altre sciocchezze che abbiam udito dal 2013 in avanti?

Voterò “sì”, anche perché voglio farla finita col sessantotto permanente per cui ogni volta che si propone una riforma c’è sempre qualche chiassoso gruppuscolo d’estrema sinistra che grida contro l’attacco ai diritti di questo o quello, non accorgendosi che i presunti diritti non esistono più semplicemente perché, rispetto al sessantotto, è cambiato il mondo e tutto è stato rimesso in discussione.

Voterò “sì” perché mi hanno stufato gli squadristi dei centri sociali, i sindacalisti della FIOM, l’ANPI, i benaltristi, quelli che “faremo la riforma in sei giorni o in sei mesi”, quelli che “la costituzione migliore l’ho fatta io” (peccato che non è stata discussa nemmeno in Parlamento”, quelli che fanno i convegni sulla riforma dello stato e poi non succede nulla.

Voterò “sì” perché voglio che il mio Paese conti di più in Europa, dal momento che i frequenti cambi di governo hanno reso l’Italia irrilevante a Bruxelles.

voterò “sì” perché penso che governi forti siano il vero antidoto ai poteri forti nazionali ed internazionali: le mafie, ad esempio, hanno tutto da temere da governi che durano cinque anni e realizzan dei progetti.

Voterò “sì” perché penso che governi democratici forti ed autorevoli sono il vero antidoto alle derive autoritarie, populiste, neonazionaliste, neoidentitarie che stanno investendo l’Occidente e l’Italia in particolare.

Voterò “sì” perché se passa il “no” non avremo una riforma costituzionale migliore, semplicemente non avremo niente e forse presto ci ritroveremo le province elette a suffragio universale e molte altre cose di cui non abbiam nessun bisogno.

Voterò “sì” perché penso che tra i mali di questo paese vi è la pratica impossibilità di fare progetti a lungo termine, perché ogni governo che entra in carica vuole fare tabula rasa di ciò che è stato prodotto dall’amministrazione precedente.

Negli altri Paesi europei non si progetta a settimane o a mesi, ma ad anni o a decenni (si pensi all’agenda 2010 introdotta da Schröder [SPD] in Germania e proseguita e realizzata da Merkel [CDU-CSU]])

Qui, invece, siamo all’eterna emergenza proprio perché non siamo in grado di progettare a lungo termine e ciò ha un costo terribile sia in termini economici che occupazionali.

Voterò “sì” perché questo Paese deve fare la sua rivoluzione tecnologica e deve superare il gap che lo separa dagli altri Paesi occidentali.

Voterò “Sì” perché voglio la fine delle corporazioni che rubano il presente ed il futuro di questo Paese.

Voterò “sì” perché credo che istituzioni più solide possano ridimensionare lo strapotere d’una magistratura che pensa d’avere in mano il Paese e vuole condizionarlo con l’uso abnorme dell’avviso di garanzia.

Voterò “sì” perché con istituzioni più solide e meglio organizzate si può uscire da una crisi che da noi non è solo economica, sociale, occupazionale, ma è anche strutturale ed attiene proprio alla sovrabbondanza e ridondanza delle istituzioni stesse, dei frequenti conflitti d’attribuzione, favorendo gli abusi di potere.

Voterò “Sì” perché penso che governi più solidi siano un ottimo antidoto allo strapotere d’una burocrazia soffocante ed immobilista che di giorno in giorno, coi suoi cavilli, i suoi mille moduli da compilare, le sue mille commissioni, comitati, camarille, blocca di fatto la realizzazione di progetti innovatori che creano occupazione e sviluppo.

E voterò “sì” per un’infinità di altre ragioni che sarebbe troppo lungo qui elencare.

So già che qualcuno osserverà che non sono entrato nel merito della riforma: perché i fautori del “no” cosa fanno? Se li ascoltate vi parlano della legge elettorale, del job’s act, dei poteri forti… per poi concludere che se vince il “no” si aprono favolose prospettive che nemmen loro sanno quali sono.

Io, nella mia umiltà, credo invece che le ragioni per le quali voterò “sì” c’entrino con la legge costituzionale che a questo punto è nelle nostre mani.

PIER LUIGI GIACOMONI

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