Please follow and like us:

EDITORIALE. LE MIDTERMS 2022 E IL FALLIMENTO DEI SONDAGGI
(15 Novembre 2022)

WASHINGTON D. C. Le Midterms 2022 sono alle nostre spalle e ciò che emerge in maniera eclatante è il fallimento dell’industria dei sondaggi che non riesce più a prevedere l’esito del voto prima del voto.

E’ un po’ come le previsioni del tempo: quando il cielo è sereno, ultrasereno, la previsione è facile: continuerà il sereno, brillerà il sole, farà caldo.

Appena però si crea un’instabilità, la previsione diventa incerta e fallace.

Coi sondaggi è lo stesso: se il confronto tra due o più contendenti è fortemente sbilanciato, come è stato il caso delle recenti elezioni italiane, il sondaggio ci azzecca. Appena la contesa fra i vari competitors si fa incerta, ecco che fallisce.

Nelle elezioni di medio termine è accaduto appunto questo: le indagini demoscopiche per mesi avevano preconizzato una “valanga repubblicana” che alla prova dei fatti non c’è stata.

Al momento in cui scriviamo, alla Camera dei Rappresentanti il GOP ha acquisito 217 seggi, mentre i Dems ne hanno 204, su un totale di 435; al Senato la situazione è ribaltata: i Dems occuperanno 50 seggi, i Reps 49, su un totale di 100 (fonte: the New York Times).

Manca all’appello il seggio della Georgia che sarà attribuito il 6 dicembre prossimo con un ballottaggio, giacché la legge elettorale in vigore in quello Stato prevede che se al primo turno nessun candidato conquista la maggioranza assoluta, i due col maggior seguito si affrontano in una seconda decisiva votazione.

In sostanza, alla Camera ai Repubblicani manca un seggio per acquisire il controllo dell’assemblea, cosa che permetterebbe loro di eleggere il nuovo speaker e i presidenti delle commissioni: il sito rulers.org ipotizza che alla fine i “rossi” avranno 220 seggi, mentre i “blu” 215.
(devono però esser attribuiti ancora 14 mandati).

Anche il bilancio delle elezioni dei governatori statali è molto equilibrato: i Democratici hanno vinto in 18 Stati, più il District of Columbia, cioè l’amministrazione di Washington, i Repubblicani, 18.

Tra i duelli più appassionanti, spicca quello dell’Arizona, Stato che risultò fondamentale nell’assegnare la vittoria a Joe Biden nel 2020: la corsa alla carica di Governatore è stata vinta per meno d’un punto percentuale di differenza dalla democratica Katie Hobbs contro la repubblicana d’estrema destra Kari Lake.
(naturalmente costei ora parla di brogli, mentre gli scrutatori repubblicani della contea di maricola, decisiva per definire il confronto tra le due, giurano che tanto nelle operazioni di voto, quanto in quelle di scrutinio non è accaduto nulla di irregolare).

Situazioni simili si sono vissute in altri Stati .

Una cosa è ormai chiara: gli Stati Uniti d’America sono un Paese fortemente polarizzato e diviso in parti pressoché uguali: 50-50%.

Da una parte ci sono i Democratici che incarnano l’ala liberal, aperta alla società multietnica, ai diritti civili, ad un welfare più inclusivo, dall’altra si situano i Repubblicani su posizioni negazioniste sul surriscaldamento globale, rigorosamente antiabortisti, vicini alle posizioni dei suprematisti bianchi, sostenitori dello slogan “Make America great again (MAGA).

In politica estera, quelli sono multilateralisti, questi isolazionisti.

Due Americhe distinte che si confronteranno nel 118o Congresso con una Camera repubblicana e un Senato democratico: ci vorrà tutta la capacità di mediazione dei politici per produrre qualche atto legislativo, perché nel sistema nordamericano nessuna legge può esser approvata se non ha il consenso d’entrambi i rami del legislativo e la firma del presidente.

In situazioni come queste, come per le previsioni del tempo, il sondaggio non può prevedere correttamente il futuro, anche perché gli umori dell’elettorato sono mutevoli, tanto a seconda dell’età, quanto relativamente agl’interessi e alle condizioni personali.

Probabilmente, proprio lo straparlare di elezioni già decise in partenza ha convinto una parte di cittadini, solitamente assenti dalle urne quando non è in palio la Casa Bianca, a recarsi a votare.

Il voto postale e quello anticipato, previsto dalle legislazioni di numerosi Stati e non a caso nel mirino dei Repubblicani, ha inceppato la “gloriosa macchina da guerra” repubblicano-trumpista che mirava a conquistare il Congresso ed a gettare le basi per la rivincita di Donald J. Trump.

Attenzione, ciò non significa che questa “gloriosa macchina” non torni in campo nel 2024 e soprattutto non vinca, vuol solo dire che per adesso non ha vinto come qualcuno prevedeva.

Ora comincia un’altra storia: parte la corsa presidenziale del 2024 e, possiamo esserne certi, se ne vedranno delle belle.

PIER LUIGI GIACOMONI

Please follow and like us: