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EDITORIALE. LA RUSSIA DI PUTIN E LA SINDROME DELL’ACCERCHIAMENTO
(2 Marzo 2022)

MOSCA. Il conflitto esploso apertamente il 24 febbraio tra Russia ed Ucraina è figlio della sindrome da accerchiamento che da almeno tre secoli affligge i governanti russi, sovietici e postsovietici.

Da questa discende l’ossessione ucraina che ha spinto nei giorni scorsi il Presidente russo Vladimir Vladimirovic Putin a dire in televisione che l’Ucraina non esiste.

La paura dell’accerchiamento si manifesta nel continuo timore d’essere circondati da nemici pronti ad invadere il sacro territorio della “grande madre russia”:

– è vero, la Russia, o se si preferisce le Russie, su cui un tempo imperava lo Zar, è stata invasa nel XIII secolo dai Mongoli che misero fine al regno di Kiev, da cui deriverebbe, secondo una certa ideologia, la russia moderna;
– è vero, nel 1812 Napoleone Imperatore dei Francesi invase la russia, ma fu respinto e le sue truppe annientate soprattutto dal terribile inverno russo;
– è vero, negli anni 40 del Novecento ci riprovò la Germania nazista che penetrò profondamente nel territorio sovietico senza riuscire però ad aver ragione del gigante comunista che anche quella volta si valse del “generale inverno”;
– è vero, l’Unione Sovietica,, tra il 1989 e il ’91, perse il suo vasto impero che andava dal Baltico al Pacifico con lo scioglimento del Patto di Varsavia che aveva garantito a Mosca un ruolo di superpotenza per un quarantennio;
– è vero, negli anni 90 del XX secolo, per qualche anno si temette che all’interno della federazione russa (oltre 17 milioni di chilometri quadrati, 145 milioni d’abitanti, distribuiti su undici fusi orari) prendessero il sopravvento spinte centrifughe che avrebbero portato al disfacimento dello stato moscovita.

Però da quegli eventi molta acqua è passata sotto i ponti e la russia ha ripreso un posto rilevante nel mondo: forse non sarà più la superpotenza d’una volta, ma rimane un Paese da cui non si può prescindere.

Vladimir V. Putin da quando guida il Paese con mano di ferro ha fatto di tutto per estendere l’area d’influenza del proprio Paese:

– nell’agosto 2008 con una breve guerra contro la Georgia, s’impadronì di due aree giuridicamente appartenenti a Tbilisi, l’Ossezia del Sud e l’Abkazia, trasformandole in piccoli satelliti di Mosca;
– Nel marzo 2014 occupò la Crimea e suscitò la ribellione dei filorussi nel Donbass ucraino;
– in tutte le repubbliche ex sovietiche l’influenza del Kremlino si fa sentire condizionando la condotta dei governi locali, come di recente è accaduto in Kazakistan.

Fuori dallo spazio russo, Mosca è presentissima in Siria, Libia, Sahel ed anche in Europa, si dice che abbia finanziato diversi partiti e movimenti d’estrema destra che hanno l’obiettivo di scardinare l’Unione europea.

Nel 2016, operando sul web ha influenzato le elezioni americane e il referendum britannico sulla Brexit.

Accerchiamento, allora? Vista da occidente, questa iperattività russa fa pensare che l’obiettivo vero del Kremlino e del suo dispotico leader sia quello di ricrearsi un vasto impero territoriale, molto simile a quello che fu dell’URSS.

Per Putin e i suoi, l’Occidente, la democrazia liberale, la NATO, sono in declino e vanno soppiantati con un’alleanza di regimi autoritari che predicano il nazionalismo, praticano l’autarchia, asserviti però ai diktat moscoviti.

L’Ucraina di oggi, quindi, è solo un obiettivo intermedio per la realizzazione d’un progetto più ampio e inquietante che va assolutamente fermato perché rischia di condurci dritti ad un conflitto mondiale gravido di terribili conseguenze per l’intera comunità umana.

Già in passato le democrazie hanno sottovalutato il pericolo rappresentato dalla volontà di potenza d’un tiranno: è facile in questo momento ricordare l’atteggiamento arrendevole di Neville Chamberlaine e Edouard Daladier a Monaco nel 1938, ma altri esempi d’ignavia si potrebbero citare. L’Unione europea, gli Stati Uniti, l’insieme dei paesi che credono e praticano la democrazia han in questi giorni dimostrato unità d’intenti decretando severe sanzioni nei confronti di Mosca e della bielorussia che si è schierata al suo fianco. Come riferisce la stampa internazionale si avvertono in russia i primi contraccolpi del blocco imposto dal “mondo libero” alle transazioni commerciali ed alla circolazione di denaro. Il valore del rublo è precipitato e i prezzi vengono aumentati di ora in ora, scrive ad esempio Le Monde.

sarà sufficiente per fermare la guerra? forse no, infatti molti Paesi NATO han inviato armi all’Ucraina per sostenere la sua resistenza, mentre il Parlamento europeo ha adotttato una risoluzione che invita gli organismi comunitari ad avviare le procedure per un’adesione di Kiev alla UE.

Se Putin voleva dimostrare con la sua politica aggressiva ed arrogante che la NATO non esiste, che l’Occidente è in declino, che la democrazia liberale è ormai un reperto archeologico ha avuto ciò che si meritava, cioè una risposta netta anche da parte di Nazioni in passato dal comportamento ambiguo o ambivalente: l’Ungheria ha accolto i migranti ucraini, ha aderito alle sanzioni deliberate da Bruxelles, così come la Svizzera ha bloccato gli averi d’un gruppo di banche russe, mentre Finlandia e Svezia potrebbero abbandonare la politica di neutralità che han seguito fin qui facendo domanda d’adesione alla NATO.

Ce n’è abbastanza per dire che su tutti questi terreni il tiranno moscovita ha già perso: se poi dovesse subìre sconfitte anche sul campo di battaglia l’opera sarebbe completa e il mondo sarebbe un posto molto più sicuro dove vivere.

PIER LUIGI GIACOMONI

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