EDITORIALE
GRAN BRETAGNA: PRONTI, VIA!
(23 Maggio 2024)
LONDRA. Pronti, via! «Ho proposto a Sua Maestà la dissoluzione del Parlamento: avendo accettato, vi saranno elezioni generali il 4 Luglio.».
Con queste semplici parole, Rishi Sunak, Primo Ministro del Regno Unito ha dato al Paese un annuncio che attendeva.
Si supponeva che le elezioni sarebbero state convocate dopo l’estate, ma il premier ha deciso di rompere gl’indugi: «è ora – ha detto – che sia data di nuovo la parola al popolo».
Così, la Camera dei Comuni, eletta il 12 dicembre 2019, cesserà d’esistere il 27 maggio e il nuovo Parlamento sarà convocato dal Premier che uscirà vincitore.
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LABURISTI FAVORITI
Al presente, il partito Laburista appare favorito: gli ultimi sondaggi gli assegnano un vantaggio di 21 punti sui conservatori, incalzati sulla destra dal Reform UK, cui si accredita un 10% di sostenitori.
I Labours potrebbero perder qualcosa a vantaggio dei Verdi, dati al 7%, e dei Lib-Dems, 10%, ma il sistema d’elezione dei Comuni, il First-past-the-post, unitamente alla revisione dei confini dei collegi elettorali, avvantaggia i grossi partiti o quelli con un forte radicamento territoriale.
L’annuncio delle elezioni arriva in un pessimo momento per i nazionalisti scozzesi, che l’8 maggio han cambiato leader, mentre anche nell’Irlanda del Nord son in atto mutamenti.
Malgrado tutto ciò, il partito di Sir Keir Starmer non deve dar per scontato l’esito del voto: già in passato l’elettorato britannico ha dimostrato d’esser volubile.
Nel 1945, appena finita la guerra, il conservatore Winston Churchill fu battuto alle elezioni del luglio di quell’anno: eppure aveva, insieme agli americani, sconfitto Hitler;
Nel 1970, Harold Wilson, laburista, convocò le elezioni generali, perché i sondaggi lo davano vincente: dalle urne però uscì una maggioranza tory, perciò dovette abbandonare il N. 10 di Downing Street;
Nel 1992, i Labours partivan avvantaggiati sui Tories dopo l’uscita di scena di Margaret Thatcher: in effetti, i primi seggi assegnati eran tutti “rossi”, poi cambiarono le cose per cui John Major rimase in carica altri 5 anni e Neil Kinnock dovette dimettersi.
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QUATTORDICI ANNI
I Conservatori arrivan a queste elezioni col fiato grosso: son rimasti al potere 14 anni: dapprima in coalizione coi Lib-Dems, poi da soli; han espresso cinque Primi Ministri, tra cui la meteora Liz Truss, durata in carica solo 50 giorni; attuato la Brexit; gestito malissimo la pandemia; messo in mostra tutte le loro divisioni tra un’ala dura, nazionalpopulista, ed una più pragmatica.
Se l’esito del voto sarà quello che i sondaggi prevedono, sicuramente dovranno cercarsi una nuova leadership che prepari la strada per un riposizionamento: nella tradizione britannica, quando i partiti si radicalizzano, si candidano alla sconfitta.
Accadde ai Labours, guidati dall’estremista Jeremy Corbyn, che nel ’19 subì la peggiore sconfitta in quasi un secolo di esistenza del partito.
Avvenne la stessa cosa, a parti invertite, nel 1997, quando Tony Blair conquistò 419 seggi alla camera su 646.
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IL SISTEMA BRITANNICO
Mentre in Italia si discute di premierato e non si riesce ad immaginare un procedimento mediante cui sceglier un leader che possa governare per 5 anni, la Gran Bretagna dimostra ancora una volta di disporre degli strumenti istituzionali giusti.
Il Primo Ministro ha il potere di proporre al sovrano di convocare le elezioni, dopo il voto se ottiene la maggioranza ai Comuni può rimanere in carica e continuare a governare col suo gabinetto.
Se perde, dà le dimissioni e il suo posto è preso dal leader più votato.
Certo, anche a Londra e dintorni è soffiato il vento del populismo che ha proiettato Boris Johnson al N. 10 di Downing Street per tre anni, ma sembra che la malattia sia ormai superata e forse in futuro ritroveremo un Regno Unito meno nazionalista e più collaborativo sul piano internazionale ed europeo.
Forse non lo riavremo tanto presto nell’UE, ma almeno non così ostile.
PIER LUIGI GIACOMONI