COSTA D’AVORIO. LA MALEDIZIONE DEL CACAO
(4 Maggio 2020)
ABIDJAN. La Costa d’Avorio, o Côte d’Ivoire, come chiede d’esser chiamata a livello internazionale, uno degli Stati africani che acquisiscono l’indipendenza nel 1960, è per lungo tempo definita il “miracolo africano”: stabile, florida, alleata dell’Occidente.
Il segreto? Il lungo regno di Félix Houphouët-Boigny, che dal 1960, anno dell’indipendenza al 1993, anno della morte, governa col bastone e la carota questa giovane nazione, conseguendo ottimi risultati sul piano socioeconomico, almeno per il primo ventennio.
Abidjan, infatti, è una grande esportatrice di cacao e di altri prodotti tropicali e dalla sua vendita sui mercati delle materie prime ricava considerevoli introiti.
Ma il gigante ha i piedi d’argilla: la materia prima non viene trasformata in loco e il paese è dipendente dai prezzi che si stabiliscono a Londra e New York nelle piazze finanziarie dove si contrattano le commodities e si firmano i contratti.
Negli anni 80 il miracolo va in frantumi e il primo decennio del XXI secolo è quello in cui uno dei posti più tranquilli d’Africa, è sconvolto da una sanguinosa guerra civile.
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\FéLIX HOUPHOUET-BOIGNY.
L’uomo che per trentatré anni incarna il potere ad Abidjan e compie le principali scelte in campo economico e geopolitico si chiama Félix Houphouët-Boigny (1905 – 1993).
Nato il 18 ottobre 1905 a Ngokro (ora Yamoussoukro), , Félix Houphouët-Boigny (nome originale Dia Houphouët) è figlio d’un capo Baoulé, una delle etnìe principali del Paese.
Nel 1944, mentre in Europa infuria la seconda guerra mondiale e la Francia, potenza coloniale, sta per esser liberata dagli angloamericani, fonda il primo sindacato dei coltivatori neri di cacao. La sua prima rivendicazione è l’abolizione del lavoro forzato e l’eliminazione di tutte quelle leggi che favoriscono i coloni bianchi a scapito degli agricoltori autoctoni.
nel 1946, dopo che Parigi ha proclamato la costa d’Avorio Territorio d’oltremare (TOM), Houphouët-Boigny è eletto all’Assemblea Nazionale francese e promuove un disegno di legge che sopprime il lavoro forzato in tutte le colonie, cosa che fa aumentare la sua popolarità nel Paese. Intanto fonda il Partito Democratico (PDCI) che dominerà la scena politica nazionale per sessant’anni.
Nel decennio successivo, Houphouët, che aggiunge al cognome la particella Boigny, da un lato modera il suo radicalismo iniziale, dall’altro concentra nelle proprie mani un crescente potere: divide il suo tempo tra la Francia, dove arriva ad esser nominato Ministro per la Sanità Pubblica (1957-58) e Ministro di Stato (1958-60), e la Costa d’Avorio, dove ricopre simultaneamente le cariche di Presidente dell’Assemblea territoriale (1953-59) e di Sindaco d’Abidjan.
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Quando Charles de Gaulle nel 1958 indìce nei territori d’oltremare africani dei referendum per stabilire il loro futuro, Houphouët-Boigny fa con successo campagna per l’autogoverno in seno alla Comunauté française: vinto il plebiscito diventa capo del governo locale e nel 1960 assume la Presidenza della Repubblica.
Rieletto successivamente senza rivali fino al 1985, subisce contestazioni al suo regime quando il “miracolo ivoriano” s’indebolisce. Inoltre, non giova all’immagine del Presidente la spesa di oltre 200 milioni di dollari per la costruzione d’un’enorme basilica, Notre Dame de la Paix, a Yamoussoukro, suo villaggio natale, dove viene trasferita la capitale amministrativa.
Crollati i regimi comunisti dell’Europa orientale François Mitterrand impone ai leader africani d’aprire le porte al multipartitismo: in CDA nel 1990 si tengono le prime presidenziali con più candidati.
Houuphouët-Boigny è rieletto per la settima volta, ma è l’ultima: il 7 dicembre 1993 a 88 anni si spegne, lasciando al suo vice Henri Konan Bédié (1934) il compito di gestire la nazione.
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IL “MIRACOLO AFRICANO”.
Al momento della proclamazione dell’indipendenza nazionale, la Costa d’Avorio è il Paese più prospero dell’Africa Occidentale Francese: dal suo territorio provengono infatti oltre il 40% delle esportazioni totali della regione. Houuphouët-Boigny ed il suo esecutivo assicurano ai coltivatori di prodotti tropicali prezzi elevati per stimolarne ulteriormente la produttività. Dalle piantagioni di caffè giunge una quantità tale di prodotto da proiettare il Paese al terzo posto nella classifica mondiale degli esportatori dopo Brasile e Colombia.
Per il cacao avviene lo stesso: già nel 1979 il Paese ne è il maggiore produttore mondiale, diventando ben presto anche il maggior esportatore africano di ananas ed olio di palma. Tecnici francesi pilotano da dietro le quinte questo programma, noto come il “miracolo Ivoriano”: Per vent’anni l’economia mantiene un tasso annuo di crescita di quasi il 10%. Si tratta del livello d’incremento più alto tra i paesi africani non esportatori di petrolio.
Houphouët-Boigny, consapevole d’aver bisogno del know how degli europei favorisce l’afflusso di tecnici, insegnanti e consiglieri bianchi: la comunità francese, per esempio, passa in pochi anni da 10.000 a 50.000 unità. La stessa cosa accade anche per altri imprenditori stranieri che trovano ospitalità ad abidjan.
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SI ROMPE L’INCANTESIMO.
Gli anni 80, però, decretano la fine del “miracolo: la quasi monocultura del cacao ed il taglio di vaste superfici di foresta pluviale generano siccità e scompensi ambientali: la produzione di cacao diminuisce, ma perdono velocità anche i redditi ricavati dalla sua vendita, perché sui mercati internazionali la materia prima cala di prezzo. La stessa cosa avviene anche per altre derrate da esportazione.
Gli enormi investimenti decisi dai governi non sono più finanziati e le banche internazionali,che negli anni 60 e 70 concedono generosi crediti a bassi tassi d’interesse, ora rivogliono indietro i loro soldi ed applicano saggi molto più alti.
In breve, esplode il debito estero dei paesi del Terzo mondo: per far fronte a quest’evenienza gli stati chiedono aiuto al Fondo Monetario Internazionale che ovunque applica la stessa ricetta: concede prestiti a condizione che i governi applichino severe misure di austerità.
Si impone il taglio della spesa pubblica, la privatizzazione dei servizi non essenziali, la svalutazione della moneta nazionale. Le misure così imposte determinano ovunque proteste,soprattutto nelle città sovrappopolate del sud del mondo.
E’ la crisi: le classi popolari, che nel frattempo hanno lasciato le campagne per inurbarsi scoprono improvvisamente che il benessere non arriva ed accusano i regimi autoritari del continente, anche con ragione, d’autoritarismo, corruzione, nepotismo.
la Costa d’Avorio non fa eccezione: Houphouet-Boigny ha costruito tutte le sue fortune sul successo economico del suo paese, utilizzando anche gli strumenti messi a disposizione dal potere: paternalismo, controllo dell’informazione, partito unico: i dissidenti sono messi da parte o lusingati dal potere.
Nel 1982, Laurent Gbagbo (1945), che più tardi diverrà protagonista della scena politica nazionale, fonda, ispirandosi al Partito Socialista francese, il Fronte Popolare ivoriano (FPI), ma le autorità lo mettono fuori legge. Allo stesso tempo, ad Abidjan dilaga la criminalità e scioperi con manifestazioni popolari di protesta sono all’ordine del giorno.
Di fronte alle rivendicazioni popolari che chiedono a gran voce libertà e democrazia, oltre che pulizia nelle stanze del potere, l’anziano e malato Presidente è costretto a concedere maggiore libertà.
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IL DOPO HOUPHOUET.
Scomparso il leader fondatore, la lotta per il trono coinvolge almeno quattro persone:
– Henri Konan Bédié (1934) scelto da Houphoet come successore;
– Robert Guéi (1942-2002) capo delle forze armate, emarginato da Bédié, ma successivamente protagonista della scena politica, seppur per breve tempo;
– Laurent Gbagbo che si sta facendo un nome come oppositore del PDCI;
– Alassane Ouattara (1942) che assume la leadership del partito del Nord e si batte per il riscatto delle popolazioni musulmane che si sentono emarginate dal potere.
Il primo ad entrare in scena è Konan Bédié che assume l’eredità del potere e prova ad imporre la sua dittatura: nel ’95 impedisce ai suoi rivali di candidarsi alla Presidenza e poi si gioca la carta etnica per escludere dalla corsa Ouattara.
Bédié, infatti, abbraccia l’ideologia della ivorianità: non può diventare presidente chi non discende da una famiglia veramente ivoriana. Ouattara, figlio di genitori del Burkina Faso, già Alto Volta, per il momento deve farsi da parte.
L’iniziativa del Presidente è però incendiaria: Nei suoi decenni di governo Houphouet si è sempre ben guardato dal suscitare conflitti etnici, consapevole che la materia poteva essere esplosiva. Bédié utilizza l’ivoirité per puntellare il suo traballante regime.
In più, accentua il suo autoritarismo finché il 24 dicembre 1999 è deposto da un colpo di Stato militare: lo guida un altro dei suoi nemici, il generale Robert Guéi.
Per un anno Guéi capeggerà una giunta militare per poi cedere il ruolo di capo di Stato a Gbagbo.
La tensione però tra Nord e sud non fa che aumentare: il 19 settembre 2002 il Nord insorge ed occupa la città di Bouaké: in breve i miliziani nordisti dilagano e pare che il regime di Abidjan sia al collasso.
In quelle convulse settimane Guéi è assassinato e Gbagbo assume la presidenza.
Sembra che la Costa d’Avorio stia andando in frantumi, in preda alla più totale anarchia: tanto più che le regioni occidentali, quelle confinanti con Liberia e Sierra Leone passano sotto il controllo dei signori della guerra che si combattono senza esclusione di colpi nei due Paesi vicini per controllare i traffici clandestini di diamanti.
Deve intervenire l’esercito francese che rioccupa le province ormai sfuggite al controllo di Abidjan.
Il conflitto tra Nord e Sud si trascina fino alle presidenziali del 2010: dalle urne emerge vincitore Ouattara, ma Gbagbo rifiuta di cedere il potere fino all’aprile 2011.
E’ di nuovo Parigi a sciogliere il nodo: abbandona Gbagbo al suo destino, (verrà arrestato e condotto all’aia per esser processato dalla corte internazionale che l’accusa d’aver commesso gravi crimini contro l’umanità e dà il via alla presidenza di Ouattara.
Alassane Ouattara è quindi il vincitore finale della contesa per il trono iniziata nel ’93: il presidente che ha annunciato il suo ritiro per la fine dell’anno, ha cercato in questi anni di pacificare il Paese. In particolare si è battuto per la fine del Franco CFA la moneta unica dell’Africa occidentale francese e si è fortemente impegnato per la realizzazione dell’accordo sul libero scambio nel continente.
ora vorrebbe anche gettare le basi per la creazione d’un’infrastruttura locale per la trasformazione del cacao in cioccolato made in Cote d’ivoir.
Ad ottobre sono previste nuove elezioni presidenziali: si vedrà se sarà un cambio della guardia pacifico o se antichi attriti riesploderanno precipitando il paese di nuovo nel caos.
PIER LUIGI GIACOMONI