CILE. RESPINTA LA COSTITUZIONE DI DESTRA
(29 Dicembre 2023)
SANTIAGO DEL CILE. Dopo la “costituzione di sinistra”, i cileni han respinto a larga maggioranza il progetto di costituzione redatto da un’assemblea costituente controllata dalla destra.
Questo il verdetto del “plebiscito constitucional” tenutosi il 17 dicembre: secondo i dati diffusi dal ServEl, l’organismo che in Cile sovraintende alle competizioni elettorali i voti “a favor” son stati 5.470.025, pari al 44,24%; i voti “en contra” 6.894.287, ossia il 55,76%.
Completano il quadro 480.730 schede nulle e 169.921 bianche.
Complessivamente han votato 13.014.963 su un totale di circa 15 milioni di aventi diritto al voto: si trattava d’una votazione obbligatoria, ma un paio di milioni di cileni si son tenuti alla larga dalle urne.
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VITTORIA DELLA SINISTRA?
Se il plebiscito costituzionale del 4 Settembre 2022 era stato facilmente interpretato come un trionfo della destra, dopo l’elezione alla presidenza di Gabriel Boric, oltre che l’espressione del malcontento popolare per le mancate realizzazioni del Governo d’ultrasinistra, il voto del 17 dicembre 2023 rappresenta una presa di distanza dalle posizioni oltranziste della destra che disponeva di 34 seggi su 50 del Consiglio costituzionale.
Tra i partiti di destra il più forte era il repubblicano che era riuscito a far eleggere 22 consiglieri: in questo modo lo schieramento conservatore ha fortemente influenzato i lavori dell’assemblea costituente, facendo approvare un testo risultato indigesto sia al centro che alla sinistra.
Le conseguenze del voto costituzionale sono due:
1. il Cile, nell’immediato futuro, si terrà la costituzione elaborata nel 1980 durante la dittatura di Augusto Pinochet Ugarte e modificata in diverse parti dopo il ritorno della democrazia. Tutt’al più, se si raggiungeranno delle cospicue maggioranze, il Congresso potrà apportare al testo in vigore delle modifiche qua e là;
2. Gabriel Boric Font, che durante la campagna per le presidenziali del 2021 aveva promesso una nuova costituzione che archiviasse gli anni del pinochetismo, dopo aver visto cadere sia la maxicostituzione del 2022 che quella del 2023, ora dichiara che il paese ha altre urgenze e tra queste non vi è la revisione della legge fondamentale.
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LE RAGIONI DEL RIGETTO
I cileni, che nel 2020 si erano schierati a favore con l’80% dei voti d’una profonda revisione costituzionale che riconoscesse i diritti alla sanità pubblica, all’istruzione di massa e al sistema pensionistico universale, han rifiutato un testo che nella sostanza lasciava immutate le norme introdotte ai tempi della dittatura.
In secondo luogo, è subentrata nell’opinione pubblica la stanchezza per il dibattito costituzionale e per il voto, mentre, dopo l’emergere della pandemia, altre sono le urgenze: in primo luogo la sicurezza, seguiti dal narcotraffico e dalla crisi economica.
Da ultimo, è evidente l’incapacità delle numerose forze politiche in campo di trovare un compromesso condivisibile dalla maggioranza: la “costituzione di sinistra” del 2022 era troppo schierata sul lato progressista, voleva normare qualunque cosa fin nei minimi dettagli; la “costituzione di destra” del 2023 è sembrata più il programma politico del partito repubblicano e del suo ex candidato presidenziale José Kast che una legge fondamentale che potesse andar bene a tutti o quasi.
Ora il governo Boric e le istituzioni dovranno dimostrare di sapersi occupare delle necessità dei cileni da qui alle presidenziali del 2025: se la sinistra può esser soddisfatta d’aver archiviato il progetto di costituzione ideato dai repubblicani, non può dormire sonni tranquilli, considerando l’evidente disillusione delle classi popolari che quattro anni fa scesero per le strade per protestare contro la politica del Presidente Piñera e nel 2021 elessero il giovane Boric sperando in profondi cambiamenti che non si sono ancora realizzati.
PIER LUIGI GIACOMONI