CATALOGNA. Fallimento d’un plebiscito.
(28 settembre 2015).
BARCELLONA. Il plebiscito indetto per consacrare definitivamente la secessione della Catalogna dalla Spagna è sostanzialmente fallito: la forte mobilitazione dell’elettorato ben oltre le aspettative ha messo in minoranza le forze separatiste che hanno ottenuto complessivamente il 47,6% dei voti, ossia ben al di sotto di quella maggioranza assoluta dei catalani, cui aspirava.
anzi, in voti assoluti, i sovranisti hanno perso terreno sia rispetto alle elezioni regionali del 2012, sia rispetto al referendum autogestito del 9 novembre 2014.
Ciò nonostante, spetterà alla coalizione junts pal sí (sp. juntos para el sí, it. insieme per il sì) governare la comunità autonoma. Insieme alla lista CUP i secessionisti occupano 72 dei 135 seggi del Parlamento catalano, ma in realtà il punto di vista dei diversi attori in campo è molto differenziato:
Convergencia democrática, il partito di Artur Mas è una formazione d’orientamento liberale e moderato che ha governato la Catalogna per molti anni ed è stata investita da diversi scandali;
Esquerra Republicana è una formazione di centro-sinistra che predica una politica progressista;
CUP è una formazione dichiaratamente anticapitalista che pretende l’immediata uscita della Catalogna dalla Spagna e dall’UE.
Soprattutto CUP minaccia di non votare per l’investitura del nuovo presidente della regione se questi sarà Artur Mas, ossia l’attuale capo del governo di Barcellona, perché il suo partito è coinvolto in diversi scandali di corruzione.
La saga della separazione della Catalogna dalla spagna è ben lontana dal concludersi, anzi, se a dicembre a Madrid dovesse insediarsi un governo nazionale di sposto ad aprire un negoziato serio sul futuro delle diverse comunità autonome e sull’eventuale trasformazione del regno iberico in uno stato federale, la questione potrebbe sul lungo periodo sgonfiarsi.
PIERLUIGI GIACOMON