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CATALOGNA. ESITO ELETTORALE INCERTO
(22 Dicembre 2017)

BARCELLONA. Il giorno dopo la “noche electoral” durante la quale sono stati diffusi i risultati delle elezioni regionali in Catalogna, si può legittimamente affermare che l’esito elettorale è molto incerto e le propsettive di governabilità sono alquanto nebulose.
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I risultati. Rispetto alle elezioni del 27 settembre 2015 il fronte indipendentista si è presentato diviso: “junts pel sí” non si è ripresentata, mentre sono state proposte tre liste: “Junts per Catalunya, composta dal Partito Demócrata de Catalunya ed indipendenti, Esquerra Republicana (ERC) e la CUP.

Certi sondaggi delle ultime settimane davano per probabile una maggioranza relativa di ERC, ma alla prova dei fatti il partito storico dei repubblicani catalani ha avuto meno seggi di JPC (32 contro 34). La CUP, poi ha subìto una grave emorragia di voti e si è ritrovata con solo 4 deputati (sei in meno rispetto alla precedente camera).

Complessivamente, il fronte sovranista dispone della maggioranza assoluta nella nuova assemblea, ma otto dei suoi deputati sono in carcere e potrebbero non essere in grado d’esercitare il loro mandato.

Il fronte unionista si è anch’esso presentato diviso ed i risultati sono alterni: Ciudadanos è la formazione politica più votata col 25,1% dei voti e 37 seggi, (dodici in più rispetto al 2015), il PSC, ala catalana del PSOE, ha registrato un lieve progresso, aumentando d’un’unità la propria rappresentanza parlamentare, il PP, il partito del Premier Mariano Rajoy, ha ceduto di schianto perdendo d’un colpo otto seggi (3 anziché 11).

Serata deludente per la lista patrocinata da Pablo Iglesias ed Ada colau, il primo leader nazionale di Podemos, la seconda sindaco in carica di Barcellona: la linea né con gli uni, né con gli altri non ha pagato e la lista prende solo otto seggi.
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Prospettive di governabilità. Come dicevamo all’inizio le prospettive per la formazione d’un governo regionale stabile ed efficiente si presentano quanto mai incerte. Il fronte sovranista ha la maggioranza, ma ormai sono di dominio pubblico le divergenze che separano il PEDECAT ed ERC, inoltre la pura riproposizione del governo Puigdemont e la riattivazione delle leggi per la disconnessione della Catalogna dalla Spagna farebbero scattare di nuovo l’art. 155 della costituzione e il conseguente scioglimento dell’amministrazione autonoma.

Un governo del fronte unionista al momento non ha i voti per venir eletto.

Potrebbe allora emergere una terza via che contempli da un lato la revisione della Costituzione nazionale, in particolare del Titolo VIII, quello dedicato alle competenze delle comunità autonome e la formazione a Barcellona d’un esecutivo che metta da parte la rivendicazione indipendentista in favore d’una trattativa ampia, volta a ridefinire le competenze dell’amministrazione regionale.

Perché questo acada occorre però che si depositi un po’ del polverone sollevato in queste settimane e che il muro contro muro verificatosi tra favorevoli e contrari all’indipendenza della Catalogna venga superato.

Dalle elezioni di ieri è emerso chiaro e forte che la maggioranza dei catalani è contraria alla nascita d’uno stato e per la prima volta nella storia della regione un partito dichiaratamente unionista riceve il maggior numero di voti.

Sono segnali da tener in conto e sui quali la politica dovrà esercitare la propria capacità di mediazione e di ricomposizione dei conflitti.

PIER LUIGI GIACOMONI

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