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CACERES
(9 Ottobre 2016)

«Combatto e combatterò ancora, nel nome di mia madre». Bertha Isabel Zúniga Cáceres, 26 anni, è figlia di quella
Bertha Cáceres assassinata a marzo in Honduras perché difendeva i diritti della sua etnia, i Lenca, ed organizzava
marce per impedire alle multinazionali d’impadronirsi della terra e delle risorse naturali degli indios
dell’America Centrale.

Nel 1992 fondò il Consiglio nazionale delle Organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh), falcidiato
dagli squadroni della morte pagati dai latifondisti.

Oltre che instancabile attivista politica,fu anche madre: diede alla luce quattro figli, tre femmine e un maschio
che ora si battono per i diritti della loro gente e perché siano arrestati e giudicati coloro che l’hanno uccisa.

«Ci ha cresciuti – dice Bertha Isabel – insegnandoci che l’acqua e la terra sono un bene comune e che vanno
difese per garantire la sopravvivenza del popolo,»

«Era come una sorella, parlavamo davvero di tutto, anche delle cose che a una madre non diresti mai”. Oggi mama
Bertha, la guardiana del Rio, non c’è più. Nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2016 le hanno sparato otto colpi nel
suo appartamento a Esperanza, a 200 chilometri dalla capitale Tegucigalpa. “Era nel mirino da tempo, il suo impegno
politico l’aveva fatta diventare scomoda.»

Il nome di Bertha entra nella lista nera nel 2013, dopo che inizia a opporsi alla Diga Agua Zarca, progetto
dell’impresa Desarollo energetico S.A. (DESA) e della cinese Sinohydro
in costruzione sul rio Gualcarque, considerato sacro dai lenca. Nel 2015 aveva vinto il Goldman Prize, il Nobel
alternativo per l’ambiente. Aveva mostrato ai giornalisti i messaggi con cui Bustillo, capo della sicurezza del
progetto idroelettrico, la minacciava di stupro.

Dal 2009, anno del colpo di Stato in Honduras che rovescia il presidente Manuel Zelaya, le multinazionali, favorite
dalle privatizzazioni delle risorse idriche e minerarie, acquisiscono sempre più potere nel Paese. E la vita degli
attivisti si fa davvero dura.

«Molti omicidi rimangono irrisolti, le aziende assoldano mercenari che, con la complicità della polizia,
terrorizzano la popolazione.»

Malgrado le dichiarazioni fatte dal Presidente Juan Orlando Hernández all’indomani del delitto, con le quali
giurava che gli assassini sarebbero stati assicurati alla giustizia, ad oltre sei mesi dall’omicidio, le indagini
«sono ancora secretate.»

Bertha Isabel ed i suoi fratelli, però, non si danno per vinti ed organizzano, a rischio della loro stessa vita,
manifestazioni di protesta, utilizzando anche il web per far conoscere le proprie iniziative.

«Non chiediamo solo che i suoi assassini siano arrestati, vogliamo anche che sia fatta chiarezza sulla rete
criminale che ha causato la sua morte.»

PIER LUIGI GIACOMONI

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