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BURKINA FASO.

LA GIUNTA OSCURA I MEDIA OCCIDENTALI
(1 Maggio 2024)

OUAGADOUGOU. La giunta militare al potere in Burkina Faso oscura i media occidentali: per due settimane sarà impossibile per i burkinabé vedere i siti di BBC e Voice of America.

Per altre testate, tra cui Le Monde, Deutsche Welle, TV5Mondo il blocco è senza limiti di tempo, fin a nuovo ordine.

La decisione è stata presa dal Consiglio superiore della Comunicazione in seguito alla pubblicazione di stralci del rapporto pubblicato da Human Rights Watch (HRW) su un massacro avvenuto due mesi fa nel nord del Paese.

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I FATTI

Il 25 febbraio 2024 «l’esercito di Ouagà ha «giustiziato almeno 223 civili», tra cui 56 bambini.

Concretamente, a Nodin e Soro, due villaggi assediati dai jihadisti, i soldati hanno ordinato agli abitanti di lasciare le loro case per riunirli in tre gruppi, uomini, donne e bambini, aprendo quindi il fuoco indiscriminatamente.

Anche coloro che tentavano di salvarsi, fuggendo, son stati abbattuti a fucilate.

Una donna di 32 anni, ferita alle gambe, ha raccontato: «Ci han chiesto perché non li avessimo avvertiti dell’arrivo dei terroristi. I militari si son dati la risposta da soli: “Anche voi siete dei jihadisti” ed han iniziato a spararci addosso.»

Human Rights Watch definisce la carneficina uno dei peggiori abusi compiuti dall’esercito in quasi un decennio di lotta contro la coalizione jihadista che imperversa nel Paese dal 2015.

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LE REAZIONI

Il ministro burkinabé per le comunicazioni, in una dichiarazione, se l’è presa particolarmente con HRW: «mentre un’inchiesta è in corso per stabilire i fatti e identificare gli autori, HRW è stata capace, con immaginazione sconfinata, di identificare i colpevoli e pronunciare il suo verdetto», al fine di «gettare discredito sulle nostre forze combattenti». 

Da 9 anni circa il Burkina Faso è alle prese con una coalizione di movimenti jihadisti che si muove nel Sahel praticando la politica del “mordi e fuggi”. Soprattutto di notte, ma non solo, i guerriglieri attaccano i villaggi mettendoli a ferro e fuoco.

Le autorità, sia di Ouagà che dei paesi vicini non riescono a controllare il territorio: secondo il governo almeno il 40% di esso è fuori dalla portata delle Forze Armate.

Solo nel 2023 sono morte in questo conflitto almeno 7.000 persone e 2 milioni han dovuto abbandonare le loro abitazioni.

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LA NATO NEL SAHEL

Intanto, mentre le giunte che governano Mali, Niger e Burkina Faso stringon alleanze con Russia e Cina, la NATO ipotizza d’investire denaro e truppe per sottrarre il Sahel dal controllo delle due superpotenze autocratiche.

A tal fine sta valutando la possibilità d’aprire missioni di formazione e consulenza in alcuni dei suoi partner in quelle regioni, un passo senza precedenti.

L’Alleanza Atlantica, che è percepita nella maggior parte di questi paesi come un’organizzazione che si muove secondo due pesi e due misure e persegue solo gli interessi degli Stati del Nord, studia l’incremento del dialogo politico e diplomatico, promuove una nuova narrazione per contrastare questi messaggi e altre formule di collaborazione, come le missioni consultive.

la NATO, dunque, allarga il proprio sguardo anche all’Africa settentrionale e al Sahel in un momento in cui i diversi conflitti in atto paiono essere episodi d’un confronto più ampio tra potenze autoritarie e democratiche.

La NATO ritiene che la propria sicurezza sia strettamente legata a quelle del Medio Oriente, del Nord Africa e del Sahel, dove prevalgono enormi sfide economiche, politiche e demografiche; ulteriormente alimentate dalla crisi climatica e dall’insicurezza alimentare.

L’instabilità provoca lo spostamento delle popolazioni vulnerabili e le pressioni migratorie che attraversano l’area.

Tuttavia, la sola opzione militare non è sufficiente se non si offre alle popolazioni saheliane delle serie prospettive di benessere dove vivono: l’Africa avrà nel 2050 2 miliardi d’abitanti, prevalentemente giovani, desiderosi di scrivere pagine nuove nella loro storia.

Se l’Occidente democratico non saprà sostenere queste persone aiutandole ad uscire dal sottosviluppo, si butteranno nelle braccia di chi, a parole, offrirà prospettive di riscatto socioeconomico e politico.

E’ quanto emerso chiaramente dalle recenti elezioni senegalesi nelle quali proprio i giovani han sostenuto un nuovo leader che ha promesso di liberare il paese dalla corruzione e dal malgoverno, oltre che dalle oligarchie che da decenni reggono il potere in quel Paese e negli altri.

PIER LUIGI GIACOMONI

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