BENIN: SVOLTA AUTORITARIA
(27 Giugno 2019)
PORTO-NOVO. Nel Benin è in atto da alcuni mesi una svolta autoritaria, col ripristino d’un regime monopartitico, costituito dalle forze che appoggiano il Presidente della Repubblica Patrice Talon.
In marzo, la commissione elettorale, in vista delle elezioni legislative, ammette alla competizione solo i partiti della Mouvence Presidentielle, la coalizione che appoggia il capo dello stato: squalificati, quindi, tutti i candidati proposti dall’opposizione. Allo stesso tempo, l’ex presidente Thomas Boni Yayi, accusato di tramare contro il regime, è costretto agli arresti domiciliari.
In queste condizioni, il 28 aprile, giorno del voto, la Mouvence Presidentielle ottiene la totalità dei seggi in palio: 83 su 83.
Tuttavia, quando il 16 maggio si riunisce per la prima volta la nuova Assemblea Nazionale, la cerimonia avviene in un clima di tensione: il palazzo del Parlamento è controllato dai soldati, i deputati sono scortati in aula dalle forze di sicurezza, fuori intanto chi non condivide la svolta autoritaria del Presidente fa sentire la propria voce.
La situazione è così grave che qualche giorno dopo, In un messaggio radiotelevisivo, il Presidente Patrice Talon accusa le forze d’opposizione d’aver violato il codice elettorale, ma fa altresì sapere d’essere pronto d’avviare un dialogo contro i critici del Governo, lasciando intendere di non sentirsi completamente tranquillo.
La tensione nel Paese continua a crescere: a metà giugno nuove proteste provocano la reazione stizzita delle forze armate che aprono il fuoco sulla folla dei contestatori uccidendo una decina di persone: il 17 giugno però, scrive la stampa locale, vengono avviate conversazioni per una pacificazione del clima generale.
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DAL DAHOMEY AL BENIN. Territorio facente parte dell’impero coloniale francese nell’Africa occidentale, bagnato dal Golfo di Guinea, il Dahomey diviene indipendente il 1° agosto 1960, nell’ambito del processo di decolonizzazione voluto dal Gen. de Gaulle. Subito è evidente che il nuovo Stato poggia su basi molto fragili, dilaniato dal conflitto storico tra le etnìe che abitano vicino alla costa, dove sorgono la capitale amministrativa Porto-Novo e quella economica Cotonou, e quelle che vivono nell’interno. Queste ultime si sentono discriminate dalla nuova amministrazione e rivendicano i propri diritti. Ne scaturiscono disordini e il Presidente Hubert Maga accentua il proprio autoritarismo.
Così, per spegnere la tensione crescente, nell’ottobre 1963, le forze armate attuano il primo d’una lunga serie di colpi di Stato, in linea con quanto sta accadendo in altri Stati africani. Solo che nel Dahomey, la fragilità dei regimi è patologica: tra il ’63 ed il ’72, per ben cinque volte, a distanza di due anni, si verificano cinque sollevazioni militari, finché nel 1972 il colonnello maggiore Mathieu Kérékou prende il potere e lo tiene per sé ed il suo clan per oltre vent’anni.
Nel 1975, con un improvviso voltafaccia, impone anche il cambio del nome allo Stato: al posto della Repubblica del Dahomey, nasce la Repubblica Popolare del Benin. la dottrina ufficiale del Paese diviene il Marxismo-Leninismo, che poi sarà abbandonato a fine anni Ottanta, quando risulterà evidente la crisi dei Paesi comunisti d’oltre cortina.
Con l’introduzione in tutta l’Africa del multipartitismo, anche il Benin avvia la sua conferenza nazionale, è riscritta la costituzione e sono convocate libere elezioni a tutti i livelli. Kérékou accetta di non essere più il Presidente, almeno per qualche anno, finché gli elettori non lo chiameranno alla suprema magistratura tra il 1996 ed il 2006, come leader politico civile, non più come capo d’una giunta militare: morrà ad 82 anni nel 2015.
Dal 1991 fino al giro di vite di questi mesi, il piccolo Stato dell’Africa occidentale, è considerato uno degli esempi più riusciti di democrazia nel continente nero. Ora però è tutto in discussione.
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PATRICE TALON. Il Presidente beninese è un uomo d’affari, noto nel suo Paese come il “re del cotone”, perché ha forti interessi nel settore guida dell’economia nazionale.
come per altri, ad un certo punto, il passo dal business alla politica, è breve: prima nel 2006 e nell”11 finanzia le campagne elettorali di Thomas Boni Yayi, che occupa la Presidenza per dieci anni, poi decide di mettersi in proprio, anche perché l’alleanza col capo dello stato è andata in pezzi.
Boni Yayi, infatti, nel 2012 l’accusa d’aver tentato d’avvelenarlo, costtringendolo a fuggire in Francia e poi nel ’16, non potendosi più ripresentare, lancia contro di lui la candidatura del Primo Ministro Lionel Zinsou.
Talon lo sconfigge, divenendo Presidente della Repubblica: assumendo la carica, promette di combattere il terrorismo, la criminalità organizzata e di creare le condizioni per una vera unità nazionale.
Tuttavia, sia gli emendamenti costituzionali da lui proposti, volti a non render immediatamente rieleggibile il Capo dello Stato, sia le riforme varate per liberalizzare il mercato del lavoro e tagliare il sovrabbondante pubblico impiego, cozzano con forti opposizioni tanto in parlamento, quanto nell’opinione pubblica, provocando scioperi e proteste.
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IL BENIN. Situato nell’Africa occidentale, bagnato dal golfo di Guinea, confina ad est con la Nigeria ad ovest col Togo, a nord col Burkina Faso: da questo Paese provengono frequenti minacce alla sicurezza nazionale a causa delle infiltrazioni di attivisti islamici che vorrebbero creare nell’area uno Stato islamico di fede salafita.
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Abitato da 11 milioni di persone, occupa una superficie di 112.622 KMQ.
Oltre al francese, lingua ereditata dalla dominazione coloniale, si parlano Fon, Ge, Bariba, Yoruba, Dendi; da un punto di vista religioso, oltre a cristianesimo ed Islam, sono diffusi riti tradizionali come il Voudou, diffuso anche in America.
Sul piano economico, il Benin, malgrado una certa crescita del PIL, rimane un Paese in via di sviluppo con sacche di povertà, soprattutto nel Nord. Il prodotto d’esportazione più coltivato è il cotone, insieme al cacao: negli anni Novanta sono state scoperte ingenti riserve di petrolio e gas naturale al largo della costa. Sono diffusi fenomeni di schiavitù anche minorile.
PIER LUIGI GIACOMONI