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AUSTRIA. KURZ TORNA IN SELLA
(1° Ottobre 2019).

VIENNA. Le elezioni legislative in Austria riportano in sella l’enfant prodige della politica viennese: l’ex

Cancelliere Sebastian Kurz avrà nei prossimi giorni dal Presidente van der Bellen l’incarico di formare il nuovo

Governo.

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I RISULTATI.

I VINCITORI.

A spoglio praticamente ultimato, che però non comprende i voti inviati per posta da un milione circa di elettori,

il Partito Popolare (ÖVP) ha ottenuto il 38,35% dei voti ed ha eletto 71 deputati sui 183 che compongono il

Consiglio nazionale, la camera bassa del parlamento di Vienna.

Nelle elezioni del 2017, aveva raccolto il 31,5% e 62 mandati.

In forte crescita anche i Verdi ed i liberali di NEOS.

I Grünen conseguono il 12,35% (+8,5%) ed eleggono 26 deputati: solo due anni fa non avevano superato la quota di

sbarramento fissata al 4% fermandosi al 3,8.

NEOS, lista d’orientamento liberale ottiene il 7,36% e porta in parlamento 15 eletti.

Nel 2017, aveva raccolto il 5,3% e 10 seggi.

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GLI SCONFITTI.

I grandi sconfitti di queste elezioni sono i socialdemocratici dell’SPÖ che pur essendo all’opposizione scendono

dal 26,9% di due anni fa al 21,54% odierno e perdono 11 seggi (41 anziché 52).

Crolla verticalmente l’FPÖ, destra sovranista e populista, che ottiene il 17,25%, mentre solo due anni fa aveva

raggiunto il 26% delle preferenze.

In Parlamento il partito di Norbert Ofer elegge 30 parlamentari (-21).

Scompaiono dalla scena politica alcune liste che due anni fa avevano superato lo sbarramento ed ottenuto seggi,

come la Pilz che aveva ottenuto il 4,4% ed otto seggi.

Da ultimo va notata una netta flessione della partecipazione: due anni fa aveva votato l’80% degli elettori,

stavolta solo il 75,1: un segnale di malcontento nei confronti della coalizione turchese-blu che ha diretto il

paese nell’ultimo biennio, ma anche nei riguardi dei Socialdemocratici che pagano l’esser stati per decenni al

governo e d’aver le mani in pasta in numerosi scandali.

Gli austriaci, in buona sostanza, hanno preso le distanze dal truculento nazionalpopulismo di Heinz christian

Strache e da una leadership dell’SPÖ che appare bisognosa d’un profondo rinnovamento.

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GOVERNO TURCHESE-VERDE.

Toccherà allora al 33enne Sebastian Kurz guidare l’austria per i prossimi cinque anni e potrebbe decidere di

formare una coalizione coi Verdi, così come già avviene in alcuni Länder dove ÖVP e Grünen governano insieme.

I primi tentativi già questa settimana, il popolare potrebbe telefonare a Werner Kogler, 57 anni, Leader dei Verdi,

per sondarne la disponibilità  ad un patto di coalizione.

«Di certo – scrive La Stampa – i due non potrebbero essere più diversi, quanto a stile politico. E potrebbero

metterci tempo a convincere i rispettivi elettori ad accettare una coalizione: i «green» vedono il Kaiser

conservatore come loro nemico, da quando ha portato l’estrema destra al potere, molti sostenitori di peso di Kurz,

tra cui agricoltori e grandi aziende, sono diffidenti nei confronti di un’agenda troppo spinta sulla lotta

all’inquinamento. Anche il tono dei due frontman in campagna elettorale non è stato amichevole, tanto che l’ex-

futuro cancelliere ieri mattina in un’intervista a Radio Ö1 predicava un atteggiamento più rispettoso «per il bene

del Paese».

Kogler indica una delle possibili piste di accordo: la politica europea. I Verdi austriaci sono su posizioni ben

più aperte del conservatore nei confronti dei migranti, e chiedono di non espellere chi possiede una casa e un

lavoro nel Paese, ma non spingono per nuovi arrivi. Certo, non sono per i muri al confine austriaco.

Un patto tra Popolari e Verdi potrebbe dunque funzionare se anche l’economia fosse spinta nella direzione di una

protezione del clima: entrambi i partiti sono favorevoli alle nuove tecnologie e promuovono le energie rinnovabili.

Kurz è però contrario ad una tassa sulla CO2 e sugli aerei, come vorrebbero gli ecologisti.

Il Governo Turchese-Verde sarebbe una completa novità  per la Repubblica d’Oltralpe. Ma già  di fatto funziona nei

Länder da anni: in Tirolo, nel Vorarlberg dal 2014 (che tra due settimane andrà  alle urne), a Salisburgo, dal

2018. Tanto che il governatore tirolese Günther Platter (popolare) ha dichiarato ai giornali: «Ho avuto ottime

esperienze con questa alleanza». Anche il presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen, ex leader verde,

spinge in questa direzione.

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L’AUSTRIA.

Dopo la dissoluzione dell’impero asburgico che fino al 1918 si estendeva dalla Slesia alla Bosnia-Erzegovina e

comprendeva una decina di etnìe, l’Austria è stata ricondotta a dimensioni più ridotte. Oggi è una repubblica

federale composta da 9 tra Länder e città-stato. Le amministrazioni regionali hanno ampia autonomia e sono

rappresentate alla Camera alta.

Il Consiglio Nazionale, ovvero la camera bassa, è eletto ogni 5 anni a suffragio universale libero, diretto e

segreto da tutti i cittadini che abbiano raggiunto i 16 anni di età il giorno delle elezioni: l’assemblea vara le

leggi e dà la fiducia al governo presieduto dal Cancelliere, nominato dal Presidente Federale.

Il Capo dello Stato è eletto ogni sei anni a suffragio universale: egli nomina il Capo del Governo ed indìce le

elezioni legislative che possono anche esser fissate in anticipo rispetto alla scadenza del mandato in caso di

crisi politica irrisolvibile.

Nel dopoguerra la scena politica nazionale è stata dominata dai Socialdemocratici e dai Popolari che per lunghi

decenni hanno collaborato insieme in governi di Grande coalizione. L’austria è un paese neutrale, cioè come la

Svizzera, non aderisce a nessuna alleanza militare,ma dal 1995 è membro dell’Unione Europea e, data la sua notevole

solidità economica, ha adottato l’Euro come le confinanti Germania, Slovenia ed Italia.

la sua particolare posizione geografica, al centro dell’Europa, ai confini con l’ex “cortina di ferro” l’hanno

collocata per decenni in una posizione strategica per seguire da vicino ciò che accadeva nel blocco sovietico.

Negli ultimi due anni, a causa della formazione del governo di centro-destra tra Popolari e Partito della Libertà,

travolto a maggio dallo scandalo denominato Ibizagate, Vienna è divenuta un ulteriore alleata del gruppo di

Visegrad, il quartetto di paesi dell’Est (Polonia, Cechia, Slovacchia ed Ungheria) che rifiuta d’accogliere

migranti ed ha innalzato muri ai confini.

Se però fra alcuni mesi si dovesse formare un esecutivo tra i democristiani e i Verdi la condotta austriaca

potrebbe modificarsi: sarebbe un ulteriore sconfitta per i nazional-populisti che in quest’ultimo decennio hanno

avuto dovunque il vento in poppa, ma che ora paiono in fase di ripiegamento.

PIER LUIGI GIACOMONI

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