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AUSTRIA. CRISI DELLA “GROSSE KOALITION”
(27 Maggio 2017)

VIENNA. La “Grosse Koalition” ,su cui si reggeva il Governo austriaco, è crollata: il Partito Popolare, partner minore della compagine, ha annunciato il suo ritiro dall’esecutivo rendendo quasi inevitabili le elezioni anticipate, probabilmente in autunno.

All’origine della crisi politica vi sono sia motivi di conflitto tra i due partiti che compongono l’esecutivo di Vienna, SPÖ? e ÖVP, nonché dissidi insanabili all’interno dell’ÖVP tra le diverse correnti.

In particolare, i dissapori sono divenuti insanabili sulle scelte da fare in economia e sulla politica da adottare nei confronti degli immigrati, vera ossessione della politica austriaca in questi anni.

Prima “vittima sacrificale” del confronto in atto è stato il vice Cancelliere Reinhold Mitterlehner che l’11 maggio ha rassegnato le dimissioni da tutte le cariche occupate, sia per protesta per una trasmissione televisiva satirica, sia perché incalzato dall’ascesa del rampante Ministro per gli Affari Esteri Sebastian Kurz.
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Mitterlehner. Tre sono probabilmente i fattori che hanno spinto Mitterlehner a farsi da parte:

1. La progressiva intransigenza del Cancelliere Federale, il socialdemocratico Christian Kern, che ha adottato nei confronti del fenomeno migratorio toni duri, al fine soprattutto di sottrarre consensi all’estrema destra;
2. l’analoga intransigenza dei suoi compagni di partito, in particolare del Ministro per gli Affari Interni Wolfgang Sobotka sullo stesso dossier;
3. il fallimento di tutti i tentativi di compromesso posti in atto da Mitterlehner per far proseguire il cammino delle riforme promesse dall’esecutivo e non ancora attuate.

In più, nel Partito Popolare da tempo si viveva in una fase d’incertezza: non era ormai un mistero che il giovane Ministro per gli Affari Esteri, Sebastian Kurz, 30 anni, aspirasse ad assumere la leadership. Questi però non si decideva, finché le dimissioni rassegnate da Mitterlehner hanno reso inevitabile il cambio della guardia al vertice.
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Kurz. Sebastian Kurz è l’enfant prodige della politica austriaca. Entrato nel governo a soli 27 anni, secondo alcuni è l’unico che possa risollevare le sorti dei Popolari e far guadagnar loro dei voti, riportandolo addirittura al conseguimento della maggioranza relativa.

Kurz, che ha adottato posizioni dure sul controllo dell’immigrazione, va a gonfie vele nei sondaggi e non ha rivali nel partito: sta costruendo la propria immagine di statista, sfruttando il ruolo di capo della diplomazia e, per quest’anno, di Presidente dell’OSCE.

Ora che è divenuto capo dell’ÖVP punta ad elezioni anticipate per capitalizzare fin in fondo la propria popolarità.

Nell’accettare il 14 maggio scorso l’investitura, il trentenne Kurz ha promesso un radicale rinnovamento del partito, ha chiesto ed ottenuto dai maggiorenti – un fatto senza precedenti – una sorta di pieni poteri, soprattutto nelle nomine e nelle candidature, anche a livello regionale. Il suo nome figurerà
nel simbolo della lista elettorale della “nuova ÖVP”.

Si è invece ben guardato dal farsi nominare Vice Cancelliere: sia perché la sua ambizione non è quella di fare il numero due oggi, ma il capo del governo domani, sia perché non vuole subìre lo stesso logoramento che Kern ha inflitto a Mitterlehner.

In qualche misura, la sua figura assomiglia a quella di Emmanuel Macron: come il nuovo Presidente francese è giovane, aitante, dinamico, desideroso di introdurre cambiamenti ne grigio scenario politico viennese, ma è anche programmaticamente vago, al fine – sottolineano gli osservatori – d’allargare il bacino elettorale del suo partito.

In particolare, egli ha l’ambizione di sottrarre consensi sia ai socialdemocratici, accreditati oggi del 27% delle intenzioni di voto, sia dell’FPÖ, che secondo i più recenti sondaggi d’opinione, godrebbe d’un seguito pari al 30%.

Le sue prese di posizione nette in materia di immigrazione gli hanno già fruttato l’accusa di inseguire la destra di Heinz-Christian Strache, leader dell’FPÖ, sul suo terreno.

In particolare, Kurz propone come soluzione al problema del flusso migratorio d’adottare il “metodo australiano” che consiste nello scortare i barconi carichi di migranti, intercettati nel Mediterraneo, nel porto di partenza.
Inoltre, è un fermo oppositore dell’ingresso della Turchia nell’UE.

Tuttavia – notano gli analisti – senza un consolidamento della chiusura della rotta balcanica, sforzi per restringere quella libica e correzioni ai generosi sussidi elargiti ai migranti, non si può realisticamente sperare di togliere vento al partito che fu di Jörg Haider e che fa della lotta contro l’immigrazione uno degli argomenti di punta della propria battaglia politica.

Così, Kurz morde il freno e vuole le elezioni al più presto: «Non è giusto – ha dichiarato – continuare con questa campagna elettorale permanente, è perciò meglio tornare al voto. Una cosa è certa, così non possiamo continuare.»

riferendosi poi alla situazione interna all’ÖVP aggiunge:?
«Il partito deve accogliere le teste migliori, a prescindere dalla tessera.»

La sua ipotesi strategica è di condurre una campagna elettorale di critica all’apertura delle frontiere europee ai rifugiati decisa dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, di stabilire regole sempre
più chiare per i profughi e di spingere l’Ue a controllare con più efficacia le sue frontiere.

Se l’obiettivo di guadagnare voti sarà centrato, facendo risalire le quotazioni dell’ÖVP dall’attuale 20% delle intenzioni di voto, non si può escludere che Kurz voglia formare una coalizione con l’FPÖ, come accadde nel 2000 quando Jörg Haider, che aveva conseguito la maggioranza relativa alle elezioni legislative, permise al conservatore Wolfgang Schüssel di guidare l’esecutivo.

Già oggi, in due delle nove regioni, l’FPÖ è al governo coi popolari o coi socialdemocratici.
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L’Austria oggi. La crisi che si è aperta nel governo austriaco è la diretta conseguenza della dura campagna elettorale presidenziale svoltasi nel 2016 e che qui abbiamo seguito passo per passo. come si ricorderà, al primo turno delle presidenziali, il 24 aprile 2016, il candidato ufficiale dell’FPÖ Norbert Hofer aveva ottenuto la maggioranza relativa dei voti ed i candidati di SPÖ ed ÖVP avevano raccolto ciascuno l’11% delle preferenze.

Conseguenza: nessuno di loro si era qualificato per il ballottaggio decisivo. dopodiché a dicembre l’ecologista Alexander Van der Bellen si era aggiudicato la corsa col 53% delle schede.

Nel frattempo, si era aperta una crisi di governo che aveva portato all’uscita di scena del Cancelliere Werner Faymann, che si era assunto la responsabilità politica del disastro nelle elezioni presidenziali, seguita dalla nomina di Christian Kern alla presidenza dell’SPÖ ed alla Cancelleria.

Così, il clima politico in Austria, Paese solitamente noioso e dove non accade quasi nulla, si è surriscaldato fino ai fatti di queste settimane.

Per l’Europa, si apre una nuova fonte di preoccupazione con la possibilità che entro la fine dell’anno un partito populista e nazionalista, come l’FPÖ vada al governo e possa richiedere l’uscita della repubblica alpina dall’Unione e da Eurolandia.

PIER LUIGI GIACOMONI

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