AUSTRALIA. I LABURISTI TORNANO AL GOVERNO
(5 Giugno 2022)
CANBERRA. I laburisti tornano al governo del commonwealth australiano dopo nove anni di opposizione: le elezioni federali del 21 maggio decretano, seppur di misura, il cambio della guardia al vertice.
Tuttavia, come rileva ad esempio Anthony Green, storico analista elettorale dell’ABC, l’emittente pubblica australiana, Mai, laburisti e liberali, «son caduti così in basso».
Infatti, come vedremo più oltre, i due schieramenti tradizionali della politica australiana conseguono in questa circostanza percentuali di voto veramente umilianti, mentre indipendenti, Verdi e forze minori raccolgono consensi lusinghieri, anche se questo non sempre si traduce in numero di eletti.
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I RISULTATI.
Nel dettaglio, secondo la commissione elettorale, che solo il 31 maggio attribuisce tutti i 151 seggi della Camera dei Rappresentanti, i laburisti ne ottengono 77, contro i 58 dei nazionalliberali ed i 16 andati a Verdi ed Indipendenti.
In termini percentuali, i Labors raccolgono il 33% dei voti, mentre la coalizione nazionalliberale il 36%. Il resto se lo prendono i Verdi (12%), gli Indipendenti (5%), One Nation (5%) e United Australia (4%).
La vera vittima di queste consultazioni è il Partito Liberale che perde consensi in diverse circoscrizioni, tra cui molte roccaforti storiche e manda in parlamento solo 42 deputati (19 in meno rispetto alla precedente legislatura); gli alleati del National Party, invece, conservano i loro 16 mandati, potendo contare sul fedele sostegno dell’elettorato agrario che li ha sempre sostenuti.
Scott Morrison, leader liberale e premier uscente, ha riconosciuto la sconfitta e ceduto la guida del partito all’ex ministro della difesa Peter Dutton, ex poliziotto, figura controversa, che in passato si è lasciato andare a battute poco felici sull’innalzamento del livello del mare a seguito dei cambiamenti climatici.
Contemporaneamente alla proclamazione dei risultati definitivi della tornata elettorale, Il 31 Maggio, il nuovo Primo Ministro anthony Albanese, 61 anni, ha reso nota la composizione completa del suo ministero che comprende 13 uomini e 10 donne, tra questi Penny Wong, nuova titolare degli Esteri che il 26 Maggio si è recata nelle isole Figi per rassicurare le autorità di Suva sull’impegno del nuovo esecutivo di Canberra sugli effetti del cambiamento climatico che tanto preoccupa i responsabili degli stati isolani del Pacifico.
Già, perché proprio le questioni legate alla crisi climatica sembra siano in cima alle preoccupazioni dell’opinione pubblica dopo i disastrosi incendi che hanno devastato nell’estate 2020-21 l’isola-continente e gli uragani che l’hanno successivamente battuta tra il 2021 e il ’22: «Verdi e teal [indipendenti] – scrive Adam Morton sul Guardian Australia – hanno sbattuto fuori i parlamentari conservatori di un governo che diceva di agire sulle emissioni ma non lo faceva, concedeva invece grandi somme di denaro all’industria dei carburanti fossili ed era considerato un freno globale alla lotta sul cambiamento climatico.»
I laburisti, in passato piuttosto timidi sulla questione climatica e la politica di salvaguardia dell’ambiente, per evitare d’urtare una fetta dell’elettorato, ora sembrano decisi ad imporre una svolta, anche perché, soprattutto fra i giovani, crescono le ansie in rapporto alla crisi climatica.
Il nuovo esecutivo, inoltre, ha già partecipato ad una riunione del QUAD, l’accordo che riunisce, oltre all’Australia, anche Stati Uniti, Giappone ed India. La crescente presenza cinese nel pacifico preoccupa perché potrebbe cambiare gli assetti strategici in un’area che finora era fortemente legata all’Occidente.
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I PROTAGONISTI
SCOTT MORRISON
Divenuto Primo Ministro nel 2018 dopo che all’interno del gruppo parlamentare liberale una mozione di sfiducia aveva detronizzato il suo predecessore Malcolm Thurnbull, vicino a Tony Abbott, premier ultraconservatore dal 2013 al ’15, Scott Morrison ne ha adottato il linguaggio e l’orientamento.
Durante la pandemia di Covid-19, prima Canberra ha imposto la politica dell’isolamento, con lunghi mesi di chiusura delle frontiere, poi ha aperto le porte a tutti, subendo una terrificante ondata di contagi, a causa delle lacune nella copertura vaccinale.
In politica estera, l’ex Primo ministro ha posto l’Australia al centro della strategia di contenimento della Cina nell’ottica statunitense. Se su questo frangente i risultati sono stati migliori, Morrison ha comunque subito un duro colpo con l’accordo quadro firmato dalle Isole Salomone con Pechino: uno smacco per Canberra, che aveva più volte assicurato gli alleati occidentali d’avere salda presa sui microstati del Pacifico. A questi elementi si aggiungono le posizioni ultraliberiste in economia. Solo davanti alla recrudescenza della pandemia e alla crescita dell’inflazione a causa della guerra russo-ucraina, Morrison ha applaudito alla decisione della Reserve Bank of Australia d’alzare i tassi d’interesse, onde evitare la svalutazione del dollaro locale.
«Sul tema estremamente scottante del cambiamento climatico – scrive Emanuele Bobbio[1] – il governo ha tenuto una posizione dura, quasi assimilabile al negazionismo, frutto anche dell’alleanza che lo sostiene. Il National Party, in particolare, è molto vicino ai produttori carboniferi – principali finanziatori della coalizione – che non accettano limitazioni alle attività estrattive.»
Infine, le scelte del governo sono state accompagnate da diversi scivoloni mediatici, tra cui molti ricordano le inopportune vacanze di ben 10 giorni di Morrison alle Hawaii mentre infuriavano gli “Australian Fires”,[2], ossia i devastanti incendi che colpirono l’isola-continente nella caldissima estate 2020-21. Tale sconsiderato comportamento è stato rilevato dai sondaggi effettuati alla vigilia del voto proprio nelle regioni maggiormente colpite dal fuoco: in esse i liberali han perso moltissimi seggi e Morrison il potere.
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ANTHONY ALBANESE
«Figura totalmente differente – prosegue bobbio – è Anthony Albanese. Storico leader della sinistra del Labor Party e perenne numero 2 del partito, Albanese è un uomo pacato, spesso schivo, che vanta un’ampia esperienza nelle istituzioni, visti i suoi molti anni in Parlamento e nel governo, in cui ha ricoperto anche la carica di vicepremier di Kevin Rudd nel 2013.»
Divenuto leader laburista, dopo la sconfitta nelle elezioni del 2019, quando i sondaggi prevedevano un successo che poi non si verificò, ha progressivamente moderato le sue posizioni. D’orientamento repubblicano, l’australia è uno dei 15 Stati al mondo che considerano Elisabetta II Windsor loro capo di stato, rappresentato a Canberra da un Governatore generale, è contrario alla dura politica applicata dai governi che si son fin qui succeduti sull’immigrazione.[3]
E’ a favore dell’istituzione d’un servizio sanitario gratuito, simile al National Health Service britannico.
Tuttavia, il timore d’una nuova sconfitta, ha convinto il nuovo leader a condurre una campagna elettorale mettendo più in evidenza i fallimenti e gli scivoloni mediatici dell’avversario e oscurando i propri propositi programmatici, considerando il progressivo spostamento a destra dell’elettorato che nell’ultimo decennio ha garantito, elezione dopo elezione, il potere ai conservatori.
Albanese ha condotto il Labor party a identificarsi con le esigenze dei cittadini: lo Stato, sostiene il nuovo premier può mettersi al loro fianco, non sostituendoli, ma supportandoli. Facendo, ad esempio, da garanzia per l’acquisto della casa di proprietà o allungando i tempi di restituzione dei mutui accesi presso le banche o assicurando piccoli sussidi in appoggio alle esigenze delle persone ove si trovino in difficoltà economiche.
«Una campagna, dunque, non in grande stile e priva di proclami, capaci solo di attirare le critiche dei media conservatori, ma attenta alle esigenze degli elettori», conclude Bobbio. .
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LE INCERTEZZE DEL VOTO E IL COMPLESSO SISTEMA ELETTORALE
Come già accaduto, i sondaggi della vigilia hanno poco senso considerato il sistema con cui si eleggono i deputati alla Camera di Canberra. Gli elettori, che tra l’altro sono tenuti a recarsi alle urne pena una multa di 15 euro, al momento del voto, in ciascuna circoscrizione, esprimono sulla scheda un ordine di preferenze da 1 in poi. dopo che è stata scrutinata la prima preferenza, se nessun nominativo ottiene la maggioranza assoluta, si passa alla seconda, poi alla terza.
Ad ogni conteggio son eliminati i candidati meno votati e i loro consensi vengono trasferiti su quelli col maggior seguito. di eliminazione in eliminazione si arriva così al duello tra i due nomi più forti: risulta eletto colui che raggiunge la maggioranza assoluta.
Questo significa che in ciascun collegio elettorale è importante raccogliere il massimo dei consensi e creare delle alleanze per potersi garantire l’elezione.
Il sistema elettorale australiano non sempre conduce al governo il partito che ottiene su scala nazionale il maggior numero di prime preferenze, ma quello che su scala locale riesce a vincere più seggi.
La Camera dei Rappresentanti rimane in carica al massimo tre anni, ma può esser sciolta in anticipo, quando sia necessario.
Accanto ai Rappresentanti, che esprimono il governo, normalmente si elegge anche metà del Senato che si compone di 76 membri. Ognuno dei sei Stati della confederazione elegge 12 senatori, sei ogni tre anni. I due territori autonomi eleggono due senatori ciascuno. Gli eletti sono scelti in base al sistema del voto singolo trasferibile (STV).
Gli elettori indicano sulla scheda un ordine di preferenza da 1 in poi: scrutinata la prima scelta si procede a successivi conteggi e a trasferimenti di voti dai candidati meno votati a quelli col maggior seguito, fino a determinare il numero degli eletti.
Può accadere che nelle due camere si formino maggioranze diverse e succede che liste che non riescono ad eleggere rappresentanti, ottengano un discreto numero di senatori.
Poiché la Costituzione del 1901 attribuisce al Senato competenze simili a quelle della Camera, succede che un progetto di legge approvato da un ramo del Parlamento venga bloccato nell’altro. In questo caso la norma prevede che se entro tre mesi tra le due assemblee non si raggiunge un accordo, il Governatore generale può sciogliere il legislativo e convocare le elezioni anticipate.
Ciò dà al Senato molta voce in capitolo sulle leggi più importanti e può provocare anche la paralisi delle istituzioni: questa circostanza si è già più volte verificata tanto durante amministrazioni laburiste, quanto conservatrici.
Pandemia, crisi climatica, rincaro, crisi abitativa nelle città, relazioni intercomunitarie tra le diverse etnie, interferenze cinesi nel Pacifico, questo e molto altro è il complesso quadro in cui si inserisce ora il nuovo governo di Canberra che ha promesso d’essere più inclusivo e che presto dovrà fronteggiare le numerose sfide che l’attendono.
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L’AUSTRALIA
Grande 7,6 milioni di kmq, abitata da 25 milioni di persone in un territorio per gran parte desertico e inospitale, l’Australia è una confederazione di sei Stati (Australia Meridionale, Australia Occidentale, Nuovo Galles del Sud, Queensland, Tasmania, Vittoria) e due territori autonomi (Territorio settentrionale e della Capitale).
Ognuna di queste entità gode d’una larga autonomia ed elegge propri parlamenti e governi.
Capo dello Stato è la regina Elisabetta II Windsor rappresentata a Canberra da un governatore generale: da decenni si discute nel Paese se abbandonare la monarchia in favore d’una repubblica, ma un referendum popolare svoltosi nel 1998 decretò il successo della prima.
Per gran parte del Novecento laburisti e conservatori si sono alternati al potere anche se questi ultimi han diretto il paese per più tempo: dal 1949 al ’72, dal ’75 all’83, dal ’96 al 2007. I Labors spesso divisi al loro interno tra moderati e radicali han subìto non di rado sconfitte umilianti alle elezioni federali e statali.
Sul piano internazionale Canberra rivendica un ruolo importante nel Pacifico e nel sud est asiatico dove ha estesi interessi politici ed economici: partecipò con propri contingenti alle guerre di Corea (1950-53) e del Vietnam (1963-75) ed alla pacificazione della Cambogia dopo la caduta dei Khmer rossi (1979-94). Stretta alleata degli Stati Uniti è impegnata ad evitare che l’influenza cinese si estenda alle aree geografiche di propria competenza.
PIER LUIGI GIACOMONI
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NOTE:
[1] E. Bobbio, Elezioni in Australia: il partito laburista ci crede, in affarinternazionali.it, 15 maggio 2022.
[2] Gli australian Fires furono i disastrosi incendi che interessarono gran parte dell’Australia nell’estate 2020-21: le fiamme si estesero per settimane tra novembre 2020 e febbraio ’21 e furono domate solo dalle piogge di fine stagione.
[3] L’Australia ha condotto negli ultimi decenni una politica molto selettiva nei confronti degli immigrati: da un lato, ha offerto condizioni estremamente favorevoli a gente “qualificata” proveniente dall’Europa affinché si recasse a lavorare sull’isola-continente, dall’altro, ha deportato in territori lontani (l’isola di Natale o quella di Nauru, ad esempio) gli immigrati poco qualificati provenienti dall’Asia. Questa politica, seguita tanto da governi conservatori quanto da amministrazioni laburiste, è stata frequentemente criticata dalle organizzazioni per la difesa dei diritti dell’uomo per la sua natura discriminatoria nei confronti di chi proveniva da paesi molto poveri o colpiti da guerre e massacri. Senza contare che le persone deportate in luoghi inospitali vivevano e vivono tuttora in condizioni definite da molti disumane.