ATLANTE
GLI STATI CAMBIAN NOME
(21 Ottobre 2023)
NEW DELHI. L’India vuol ribattezzarsi Bharat: è solo l’ultimo caso d’un paese che, acquisita l’indipendenza, vuol cambiar nome.
In Africa, parecchi stati postcoloniali, in tempi più o meno diversi, han assunto altre denominazioni, rispetto all’epoca in cui eran sottomessi alle potenze europee: in Asia, il cambio del nome è stato fin qui meno frequente, ma ci son ugualmente diversi mutamenti.
Del resto, si sa che nome, bandiera,inno e moneta son il biglietto da visita d’uno Stato e non di rado il termine con cui si fa chiamare, rievoca momenti gloriosi del passato, talvolta mitizzato.
Gli odierni Mali, Ghana e Benin, una volta Sudan francese, Costa d’Oro e Dahomey, prendon il loro nome da antichi imperi africani che nel Medio Evo raggiunsero grande splendore; lo Zimbabwe, un tempo Rhodesia, si collega idealmente col regno che secoli fa portava lo stesso nome.e che prima dell’arrivo dei Portoghesi nel XV secolo era fiorente.
In un’epoca di rinascita dei nazionalismi è un modo non sempre innocente d’affermare una propria identità, magari a spese d’una minoranza etnico-religiosa che si vorrebbe emarginare.
Piuttosto che far un elenco dei Paesi che negli ultimi decenni han preso un nome diverso da quello ereditato dai tempi degli imperi coloniali, preferiamo proporre alcuni casi: qualcuno bizzarro, qualcun altro più serio.
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CONGO, ZAIRE, POI ANCORA CONGO
quando il 30 Giugno 1960, il Congo diventa indipendente, prende il nome dal fiume che l’attraversa. In realtà, in Africa, i Congo son due: c’è l’ex belga, molto esteso, e il già francese, di piccole dimensioni: il confine tra i due è il fiume. Le due capitali sono una di fronte all’altra: a sud, sorge Léopoldville, a nord, Brazzaville.
Non di rado, coloro che voglion sfuggire alle frequenti guerre che devastan uno dei due Paesi, l’attraversan sulle piroghe per cercar scampo sull’altra riva.
Ottenuta l’indipendenza, dicevamo, il Congo che fu belga ad un certo punto abbraccia per volontà di Mobutu Seseseko la dottrina dell’autenticité.
Nel 1972 impone ai congolesi di rinunciare ai nomi di battesimo occidentali[1], lui stesso smette di chiamarsi Joseph Désiré, vuol che la gente indossi panni secondo la foggia tradizionale e cambia i nomi a tutte le città. Léopoldville diventa Kinshasa; Stanleyville, Lubumbashi…
Anche lo Stato si ribattezza: anziché Congo, si chiamerà Zaire:
«Mobutu – Scrive David Van Reybrouck[2] trovava [questo nome] più autentico dell’indicazione coloniale “Congo”. Il Padre della Rivoluzione si era basato su uno dei più antichi documenti scritti: una cartina portoghese del sedicesimo secolo. Lì l’ampio fiume che serpeggiava nella sua terra veniva indicato come “Zaire”. Ma, poco dopo, scoprì che si era trattato di una stupidaggine: Zaire era lo spelling sbilenco della parola nzadi, che in lingua kongo significa “fiume”. Quando, nei pressi della foce, i portoghesi chiesero agli indigeni come si chiamasse quella grande, vorticosa massa d’acqua, quelli risposero semplicemente “fiume”: nzadi, ripetevano. Zaire, capirono i portoghesi. [Quella terra, dunque] dovette il suo nome alla fonetica approssimativa di un cartografo portoghese di quattro secoli prima.»
Detronizzato Mobutu (1997), il Paese riprende il suo antico nome: Laurent Désiré Kabila vi aggiunge “Repubblica democratica”, sicuramente per distinguerlo dall’altro Congo, quello che sta a nord del fiume e che ha in Brazzaville la sua capitale.
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DA INDIA A BHARAT
I primo ministro indiano Narendra Modi, dicevamo, vorrebbe che l’India assumesse il nome di bharat, un termine sanscrito tratto dalle scritture di circa 2.000 anni fa.
In effetti, in questi decenni già diverse grandi città indiane han modificato il loro nome: Calcutta è diventata Kolkata, Madras, Chennai; Bombay, Mumbai.
Finora nessuno però aveva pensato di mutar nome all’intero Stato.
«Al recente vertice del G20 che si è tenuto a New Delhi il 9 e 10 settembre . narra Alessandro Michelucci[3] – Narendra Modi, si è presentato come “primo ministro di Bharat”. Non solo, ma vuole che questo diventi il nome ufficiale dell’India. A prima vista questa può sembrare solo una mossa di immagine, ma molto probabilmente è funzionale al ruolo di primo piano che il Paese asiatico vuole svolgere all’interno dei Brics (il gruppo composto da Cina, Russia, Sud Africa e Brasile, ora in allargamento da 5 Paesi ad almeno 11), rafforzando al tempo stesso le relazioni commerciali con l’Unione europea. In altre parole, si tratta di cancellare l’immagine di un’India marginale, veicolando invece una sensazione di novità e di potenza.
Il termine Bharat, che viene già usato da molti funzionari indiani, ha infatti una forte carica identitaria. Del resto, Modi è un esponente del Bharatiya Janata Party (Partito del Popolo Indiano), espressione di un nazionalismo indù spesso intollerante, che vuole affermare la superiorità di questa religione sulle altre. Sono soprattutto i musulmani (14% della popolazione) che vengono periodicamente presi di mira dagli attacchi verbali del premier, ma anche i cristiani sono stati spesso oggetto di discriminazioni e violenze da parte di estremisti.»
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DA BIRMANIA A MYANMAR
Per rimanere in Asia, anche la Birmania, in inglese Burma, nel 1989, per volontà della giunta militare che dal 1962 la governava, cambiò nome allo Stato e a molte città, cancellando l’eredità coloniale.
La Birmania divenne Myanmar e l’ex capitale, Rangoon, ribattezata Yangon.
«Il nome del paese – si legge su en.wikipedia[4] – è stato oggetto di controversia e disaccordo, in particolare all’inizio del XXI secolo, concentrandosi principalmente sulla legittimità politica di coloro che utilizzavano l’espressione Myanmar e quelli che preferivan pronunciare la parola Birmania.
Entrambi i nomi derivano dal precedente birmano Mranma o Mramma, etnonimo del gruppo etnico maggioritario birmano, di etimologia incerta. Si ritiene comunemente che i termini derivino dal sanscrito Brahma Desha, “terra di Brahma”.»
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DA SWAZILAND A ESWATINI
Nel 2018, il re assoluto di Swaziland, uno Stato dell’Africa meridionale completamente circondato dal Sud Africa, stabilì che il nome del suo paese non andava più bene: per Mswati III, infatti, assomigliava troppo a Switzerland, quindi ordinò che d’allora in poi prendesse nome eSwatini.
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COME VUOI ESSER CHIAMATO?
Ci son paesi che ultimamente, per loro esigenze particolari, voglion esser chiamati nello stesso modo dai membri di tutta la comunità internazionale:
• La Costa d’Avorio, per esempio, vorrebbe che tutti la chiamassero Cóte d’Ivoire, anziché Costa de Marfil (spagnolo), Ivory Coast (inglese)…
• la Turchia, che quest’anno celebra i cent’anni dalla fondazione della Repubblica seguita all’impero ottomano, smembratosi dopo la prima guerra mondiale, amerebbe che tutti la chiamassero Türkiye, anziché Turkey, perché in inglese vuol dire “tacchino”.
• Persia e Siam son diventati in tempi diversi Iran e Thailandia, mentre i cinesi han cambiato nome alle province di turkestan e Tibet perché abitate da minoranze etnico-religiose non gradite a Pechino, anzi beijin;
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CAMBIANO LE LINGUE E MUTANO I NOMI
Ogni popolo ha dato ai diversi luoghi un nome che in qualche modo coincidesse con la propria lingua.
• La Germania è una nazione il cui nome cambia spesso: in tedesco è Deutschland, in francese, Allemagne;
• tutti noi diciamo che Carlo III è Re d’Inghilterra e che Amsterdam sta in Olanda, ma quei paesi si chiamano Gran Bretagna e Paesi Bassi;
• Per noi Atene è capitale della Grecia che diventa Elas nella loro lingua;
• gli ungheresi, infine, vivono in Magyar e i norvegesi in Norge…
Si potrebbe andar avanti quasi all’infinito: tuttavia tedeschi, inglesi, greci, olandesi, ungheresi e norvegesi, per il momento non costringon gli altri ad usare le loro rispettive lingue per definirli, come assolutamente voglion la Costa d’Avorio e la Turchia.
PIER LUIGI GIACOMONI
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NOTE:
[1] Si dice che la moglie di Mobutu, quand’egli ordinò che tutti smettessero d’usare i nomi di battesimo di foggia occidentale, gli abbia detto:
«Mi chiamo Antoinette e non cambierò affatto nome!»
[2] D. Van Reybrouck, Congo, Feltrinelli,
Milano, 2014;
[3] A. Michelucci, Perché l’India ora vuole diventare Bharat, avvenire.it, 19 ottobre 2023;
[4] Myanmar, https://en.wikipedia.org/wiki/Myanmar