AMO LA RADIO
(18 febbraio 2016).
BOLOGNA. “Amo la radio perché arriva tra la gente, entra nelle case, ti parla direttamente. Se una radio è libera, ma libera veramente, mi piace ancor di più perché libera la mente!”
Quest’è la dichiarazione d’amore di Eugenio Finardi per la radio: è una dichiarazione che condivide chiunque ami questo mezzo di comunicazione di massa.
La radio è, forse, uno dei media che più si è adattato alle nuove tecnologie: oggi è possibile ascoltare programmi radiofonici di tutto il mondo, sia in diretta che in podcast, sui computer e sugli smartphones, mentre le radio a transistor sopravvivono tranquillamente alla rivoluzione tecnologica.
La radio è un mezzo di comunicazione estremamente versatile e flessibile: diversamente dalla tv che richiede d’esser guardata, perciò fruita passivamente, permette a chi l’usa di proseguire a svolgere le proprie attività lasciandosi cullare magari da una musica suadente o ascoltando la lettura di qualche pagina d’un libro.
I suoi programmi possono essere molto più vari che in televisione: infatti da tempo in tv non vengon trasmesse commedie, concerti ed opere liriche, perché li si ritiene poco telegenici. In compenso impazzano i dibattiti urlati che, invece, pare riscuotano il favore popolare.
Volete qualche esempio di questa multidisciplinarità?
Alla radio è possibile ascoltare musica leggera, folk, jazz, concerti, opere liriche, testi scritti, dibattiti a due, tre quattro persone, poesie, documentari, cronache sportive, sedute parlamentari, comizi, omelie, funzioni religiose, interviste, inchieste, documentari, racconti di viaggio, reportages… ; il pubblico può rivolger domande ad un ospite in studio, può dedicar brani musicali ad amici e partners, può dialogare con esponenti politici, amministratori locali, sportivi.
I tempi radiofonici in genere sono più distesi ed è quindi possibile non fermarsi solo alla superficie.
La radio, inoltre, è un ottimo mezzo d’informazione: nei giorni del terremoto qui in Emilia-Romagna (maggio-giugno 2012), per citar solo un esempio, diverse stazioni locali fornirono alle persone colpite dal sisma notizie utili, nel momento in cui le reti di telefonia mobile facevan cilecca.
Nella mia vita la radio ha occupato, ed occupa un ruolo molto importante. Fin da piccolo ne ho avuta una che mi ha fatto compagnia in tanti momenti dell’esistenza. Ho ascoltato decine di commedie, sceneggiati, musica di tutti i tipi, notizie, opinioni sui fatti del giorno, cronache sportive.
Ho seguito con ansia avvenimenti drammatici, come la rivoluzione delle filippine dell’86, la guerra delle falklands dell’82, le vicissitudini di Apollo 13, la finale dei mondiali del 2006…
La radio ha viaggiato con me nelle diverse parti del mondo in cui sono stato ed ancor oggi non faccio un viaggio senza una piccola radio che m’accompagna.
Da ragazzo, poi, mi piaceva ascoltare le radio degli altri: sulle onde medie e le corte, stazioni come il BBC World Service, the voice of America, Radio France International, Radio Mosca… Era come girare il mondo pur rimanendo a casa propria.
Certo, l’ascolto, talvolta, non era agevole: quelle stazioni erano spesso evanescenti, qualche parola sfuggiva, ma era pur sempre una bell’avventura che apriva al mondo intero.
Oggi, non è più così difficile ascoltar le radio degli altri perché sono quasi tutte sul web e si possono seguire con una qualità d’audio nemmeno lontanamente paragonabile all’epoca delle onde corte e medie, ma l’estate scorsa, quand’ero in Grecia e non riuscivo a trovare una stazione locale che si esprimesse in una lingua comprensibile per me, ecco che è tornata attiva una radio con le onde corte, che avevo comprato tanti anni fa, che mi ha permesso di sapere cosa accadeva nel mondo.
Ogni anno, il 13 febbraio, si celebra la giornata mondiale della radio e fa veramente piacere, a chi come me, ama questo mezzo di comunicazione sociale, che era stato dato per morto non molti anni fa, constatare, al contrario, che è vivo più che mai.
PIERLUIGI GIACOMONI