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AFRICA

TOGO E CIAD VOTANO, MA L’ESITO E’ GIA’ SCRITTO
(21 Maggio 2024)

C’è un’Africa in cui le elezioni danno risultati inattesi, perché il voto è libero e ce n’è una invece dove si potrebbe già dire chi vince ancor prima che aprano i seggi.

Di recente, si è votato in Togo (29 aprile) e Ciad (5-6 maggio): la notizia di queste due consultazioni è passata quasi inosservata sulla stampa internazionale, perché l’esito era già scritto.

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TOGO

Come ampiamente previsto, UNIR (Union pour la République), il partito che domina la scena togolese dal 1967, una volta si chiamava RPT, ha vinto le legislative, conseguendo 108 seggi sui 113 che compongono l’Assemblea Nazionale.

Pubblicati i risultati, avallati dal Consiglio Costituzionale, Il Presidente Faure Gnasingbé ha promulgato la costituzione della Quinta Repubblica con cui si prevede di passare da un regime presidenziale al parlamentare.

La comunità internazionale ha reagito all’esito di questo voto con sollievo, perché considera la permanenza al potere di Gnasingbé preferibile a qualunque altro scenario, considerato l’alto tasso d’instabilità che regna in Africa occidentale.
(Le stesse truppe togolesi son impegnate nel Nord del Paese a fronteggiare le incursioni dei gruppi jihadisti che infestano da anni il Sahel).

«Diciannove anni dopo essere succeduto al padre, grazie ad una manipolazione della Costituzione e poi al massacro di centinaia di suoi connazionali – scrive Elise Barthet[1] – Faure Essozimna Gnassingbé, 57 anni, ha spianato la strada per restare a tempo indeterminato alla guida del Togo.»

Salito al potere, a seguito d’un pronunciamento delle forze armate, subito dopo la morte del Gen. Eyadéma (5 febbraio 2005), Faure ha utilizzato tutti gli strumenti a sua disposizione per rimanere al potere e finora c’è riuscito.

Il suo regime è altamente repressivo, ma gode dell’appoggio sia delle organizzazioni interafricane che del mondo della francofonia, cioè di Parigi.

Del resto, nemmeno a Lomé, l’annuncio dei risultati ha provocato reazioni: né barricate, né saccheggi, né manifestazioni. Per il “palazzo” il voto aveva il valore d’un referendum e il suo esito è un plebiscito, anche se l’opposizione parla di risultati «surreali, inimmaginabili e ridicoli». .

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CIAD

Mahamat Deby Itno è stato proclamato presidente eletto il 10 maggio dal Consiglio Costituzionale: il figlio di Idriss Deby Itno, leader del Ciad dal 1990 al 2021, avrebbe ottenuto il 61% dei voti.

La corsa presidenziale è però stata costellata da spargimenti di sangue e arresti d’oppositori: il 28 febbraio 2024, le forze armate han fatto irruzione nella sede del Partito Socialista senza frontiere ed han ucciso Yaya Dillo, da molti considerato il più serio avversario di Deby nella corsa presidenziale.

Recenti indagini condotte da esperti internazionali han dimostrato che a Diallo han sparato alla nuca, non come era stato detto da fonti ufficiali, in modo accidentale.

In pratica, s’è trattato d’un’esecuzione extragiudiziale.

«Con l’uccisione del suo più accanito rivale, – scrive nigrizia.it[2] – Mahamat Deby invia un segnale preciso alle voci contrarie alle politiche del regime e alla sua presidenza all’interno del clan dominante, zaghawa. Alimentando le profonde divisioni interne al clan, Deby rischia però di uscirne indebolito.»

E infatti, la sua elezione è contestata: Succès Masra, ex leader dell’opposizione in esilio, capo del governo di transizione sotto la presidenza di Deby Jr., accreditato del 18% dei voti, ancor prima della pubblicazione dei dati definitivi, pubblica sul suo profilo Facebook un video con cui si dichiara vincitore: «Quello che temevamo sta accadendo. Un piccolo gruppo di potere sta manipolando i risultati elettorali. Sappiamo tutti che vogliono privare il popolo della vittoria. A tutti i ciadiani che hanno votato per il cambiamento, che hanno votato per me, dico: mobilitatevi. Fatelo con calma, con uno spirito di pace».

In più di sessant’anni d’indipendenza, il Ciad ha conosciuto poca democrazia, molto dispotismo e tanta violenza.

Dal 1990 è una proprietà della famiglia Deby, pfima col padre, poi col figlio, salito al potere con un golpe tre anni fa.

Il Paese fa parte di quell’area dell’Africa che più ha subìto il ritorno al potere dei militari con l’ondata dei putsch che tra 2021 e 2023 ha interessato Burkina Faso, Guinea, Mali, Niger e Gabon: è il primo di questi a scegliersi il presidente con procedure apparentemente democratiche, ma vi son denunce di brogli ed irregolarità diffuse, nonché di sparatorie durante le operazioni di voto.

Quest’Africa, dunque, deve far ancora molta strada per costruire delle democrazie mature nelle quali la voce del popolo non venga manipolata dalle logiche di potere dei clan dirigenti.

PIER LUIGI GIACOMONI

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NOTE:

[1] E. Barthet, Togo : Faure Gnassingbé, l’autocrate « soft », lemonde.fr, 8 Maggio 2024;
[2] Redazione, Ciad: ucciso dai militari il principale oppositore del presidente, nigrizia.it, 1 Marzo 2024.

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