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ACCOMPAGNATORI, CIECHI E FALSI INVALIDI
(1° aprile 2016)

ROMA. Siamo alla vigilia d’un taglio delle indennità d’accompagnamento, ancorate magari al reddito?

E’ la domanda che uno si pone leggendo l’articolo apparso ieri sul Corriere a firma di Sergio Rizzo.

Col titolo “Accompagnatori, ciechi e falsi invalidi: cinque miliardi
di welfare clientelare”, veniamo informati che al sud vengon pagate più indennità e pensioni d’invalidità che al Nord, che talvolta la politica ha favorito la distribuzione di tali trattamenti in maniera clientelare, che tale modo di fare è servito soprattutto come calmiere sociale.

E fin qui niente di nuovo.

Veniamo alle cifre:

«L’Inps – scrive Rizzo – ci ha detto che in Italia si pagano 2 milioni 980.799 «prestazioni» agli invalidi civili. Dove per «prestazioni» si intendono pensioni e indennità di accompagnamento oltre agli assegni per ciechi e sordomuti. Ebbene, un milione 335.093 di questi trattamenti di invalidità, pari al 44,8 per cento del
totale, riguardano il Sud, dove risiede il 34,4 per cento della popolazione. Nelle Regioni meridionali il rapporto è dunque di un assegno ogni 15,6 abitanti, contro uno ogni 23,5 nel resto del Paese. Mentre se le pensioni di invalidità fossero in proporzione identica rispetto al Centro Nord, il loro numero non
dovrebbe superare 890 mila. Quindi ce ne sarebbero 445 mila di troppo».

«In Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna – aggiunge – ci sono 45 pensioni definite
«assistenziali» per ogni mille abitanti. In Campania, invece, sono 84. In Puglia 85, in Sicilia 91, in Sardegna 92 e in Calabria addirittura 97.»

«Il rapporto annuale 2014 dell’istituto di previdenza informa che fra il 2004 e il 2016 l’esborso per quei trattamenti è letteralmente esploso, passando da 8,5 a 15,4 miliardi, con un aumento dell’81,1 per cento. Mentre il loro numero è cresciuto di almeno il 50 per cento, da un milione
980 mila ai quasi tre milioni che abbiamo citato. Questo grazie soprattutto alla progressione delle indennità di accompagnamento, le quali contrariamente
alle pensioni non vengono erogate in rapporto al reddito.»

Implicito qui il consiglio dato al governo: volete risparmiare? Ancorate l’indennità d’accompagnamento al reddito e vedrete che taglierete un bel po’ di spese.

I governi italiani in passato ci hanno provato più volte: negli anni Novanta tentò Prodi d’inserire in finanziaria una norma che attribuiva la predetta indennità solo a chi aveva un certo livello di reddito: Secondo alcuni calcoli fatti allora, se quella norma fosse passata, la maggior parte dei beneficiari di tale sussidio non l’avrebbe più avuto.

Nel decennio successivo il governo Berlusconi-Tremonti tornò alla carica, ma anche allora il Parlamento disse no.

Ora il Corriere suggerisce che è venuto il momento d’ancorare l’accompagnamento al reddito, dimenticandosi di notare che nel nostro Paese vi è una grave anomalia: il fenomeno dei falsi invalidi, ossia di quelle persone che con la connivenza di qualcuno ricevono trattamenti pensionistici ed assistenziali, cui non han diritto.

E’ un problema che ci trasciniamo dietro da troppo tempo che, tra l’altro, pregiudica l’immagine sociale del vero invalido che ogni giorno deve combattere contro mille difficoltà e mille incomprensioni.

PIERLUIGI GIACOMONI

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