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GIAPPONE SULLE “DONNE DI CONFORTO”
(31 dicembre 2015).

TOKYO. Il Giappone continua a far i conti col proprio fosco passato.

Nei giorni scorsi, il Primo Ministro di Tokyo Abe Shinzo si è scusato telefonicamente con la Presidente della Corea del Sud Park Geun-Hye per le migliaia di donne schiavizzate durante l’occupazione del paese durante la seconda guerra mondiale ed utilizzate nei bordelli a beneficio dei soldati del Sol Levante.

Quello delle “donne di conforto” è un dramma riaffiorato solo negli anni Novanta: le ragazze d’allora hanno mantenuto a lungo il segreto per vergogna di quanto era loro accaduto.

Durante l’occupazione giapponese negli anni Trenta e Quaranta, migliaia di ragazze coreane, cinesi, indonesiane, filippine e così via, furono costrette a fornire prestazioni sessuali ai soldati dell’esercito imperiale per sostenere il loro morale in vista delle battaglie cui andavano incontro.
Queste persone venivano definite appunto “donne di conforto“.

Per decenni tokyo si è rifiutata di riconoscere la ripugnante circostanza; nel 1993, però, con la “Dichiarazione di Kono”, fu costretta ad ammettere che quanto denunciato dai vicini d’asia era vero.

Ciò spinse le vittime ad uscire dal loro silenzio ed a chiedere giustizia: il Giappone,però, ha sempre rifiutato d’offrire alcun indennizzo alle donne superstiti degli abusi.

con l’accordo annunciato pochi giorni fa, il Primo Ministro Abe ha promesso di versare un miliardo di yen (7,5 milioni di euro) alle donne sudcoreane che hanno subito quest’affronto e sono ancora in vita.

Gli osservatori notano che a spingere Abe a domandare scusa e ad offrire denaro siano stati gli Stati Uniti: Washington sta da tempo premendo sui propri alleati del Pacifico affinché risolvano i loro problemi reciproci in modo da far fronte comune contro l’espansionismo politico ed economico della cina Popolare.

Il passo compiuto dal Capo del governo nipponico chiude la vertenza in atto da tempo con la Corea del Sud, ma potrebbe aprire analoghi contenziosi con gli altri Paesi dell’area che rivendican da tempo scuse ed indennizzi per la schiavitù sessuale imposta alle proprie donne durante l’ultimo conflitto.

Bordelli ad uso dei militari nipponici con donne schiavizzate furono attivi, durante il lungo conflitto, anche in Cina, Filippine, Indonesia, Malesia britannica, Thailandia, Birmania, Nuova Guinea, Hong Kong, Macau e nell’Indocina francese.

Nemmeno sulle cifre del fenomeno si è d’accordo: gli storici giapponesi parlano di 20.000 “donne di conforto“; i loro colleghi cinesi sostengono invece che ben 400.000 furono le schiave del sesso a disposizione dei soldati del sol Levante.

PIERLUIGI GIACOMONI

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