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BIELORUSSIA: E’ RICOMPARSA L’OPPOSIZIONE.
(16 Settembre 2016)

MINSK. Nelle elezioni legislative svoltesi domenica 11 settembre in bielorussia è ricomparsa l’opposizione: può
sembrare incredibile, ma questa è una notizia.

già, perché il Parlamento di Minsk era dal 2004 completamente in mano al partito di Aleksandr Lukashenko, 62 anni,
l’uomo che dal 1994 controlla il paese dei russi bianchi.

Sui 110 seggi dell’assemblea ben 2 son stati vinti da candidati non riconducibili alla nomenklatura ufficiale.

Le opposizioni finora sono state molto frammentate, ma stavolta si sono aggregate in una coalizione che raduna
movimenti che guardano con favore all’Europa e partiti che rappresentano le minoranze etnico- linguistiche.

Gli eletti sono una donna del filo-occidentale Partito civile unito e un indipendente dell’associazione non
governativa Società per la lingua bielorussa.

Ma proprio il partito Civile Unito potrebbe decidere di non entrare nel legislativo per protesta contro la politica
autoritaria del regime: «In Bielorussia non ci sono elezioni libere e democratiche» – ha dichiarato Anatoly
Lebedko, capo del PCU – «Le autorità hanno controllato totalmente il processo
di voto».

I partiti d’opposizione in Bielorussia, che confina con tre paesi membri dell’Unione Europea, sono ai margini della
vita politica dal 1995, quando si opposero
al piano di Lukashenko di tenere un referendum che gli avrebbe dato il potere di sciogliere il Parlamento.
Quell’anno, ad un certo punto alcune truppe delle forze speciali bielorusse, entrarono in Parlamento, picchiando i
deputati che protestavano. Nel 1996, dopo due referendum, fu adottata una nuova costituzione,
sciolto il vecchio Parlamento e istituita la Camera dei Rappresentanti. Dalle elezioni del 2004 nel Legislativo
bielorusso nessun deputato si è mai definito
apertamente come oppositore del presidente, cosa che nel 2005 spinse l’ex segretario di Stato americano Condoleezza
Rice a definire Lukashenko «l’ultimo dittatore d’Europa».

Da allora, però, i rapporti della Bielorussia con l’Occidente
sono migliorati: a febbraio l’Unione Europea ha tolto le sanzioni contro 170 persone ed enti bielorussi, tra
cui Lukashenko, e tre aziende del paese.

Ecco perché la presenza d’un’opposizione sulla scena politica di Minsk può esser utile per raddrizzare la barca
dell’economia nazionale che fa acqua da tutte le parti:

«Voglio che l’opposizione esista e sia costruttiva»,
ha detto significativamente Lukashenko ai giornalisti dopo aver votato. «Non voglio che l’opposizione sia una
quinta colonna nel paese».

In altre parole: deve esserci, non numerosa, debole, ma in grado di garantire a Minsk quelle boccate d’ossigeno
all’agonizzante economia di cui ha un disperato bisogno.

Anche se Lukashenko è molto popolare, soprattutto nelle campagne, a motivo della sua politica protezionistica, il
Paese è fortemente indebitato e l’alleanza di ferro con la Russia di Putin non basta più per galleggiare.

Quest’anno, ad esempio, Minsk, che è stata danneggiata dalla recessione russa ha ottenuto circa
1,7 miliardi di euro in aiuti, il PIL è crollato del 2,7 per cento nei primi sette mesi del 2016 ed i prezzi sono
aumentati del 12,2%. Il rublo bielorusso sui mercati è indicato a 1,9595 nei confronti del dollaro americano, con
una svalutazione del 9,1% rispetto a un anno fa.

Ecco il perché di questa limitata apertura che non cambia, almeno a breve termine, la sostanza delle cose: la
Bielorussia rimane un regime autoritario, ma prova per sopravvivere di giocarsi le carte che ha in mano.

PIER LUIGI GIACOMONI

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